di Sergio D’Angelo
In questa emergenza sanitaria causata dal Coronavirus sono emersi contraddizioni e limiti organizzativi del Paese e dei vari livelli istituzionali che, pure essendo già noti, hanno suscitato sorpresa e rabbia in chi si attendeva risposte tempestive e risolutive. Buona parte dei milioni di lavoratori in cassa integrazione aspettano ancora di ricevere l’indennità mensile, centinaia di migliaia di aziende sono in ginocchio e con i conti in rosso e molte delle piccole attività quasi sicuramente non sopravvivranno alla crisi.
Secondo gli ultimi dati forniti da più fonti, il numero dei poveri è più che raddoppiato e aspettano a loro volta il varo del reddito di emergenza che tarda ad arrivare. L’intero circuito produttivo e commerciale è esposto al rischio di infiltrazione da parte della criminalità organizzata, insieme a milioni di lavoratori privi di reddito che possono diventare un clamoroso assist a camorra e mafie. Non sono bastati i provvedimenti adottati dal Governo e dalle Regioni, che ancora oggi non hanno trovato una loro piena applicazione e che verrebbero ad essere irrimediabilmente compromessi dai notevoli ritardi. In questa prima fase, vince la burocrazia. Non quella che deve garantire razionalità ed imparzialità degli interventi, vince la parte più deleteria. Vince l’eccessiva, ottusa osservanza da parte del dirigente pubblico che, in nome di un’interpretazione apparentemente incondizionata della norma, produce ritardi, disagi, disorganizzazione e scarsa qualità dei servizi. Tocca alla politica e al legislatore definire regole più chiare e immediatamente applicabili. Credo, però, che nel frattempo debba essere riconosciuto lo stato di emergenza della pubblica amministrazione e dichiarata una sorta di sospensione della burocrazia. Si semplifichino le procedure di spesa, si accettino minori formalismi nelle procedure, si premino i risultati e si realizzi una trasparenza vera sull’uso delle risorse, che guardi alla sostanza e non alla forma. Altrimenti come potremmo continuare a prenderci cura degli anziani, dei bambini e degli adolescenti, di chi più semplicemente può avere bisogno di aiuto? Abbiamo bisogno di mobilitare e coordinare tutte le organizzazioni desiderose di mettersi in gioco per elaborare un piano d’azione che tenga conto dei vincoli e delle ineludibili prescrizioni sanitarie, ma anche della necessità di trovare nuove ed efficaci modalità di intervento. In molti comuni ci si ostina invece a rifiutare il principio di sussidiarietà e a non considerare adeguatamente la straordinaria capacità mostrata da tutto il mondo dell’associazionismo e della cooperazione sociale a prendersi cura delle persone in difficoltà. Non lo chiediamo per noi, ma per le persone più fragili e vulnerabili che, come al solito, saranno quelle che pagheranno il prezzo più salato.