“Le condizioni degli immigrati nel Mezzogiorno stanno peggiorando sempre di più. Non sono in grado di dire se la conflittualità sociale possa esplodere in forme di rivolta. Ma non c’è dubbio che i lavoratori stranieri, regolari e non, siano oggetto di sfruttamento, anzi, super sfruttamento, violazioni sistematiche dei diritti elementari e attacchi di razzismo”.
Così Enrico Pugliese, professore di Sociologia della Sapienza, esperto di diritto del lavoro e immigrazione, commenta l’allarme lanciato dall’Ires-Cgil sulla possibilità di “nuove Rosarno”.
Cosa pensa dello studio della Cgil?
“Il sindacato fa bene a continuare nella ricerca, ma lo studio dei fenomeni si dovrebbe accompagnare a un impegno maggiore sul campo: occorre impiegare più uomini e più risorse, intercettare i lavoratori, contrastare lo sfruttamento e fare in modo che venga punito. Se rimangono dichiarazioni d’intenti sulla carta, non si faranno mai passi in avanti. Proprio un anno prima dei fatti di Rosarno si potevano cogliere segnali di malessere sociale, causati dalla crisi delle monocolture agricole e dal disimpegno di molti imprenditori del settore, c’erano anche state delle piccole aggressioni ai danni dei braccianti africani, ma all’epoca non si intervenne in alcun modo”.
Da Rosarno in poi crede che siano stati fatti interventi per evitare che episodi del genere si ripetano?
“Io credo che quanto avvenuto a Rosarno non costituisca un paradigma. Come dicevo lì si erano venute a creare delle condizioni particolari. Il problema era e resta un altro: occorre agire in modo che i diritti fondamentali degli immigrati, compresi quelli sul lavoro, vengano garantiti; a cominciare da una severa legge contro il caporalato che ancora non c’è. In questo caso, come per la prostituzione, vanno puniti sia gli intermediari che gli utilizzatori finali, vale a dire i proprietari terrieri o gli imprenditori edili che si servono del lavoro sottopagato degli stranieri”.
Lo studio rivela situazioni migliori al Nord.
“Gli immigrati lì lavoravano nelle industrie settentrionali. Anche per loro l’impiego era stabile. Con la crisi economica lo scenario è cambiato, hanno perso l’impiego e in tantissimi si sono spostati al Sud. Qui hanno maggiori possibilità di guadagnare qualcosa con lavori occasionali, ma evidentemente la loro condizione diventa più precaria ed esposta allo sfruttamento”.
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