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Il percorso di Pace della comunità islamica a Napoli

Focus sugli oltre 140mila musulmani tra Napoli e Provincia 

massimo cozzolinoAbdullah Massimo Cozzolino, napoletano, dal 2005 alla guida dell’associazione culturale islamica Zayd Ibn Thabit, ovvero della moschea di piazza Mercato a Napoli, racconta il percorso di integrazione  della comunità musulmana a Napoli, partendo dalla condivisione e dal sostegno dei migranti e dei poveri, e di come si può scongiurare il pregiudizio nei confronti dell'Islam.

Lei è arrivato all’Islam passando per i giovani comunisti italiani, un postdottorato all’Università Roma Tre e un anno di noviziato tra i francescani, cosa l'ha spinta a questa conversione?

È un processo articolato di evoluzione che mi ha fatto “ritornare” all’Islam; tale percorso è contrassegnato da una scelta di fede che matura stando con gli ultimi, i migranti nelle campagne di Villa Literno, ed è caratterizzato da tante tappe diverse che costituiscono le mie fondamentali e significative esperienze di vita.  

Chi sono i musulmani a Napoli?

I musulmani sono oltre 140 mila tra Napoli e Provincia, quella marocchina è la comunità prevalente, poi ci sono altre comunità del nord africa e dell'Egitto, una buona componente dell'Africa Sub Sahariana, i somali radicati da tempo, migranti dall'ex unione sovietica, e poi dall'Asia in prevalenza di Bangladesh e Pakistan.  La realtà islamica è composita ed eterogenea, ma noi cerchiamo di garantire la partecipazione di tutti così da evitare fenomeni di etnicizzazione delle comunità, cosa che andrebbe proprio nel senso opposto all'integrazione.
Inoltre dopo l'11 settembre, proprio perché sull'islam si è posta più attenzione e approfondimento, si è registrato un aumento delle conversioni. Inoltre con l'incremento delle migrazioni sono cresciuti anche i matrimoni misti ed è sempre più frequente che per celebrare il rito religioso il partner non mussulmano approfondisca l'islam fino a diventare credente.

Siete impegnati anche in altre attività di tipo sociale?

Oltre alle 5 preghiere giornaliere e al sermone del venerdì, cerchiamo di offrire una serie di servizi soprattutto dedicati ai senza dimora, in particolare, grazie ad una decina di volontari: l'assistenza sanitaria, la mensa, la barberia, le docce, l'assistenza legale, corsi di lingua italiana, inoltre dibattiti pubblici e incontri con le scolaresche. Proprio per abbattere le distanze con i non musulmani, grazie ad un accordo con il Comune, per Maggio dei Monumenti lasceremo la moschea aperta agli incontri. Questa operazione va nel senso della legittimazione della comunità mussulmana e dello scambio interreligioso.

Come state reagendo al massacro di Charlie Hebdo e all'acuirsi del terrorismo da parte dell'Isis?

Noi abbiamo dichiarato apertamente il nostro netto e categorico rifiuto di qualsiasi ortodossia barbarica di tipo terroristico. Abbiamo condannato pubblicamente la strage dei giornalisti di Charlie Hebdo scrivendo le nostre condoglianze al console francese e chiedendogli di venire in visita alla moschea. Ed è stato un fatto storicamente significativo e costruttivo che il console sia arrivato in un momento così difficile. Durante l'incontro abbiamo parlato della necessità di sviluppare forme di collaborazione culturale tra la comunità francese, radicata a Napoli da decenni, e la comunità musulmana. Bisogna essere tutti uniti nella condanna del terrorismo ponendo chiare distinzioni poiché la confusione e il pregiudizio sono elementi regressivi per tutti.massimo cozzolino

La comunità islamica ha chiesto di poter realizzare una moschea, ma ancora non è partito il progetto. Oggi quali sono i rapporti con l'amministrazione pubblica?

Napoli è un esempio positivo di integrazione e di condivisione tra le diverse religioni e culture. La nostra costante collaborazione con tutte le associazioni culturali, di volontariato, con tutte le istituzioni locali, oltre che naturalmente con le altre fedi religiose,  ci permette di prendere parte in modo costruttivo al processo di inclusione e di proposta politica per la città. Il ponte tra credi e culture è un modello alternativo alla schema dello “scontro di civiltà” e rappresenta lo strumento per garantire un percorso di sviluppo costruttivo e democratico.

I musulmani di Napoli, nel rispetto delle reciproche identità e diversità culturali, partecipano a quel risveglio della società civile per l’affermazione dei valori della pace, dei diritti sociali e civili, del lavoro, della salvaguardia e della cura dell’ambiente,  del diritto alla diversità, per la buona politica e contro ogni forma di corruzione.
Per noi mussulmani è importante aprire un luogo di culto adeguato per dare dignità alla preghiera di tanti fedeli che arrivano da Napoli e dalla provincia. Il progetto di una nuova moschea è in discussione, ma richiede una condivisione graduale con le associazioni locali e deve essere in armonia con il piano urbanistico della città; ci vogliono dei tempi tecnici che si sono allungati poiché quella in corso è una stagione complicata per il Comune, ma il dialogo è aperto e costante.

Quali rapporti interreligiosi esistono tra la comunità islamica e le atre e come vengono mantenuti?

C'è un rapporto di dialogo e collaborazione con tutte le comunità religiose, in particolare con quella cristiana ed ebraica. È  stato significativo che la comunità musulmana abbia incontrato il Papa partecipando al progetto che riguarda lo sviluppo di Napoli, ed è importante il discorso intrapreso già da tempo con il cardinale e con i vescovi a favore dei migranti e di quanti abbiano attraversato momenti difficili come guerre e povertà, nel rispetto della loro diversa origine e nella convinzione di dover trovare insieme il percorso per sostenerli attraverso i  principi guida comuni alle varie religioni di speranza e fiducia.

È possibile essere musulmani nel nostro Paese conciliando le abitudini religiose con quelle della società italiana?

Certo che è possibile. Non si è mai tanto parlato di diversità culturale quanto all’inizio di questo XXI secolo. Tuttavia, la varietà dei dibattiti che vengono riferiti più o meno confusamente alla diversità culturale è tale da fare assumere alla nozione un significato al contempo vario e mutevole. Per alcuni, la diversità culturale è positiva in sé  poiché evoca la condivisione delle ricchezze custodite in ogni cultura del mondo, e quindi i legami che ci uniscono nello scambio e nel dialogo. Per altri, le differenze culturali ci farebbero smarrire il senso della nostra comune umanità e sarebbero pertanto fonte di numerosi conflitti. Questa seconda diagnosi gode oggigiorno di un credito proporzionale al fatto che la globalizzazione ha moltiplicato i punti di contatto e di frizione tra le culture, esacerbando le questioni identitarie – che si manifestano sotto forma di attriti, di ripiegamenti su se stessi o di nuove rivendicazioni, soprattutto religiose, che divengono fonte di conflitto. La sfida principale consiste quindi nel proporre una visione coerente della diversità culturale e nell’individuare le condizioni grazie alle quali la diversità culturale, lungi dall’essere una minaccia, può divenire vantaggiosa per l’azione della comunità internazionale.

Come ha trascorso la Pasqua la comunità musulmana?

La Pasqua è la fondamentale festività del cristianesimo e noi musulmani, pur non festeggiandola, partecipiamo con rispetto al clima di festa collettivo preservando la nostra identità religiosa di musulmani.  La Pasqua è un'occasione per rinnovare la sintonia spirituale nell’Unico Dio di Abramo che unisce le religioni monoteistiche.
La nostra festività più importante, l’Eid Al Fitr, quest'anno si svolgerà a luglio. Saremo lieti di condividere con tutti i concittadini napoletani la festa di fine ramadan. L'integrazione è possibile attraverso lo scambio culturale e la risoluzione di problematiche sociali comuni. Gli errori che vanno evitati sono, da un lato, quello del formalismo islamista che strumentalizza i simboli come feticcio rivendicativo, e, dall’altro, l’esclusivismo occidentalista che demonizza le diversità culturali. Compito dei musulmani civilmente responsabili sarà di collaborare per una migliore comprensione reciproca e una migliore integrazione nel nostro Paese.

Alessandra del Giudice

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