Il dottor Paolo Fierro, rappresentante a Napoli di Medicina Democratica, da anni in prima fila per la difesa del diritto alla salute dei migranti, denuncia gli effetti nefasti dei tagli ai fondi sanitari. "Nel presidio ospedaliero dell'Ascalesi non ci sono soldi per i mediatori culturali. Non si può sempre chiedere ai volontari di lavorare gratis. E senza gli interpreti difficile fare un'anamnesi".
“Il supporto dei mediatori culturali si è ridotto negli ultimi mesi. E’ una mancanza grave che mette in difficoltà il nostro Centro per gli Immigrati all’’Ascalesi.” Dal presidio sanitario di Forcella il dottor Paolo Fierro, rappresentante cittadino di Medicina Democratica (il movimento, costituito da medici, operatori, sindacalisti, che dal 1978 rivendica il diritto all’integrità psico- fisica e morale delle lavoratrici e dei lavoratori), denuncia gli effetti negativi, prodotti dai tagli, sul lavoro del Centro Ospedaliero per la salute degli immigrati. Un’esperienza iniziata dieci anni fa e condotta con il responsabile del settore, il dottor Luciano Gualdieri. “L’ambulatorio è sempre stato molto affollato. Gli immigrati sapevano di poter trovare qualcuno che parlasse la loro lingua, potevano sentirsi a casa. Nei primi anni di attività sia la Provincia che il Comune ci inviavano personale specializzato, ma era soprattutto l’attività volontaristica dei connazionali dei pazienti a essere utile. Il contributo della cooperativa Dedalus è stato di notevole importanza. Ora in parte l’apporto del loro personale è venuto meno, e non possiamo chiedere ai mediatori culturali di lavorare sempre senza retribuzione.
Quali sono le criticità maggiori?
“La problematica si avverte soprattutto nei rapporti con una comunità chiusa come quella cinese, che ha inoltre un’idea di medicina diversa dalla nostra. L’anamnesi è fondamentale per la diagnosi e la cura, quindi è essenziale conoscere il linguaggio del paziente. Occorrono risorse sia per i mediatori culturali, sia per assumere nuovo personale medico ”.
L’attività del centro è cambiata nel corso degli anni?
“Oggi siamo un’istituzione. Luciano Gualdieri ha maturato grande esperienza in missioni sanitarie in Africa, ha l’esperienza e le competenze giuste per l’ambulatorio. Ci hanno proposto più volte di costituirci come onlus del terzo settore, ma non abbiamo voluto, per non snaturare il nostro ambito operativo e perché servizi come la radiologia e le sale operatorie possono essere sostenuti difficilmente da realtà diverse dalla Sanità pubblica. All’inizio eravamo l’unico centro di questo tipo, venivano persone provenienti da Castelvolturno e da Palma Campania, poi altre realtà si sono mosse e ci hanno affiancato. L’afflusso di pazienti è comunque rimasto elevato. Qui ormai curiamo i figli e i nipoti dei primi immigrati che si sono rivolti a noi“.
Come sono state superate le difficoltà generate dall’introduzione del reato di clandestinità?
“I medici del Presidio Ospedaliero Ascalesi si sono opposti alla legge che prevede la possibilità di denunciare i pazienti per il reato di clandestinità. La diffidenza generata negli immigrati dalla legge si è manifestata nei primi mesi, poi è stata superata grazie alla fiducia nei nostri confronti che si era radicata nel tempo. Le leggi non sempre rispondono alle esigenze della popolazione. Se si individua un focolaio di infezione noi abbiamo il dovere di debellarlo, non di denunciare il paziente. Come medici siamo tenuti a rispondere al nostro codice deontologico, che chiede di favorire il rapporto con l’ammalato, non di ostacolarlo. La salute è un bene comune: è evidente che una malattia infettiva non sia solo il problema di un singolo. Ma anche altre patologie, se non curate, ricadono sul resto della collettività in termini di costi materiali“.
Come giudica le scelte politiche su questa materia?
“Trovo incredibile che persone che da anni vivono e lavorano in Italia possano essere considerati clandestini, probabilmente conviene a chi li fa lavorare a nero. Sarebbe utilissima la regolarizzazione dei clandestini, perché rappresenterebbe un elemento di chiarificazione anche in ambito sanitario. Negli ultimi tempi poi stiamo assistendo ad una sempre maggiore burocratizzazione che obbliga gli immigrati ad attendere tempi enormi prima di ricevere le cure. La nuova giunta del Comune di Napoli appare sensibile alla tematica immigrazione, ma le competenze principali sono della Regione, che sembra interessata prioritariamente a far quadrare i bilanci“.
Daniele Pallotta
11 Luglio 2011
Il Video: intervista al dott. Paolo Fierro
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