Calano femminicidi e reati di stalking ma c’è ancora molto da fare, basti pensare che nel 69% dei casi le aggressioni in casa sfuggono a medici: in vista del 25 novembre, data designata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite come Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, facciamo il punto sui dati e sui nuovi percorsi intrapresi in città.
Partiamo dal dato presentato nel corso della giornata conclusiva del Congresso nazionale di Simeu, la Società Italiana di Medicina di Emergenza-Urgenza, a Torino: una ricerca dice che la violenza tra le mura domestiche di cui sono vittime le donne sfugge spesso anche ai medici del pronto soccorso. Questo vuol dire che in Italia il 69% non ha mai sospettato che ferite e lesioni riscontrate fossero la conseguenza delle aggressioni subite in casa. Il dato è nuovo e allarmante e riguarda l’intero Paese, ma a Napoli c’è chi ci ha scritto un libro, titolo: "Sono caduta dalle scale. I luoghi e gli attori della violenza di genere". A firmarlo Immacolata Di Napoli, psicologa e psicoterapeuta dell'Istituto di Psicoterapia Relazionale (IPR) e parte dell'équipe di mediazione familiare del Centro per le Famiglie di Napoli e Caterina Arcidiacono, psicologa analista della IAAP, professore di Psicologia di comunità, coordinatrice del Dottorato di Studi di Genere dell'Università Federico II di Napoli) che hanno parlato con circa 250 parroci e medici di base del tessuto napoletano, coloro cui per primi spesso ci si rivolge per chiedere conforto. E il risultato è scoraggiante: i parroci si muovevano, per quanto ricettivi nel prendere in carico non la persona abusata, nell’ottica del mantenimento del legame familiare che non veniva messo in discussione; i medici, invece, a discapito dei dati, raccontavano di riscontrare pochi casi e comunque di non sentirsi davvero pronti ad affrontare queste situazioni, soprattutto quando si parlava di violenza psicologica, più difficile da riscontrare perché priva di lividi visibili ad occhio nudo.
Maria Pia Ruggieri, segretario del Simeu, oggi suggerisce che è da ritenersi sempre più necessario “un intervento capillare di formazione per il personale sanitario. Deve migliorare l'efficacia nel riconoscere i casi di violenza, sulla base di indicatori come i ripetuti accessi delle stesse persone in pronto soccorso per piccoli traumi o per cause come insonnia o depressione". Altrettanto necessario è poi che le vittime di violenze si sentano al sicuro. Fra le donne che si rivolgono al pronto soccorso, infatti, la percentuale di coloro che trovano il coraggio di fare denuncia è del 62,3%, molto più alta rispetto a chi si rivolge ad altri interlocutori istituzionali" ed enormemente più alta rispetto al tasso generale di denuncia, stimato al 12,4%. E in quest’ottica si muove qualcosa anche nella nostra città: meno di due settimane fa è stato presentato, infatti, il Protocollo d'intesa sulla Violenza di Genere dall'Asl Napoli 1 Centro e dalla Procura di Napoli: l’iniziativa vuole mettere in rete una serie di servizi in grado di intercettare i casi di violenza e di offrire soluzioni, una volta che l'abuso emerge, anche attraverso l'indicazione dei centri specializzati che possono assistere le vittime. Il primo passo è la costituzione di una piattaforma di lavoro congiunto che veda Asl e Procura interfacciarsi attraverso i rispettivi referenti per la violenza di genere, per mettere in campo proposte congiunte ed azioni coordinate per le indicazioni di modelli di lavoro che garantiscano l'efficienza degli interventi da realizzare sotto il profilo sia sanitario sia giudiziario. L'Asl Napoli 1, centro di coordinamento della rete sanitaria campana come previsto dalla legge n. 22/2012 sulla rete antiviolenza, ha assunto il compito di guidare nella Regione Campania il cambiamento delle prassi sanitarie per incontrare i bisogni di ascolto, salute e tutela delle donne vittime di violenza. «Si tratta di un nuovo approccio al drammatico problema – ha spiegato il manager dell'Asl Napoli 1, Ernesto Esposito - che riguarderà non solo i pronto soccorso dei presidi ospedalieri ( ovvero San Paolo, Loreto mare, San Giovanni Bosco e Pellegrini), ma anche tutti i servizi sanitari che possono intercettare nel loro percorso le donne oggetto di maltrattamenti».
Il punto da tenere presente, e non solo in vista del 25 novembre e anche un altro: la lotta alla violenza di genere, lo screening su quanto accade alle donne, non è solo una questione che riguarda la salute fisica ed emotiva. È anche e prima di tutto la lotta ad un crimine su cui bisogna sensibilizzare tutti : nonostante il calo generalizzato del fenomeno ad un anno dall'approvazione delle legge, i dati dicono che anche se in Italia le cose vanno meglio il numero di donne uccise resta elevato: 144 dal 14 agosto dell'anno scorso al 31 luglio di quest'anno. Negli ultimi 12 mesi inoltre i reati di stalking sono calati del 10,5% e sono diminuiti anche i reati connessi: -11,29% per le lesioni dolose (passate dalle 64.340 del 2012-2013 alle 57.077 del 2013-2014), -11,88% per le percosse (da 15.005 a 13.222), -11,03% per le minacce (da 82.528 a 73.426), -15,71% per le violenze sessuali (da 4.423 a 3.728). Quello che allarma, allora, è un altro numero emerso il mese scorso da un sondaggio di Terre des Hommes in collaborazione con la Community ScuolaZoo: su 1.300 ragazzi tra i 14 e i 18 anni, il 45,4% degli adolescenti è convinto che la violenza domestica sulle donne non sia un fenomeno molto frequente, ma che riguardi casi isolati. E c’è di più: oltre l'80% si dice poi completamente o parzialmente d'accordo con l'affermazione che "gli uomini che maltrattano lo fanno perché hanno problemi con l'alcool o droghe"; per il 90% a generare la violenza sono"squilibri psichici". E, purtroppo, quasi il 70% dei ragazzi concorda sul fatto che “se una donna viene maltrattata continuamente la colpa è sua perché continua a vivere con quest'uomo”.
Raffaella R. Ferré
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