La replica dei gestori del Centro di accoglienza per richiedenti asilo di Eboli al reportage: http://www.napolicittasociale.it/portal/racconti/2760-%E2%80%9Cabbandonati-nelle-campagne-di-eboli%E2%80%9D.html
Quale Presidente della “Cooperativa Tertium Millennium” che da luglio 2012 gestisce la struttura di accoglienza ad Eboli, ritengo giusto e doveroso per rispetto della verità di cronaca, fornire a Lei e agli articolisti del suddetto pezzo alcuni elementi per smentire ciò che è stato falsamente riportato e ripulire la realtà da notizie non veritiere.
“A Eboli, in aperta campagna, lontano dal centro abitato, una quarantina di richiedenti asilo vive da sei mesi in due casolari diroccati”.
Iniziamo a precisare che la struttura ( che è in possesso del certificato di idoneità igienico-sanitaria rilasciato dall’Asl di Salerno) dove vengono ospitati 40 richiedenti protezione internazionale non è lontano dal centro abitato; è in Località Serracapilli, a poche centinaia di metri da un centro commerciale e ad un chilometro circa dalla stazione ferroviaria. Luogo che è facile raggiungere per i nostri ospiti poiché dotati tutti di bicicletta. E in alcuni casi anche di motorino. (Con regolare permesso di guida):
In quanto ai “casolari diroccati” vi segnalo che la struttura dove vivono gli ospiti non è diroccata e non presenta rovine. La fotogallery riportata si riferisce in parte ad una struttura adiacente dove al piano superiore c’è un appartamento che dovrà essere oggetto di ristrutturazione e ci sono al lato opposto due stanze abitate. Stanze dove spontaneamente due ragazzi – di cui uno coinvolto nel reportage- si sono autonomamente trasferiti poiché raggiunti ivi dalle rispettive fidanzate (una riportata in foto) che non risultano essere nemmeno nella lista degli ospiti.
Al piano superiore di questa palazzina, tuttavia, le stanze occupate hanno il pavimento a terra, sono dotate di stufe a cherosene del tipo “odore zero” e di stufe elettriche. E anche di frigobar.
Quale presidente della Cooperativa “Tertium Millennium” smentisco che gli operatori << arrivano due volte al giorno per i pasti>>. Gli operatori sono presenti presso il centro per buona parte della giornata, non è vero che <<restano pochi minuti e vanno via>>. E non è vero che i ragazzi non hanno contatti con l’esterno perché risulterebbe alquanto paradossale che debba essere l’esterno a recarsi presso la struttura. Che non è un carcere né un ospedale. Gli ospiti, sono liberi di muoversi e di mettersi in contatto con il mondo. Cosa che fanno regolarmente e spontaneamente per cercare lavoro che risulta essere attività molto più salutare rispetto al ricevere visite di chicchessia. Per quanto riguarda i pasti, è assolutamente falso che <<vengono preparati da un ristoratore della zona>>. Poiché la struttura è dotata di cucina e poiché si è ritenuto giusto considerare le abitudini alimentari di persone provenienti da altra cultura, si provvede ogni giorno a portare in loco il cibo richiesto dagli ospiti che viene poi puntualmente da loro cucinato.
Non è assolutamente veroche non c’è possibilità di spendere i ticket di 75 euro forniti dalla Protezione Civile.
L’inciso, relativo al fuggire degli ospiti, che <<preferiscono non parlare> perché <potrebbero avere problemi> lascia intendere tra le righe un clima minaccioso da parte di chi gestisce la struttura, tendente a penalizzare o punire chi osa protestare parlando con estranei. Un’immagine lesiva della “ Cooperativa Tertium Millennium” da oltre dieci anni impegnata nella gestione di servizi sociali su tutto il territorio provinciale.
Per quanto riguarda il ragazzo che ha accompagnato chi ha scritto l’articolo, è vero che non è stato ancora ascoltato dalla Commissione territoriale, ma l’iter del suo status giuridico certamente non è pilotato o voluto da chi si occupa semplicemente di accoglienza. Che, sia inteso, non è chiamato altresì a determinare il futuro di alcuna persona.
Seguendo il vostro articolo, si arriva alla descrizione dell’altra palazzina, con la facciata di colore arancione. Chi scrive, riporta la dichiarazione di qualche ospite che direbbe “Nelle nostre stanze il pavimento è fatto di ghiaia e ci sono delle tavole per coprirlo. Piove dal tetto e fa molto freddo”. Dichiarazione assolutamente infondata. Nella stanza comune, c’è una stufa a pellet, televisore con Sky e nelle stanze ci sono stufe elettriche e a cherosene e ci sono pavimenti. Non risulta vero che non vi siano servizi. Tutti gli ospiti sono muniti di tessera sanitaria. Presso la struttura ogni mercoledì si reca il medico di base; ogni ragazzo ha la sua cartella clinica con visite ed esami medici effettuati. Tutti hanno assistenza legale e presso la struttura è stato svolto il corso di lingua italiana.
Aggiungo anche che non è esatto dire che il sottoscritto non abbia voluto dare spiegazioni; nel momento in cui sono stato contattato, trovandomi fuori zona e non essendo avvezzo a rilasciare dichiarazioni telefoniche, ho chiesto che l’intervista fosse fatta il giorno seguente e de visu. L’articolista però mi ha bloccato dicendo che << il pezzo doveva uscire quel giorno>>.
Infine, sempre ritornando al presunto clima intimidatorio che pare evincere dall’affermazione secondo la quale chi ha fatto da guida potrebbe <<essere messo alla porta>> qualora contattasse i giornalisti, tengo a precisare che la struttura da luglio è sempre stata aperta a chiunque abbia voluto verificare le condizioni dei nostri ospiti.
Nella struttura dove gli immigrati <<sono abbandonati>sono venuti in visita nei giorni scorsi anche rappresentanti della Prefettura di Salerno, dato che come è noto dal 1 gennaio, con la fine dell’Emergenza NordAfrica, le competenze sono passate dalla Protezione Civile al Ministero dell’Interno.
In riferimento alla Fotogallery,viene riportata anche l’immagine di un’altra struttura con la facciata rosso pompeiano. La struttura in oggetto, seppur adiacente, non rientra assolutamente nel contesto dell’accoglienza e inserita nella successione di immagini, tra frasi che evocano abbandono e casolari diroccati, lascia intendere chi legge e osserva una naturale associazione tra struttura e immigrati, ledendo ulteriormente in maniera grave l’immagine del soggetto gestore. Dispiace inoltre che la veemenza giornalistica con cui ci si è precipitati nel denunciare situazioni di abbandono- riprese anche da altre testate senza verificare alcunché – ad un certo punto si sia arrestata, non avendo riportato né il nome della cooperativa che gestisce la struttura né tantomeno le mie generalità, conosciute tanto da essere raggiunto anche da una telefonata. Tengo a sottolineare che la pubblicazione di suddetto articolo, sospeso per alcuni versi nel limbo del generico, ha cagionato comunque un danno di immagine alla cooperativa Tertium Millennium, rea di lasciar vivere a quanto pare i migranti in mezzo ai calcinacci, all’immondizia e rea di utilizzare modi minacciosi nei confronti degli ospiti.
Non rientra nella nostra etica professionale mettere in atto certi trattamenti offensivi della dignità del prossimo. E gradiremmo che anche l’etica professionale degli operatori dell’informazione non pendesse verso la difformità e l’inesattezza delle informazioni, ma si mantenesse ferma sulla effettiva realtà dei fatti.
Antonio Calandriello
Presidente Coopeativa Sociale Tertium Millennium
L’unico edificio che abbiamo visitato si presenta nelle condizioni da noi descritte e di cui le foto rendono testimonianza. Nell’altro, come scriviamo nel pezzo, non ci è stato possibile entrare. Il rappresentante della cooperative che nel frattempo ci aveva raggiunto, ci ha detto che avremmo dovuto avere un’autorizzazione. E gli ospiti a quel punto non erano più disposti a farci visitare le proprie stanze. Abbiamo riportato così il racconto dei richiedenti asilo, specificando che le condizioni dall’esterno apparivano migliori e che non ci è stato possibile verificare oltre. Non mettiamo in dubbio che le stufe al cherosene siano del tipo “odore zero”, ma ne andrebbe controllato il funzionamento, dal momento che nella stanza che abbiamo visitato l’odore di combustibile era molto intenso.
Nella zona, ci è stato detto dagli ospiti, non ci sono negozi convenzionati nei quali poter spendere i ticket. Il rappresentante della cooperativa ha confermato, spiegando che venivano così convertiti in ricariche telefoniche che lui stesso acquistava a Napoli per i richiedenti. E’ lui ad averci riferito che a fornire i pasti è un ristoratore del posto. Riportando la circostanza del mancato ascolto da parte della Commissione territoriale di Caserta del nostro accompagnatore a oltre un anno dal suo arrivo in Italia non volevamo in alcun modo chiamare in causa la responsabilità della cooperativa.
Abbiamo provato a contattarla telefonicamente durante la giornata per chiederle conto di quanto ci era stato riferito dagli ospiti, anche a proposito della presunta mancanza di visite mediche. Di sera quando l’abbiamo raggiunta, avendo fatto ritorno a Napoli, per noi non sarebbe più stato possibile incontrarla di persona e ha preferito non rispondere alle nostre domande. Durante la conversazione, se è vero che da una parte abbiamo presentato l’urgenza di ricevere chiarimenti subito, dall’altra lei ci ha suggerito di fare attenzione alle querele. E pochi minuti dopo ci ha telefonato il nostro accompagnatore dicendoci di aver ricevuto una dura reprimenda per aver invitato dei giornalisti a fargli visita.
Abbiamo preferito non riportare il nome della cooperativa né del suo responsabile solo per non aver potuto ascoltare la sua versione della situazione da noi raccontata, pur rendendo riconoscibile il posto, e non prima di averle indicato testata e sito internet su cui l’indomani avrebbe potuto leggere l’articolo.
(m.l, l.r.)
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