Svolta storica del club multietnico che ha deciso per un rinnovamento radicale: presentati il nuovo logo, un nuovo stadio ed un rinnovato progetto sportivo
Da Afro-Napoli United a Napoli United. Da Mugnano a Napoli. Tutto in un sol colpo grazie all’ingegno, alla perseveranza e alle capacità visionarie di un gruppo dirigenziale capitanato da Antonio Gargiulo che non si accontenta mai e che vuole sempre di più, che si stropiccia gli occhi per un rinnovamento tanto bramato quanto voluto e trasforma i sogni in realtà con il coraggio delle proprie idee dirottate verso un futuro che viene reso meno incerto.
Appunto, il futuro: una parola che potrebbe destare qualche briciolo di spavento per qualsiasi realtà sportiva – in assenza di una certezza assoluta che solo il presente può garantire – meno che mai al Napoli United, che è l’esatta evoluzione dell’Afro-Napoli United, dove il domani è il porto sicuro della concretezza nella realizzazione della creatività più impensabile.
Ed è proprio in questa direzione avveniristica che il club multietnico ha deciso da poche ore di cambiare pelle e di variare il modo di comunicare con i propri tifosi proiettandosi nel futuro con una nuova e rivoluzionata veste grafica e con uno stile completamente rinnovato. ll nuovo logo presenta un’avvolgente forma circolare al cui interno è raffigurato il simbolo storico della società per antonomasia, il Leone, avvolto dalla seguente dicitura “Napoli United” che corrisponde alla nuova identificazione della comunità dei leoni. La parola “Napoli” che è situata sulla parte alta dello stemma è dipinta di azzurro, il colore tipico del mare e del cielo della città partenopea mentre in basso, sotto l’emblema del Leone composto dai colori blu scuro e verde con sfondo bianco, campeggia la scritta sempreverde “United” impreziosita dalla tonalità del verde. Quindi quello che ne viene fuori è un logo moderno che sostituisce di netto lo stemma storico, quello biancoverde, con la precisa volontà di rappresentare in toto l’essenza di Napoli e l’evoluzione del proprio progetto sportivo che punta ad elevarsi sensibilmente. Un rebranding inevitabile e al tempo stesso fisiologico dove i più nostalgici romantici, legati alla tradizione, dovranno farsene una ragione se non vedranno più comparire nel brand multietnico la parola “Afro” anche perché il progetto ha acquisito una certa notorietà internazionale al punto tale che quella definizione di questi tempi sarebbe stata alquanto limitante. Per cambiare serve sempre coraggio e così il Napoli United si proietta così fortemente nel progresso del domani con un cambio di look determinante per veicolare un nuovo messaggio sportivo impregnato sempre sull’innovazione ma restando fedele alla tradizione dei propri valori cardini relativi all’inclusione sociale. Dicevamo prima all’inizio del discorso: “Da Afro-Napoli United a Napoli United. Da Mugnano a Napoli”. Ebbene la società del presidente Gargiulo, che è consapevole della propria forza, ha deciso non solo di modificare la propria identità visiva dando un taglio netto col passato ma ha deciso anche di cambiare casa per “tornare a casa”: infatti dalla prossima stagione, che si preannuncia ricca di motivazioni, i leoni giocheranno a Napoli e ciò coincide con l’undicesimo anno di vita del club.
Riportiamo integralmente le parole del numero uno del Napoli United, Antonio Gargiulo, per parlare del presente e del futuro della sua squadra, del nuovo logo, del nuovo progetto sportivo, della questione stadio e di tanto altro ancora.
Presidente la nuova stagione sportiva non può che cominciare col botto: il club ha presentato sia il nuovo logo che la nuova denominazione, Napoli United, e per di più la squadra non giocherà più a Mugnano a partire da questa stagione. Un rinnovamento radicale che proietta in un colpo solo la sua “creatura” nel futuro?
«Sì: effettivamente dopo dieci anni soddisfacenti, alla storia del club abbiamo deciso di dare una svolta dettata dall’esigenza del nuovo progetto sportivo e da un legame indissolubile con la nostra città. “Siamo stati anche noi migranti” ma di fatto siamo napoletani e quindi giocare a Napoli è un desiderio che abbiamo voluto che si realizzasse a tutti i costi».
Con l’inizio dell’undicesimo anno di vita è la prima volta che il marchio distintivo del club subisce un restyling: da quanto tempo è nata l’idea di poterlo cambiare?
«Il nuovo stemma, che era correlato al cambio del nome, spiega l’appartenenza fondamentale a Napoli e lo abbiamo rinnovato con quei colori – a mio avviso bellissimi – che richiamano appunto il legame con la città da sempre aperta, accogliente e antirazzista e che sposa i nostri stessi valori. Inoltre al centro del logo è presente un nostro simbolo storico, il Leone, proprio perché noi non vogliamo assolutamente rinnegare la nostra storia. L’idea di cambiare la scritta era un qualcosa su cui ragionavamo da tempo: siamo nati come Afro Napoli dal momento che la squadra a suo tempo era composta prevalentemente da ragazzi africani ai quali volevamo dare loro le stesse opportunità degli altri di partecipare alle nostre attività praticando sport mediante l’integrazione. Chiaramente questo era l’obiettivo che continueremo a perseguire ma è ovvio che questo nostro concetto di inclusione ha subito superato i confini del continente africano e si è espanso in tutti i Paesi del mondo. Quindi in un certo senso attualmente era un po’ riduttivo mantenere la dicitura Afro. Ci abbiamo ragionato anche negli anni precedenti e ora è arrivato il punto di dare una sterzata al nostro progetto sportivo».
Ergo per il Napoli United è iniziato un nuovo ciclo di vita. In tal senso ci saranno modifiche sostanziali anche per quanto concerne lo staff e l’organigramma societario? Quali saranno le prossime novità significative che bolleranno in pentola?
«Possiamo assolutamente dire che comincia una nuova era per il club e colgo l’occasione per confermare che si saranno tante novità in tutti quei settori che ha citato. A trecentosessanta gradi stiamo riorganizzando il tutto: di più non posso dire al momento e saremo sicuramente più precisi e dettagliati nei prossimi giorni».
Quali saranno gli obiettivi sportivi che si porrà da oggi in poi la società? La squadra che è considerata la seconda della città dopo il Napoli e si appresterà a giocare per il terzo anno di fila della sua storia il campionato di Eccellenza si è posta la sfida di alzare l’asticella nel prossimo massimo torneo regionale?
«“È una storia tutta da vivere” perché, dopo dieci anni di storia, vogliamo essere protagonisti: ci siamo presi una bella responsabilità con questo rinnovamento totale ed è ovvio che in questa stagione puntiamo ai vertici».
Questa audace mossa strategica ha denotato uno spirito visionario da parte vostra. Quanto coraggio c’è voluto tra i componenti della società per adottare questa nuova veste grafica che allarga sicuramente gli orizzonti?
«Penso che abbiamo sempre dimostrato nel corso del tempo di avere un po’ di coraggio guardando al futuro e anche questa volta abbiamo dato prova della nostra lungimiranza. Noi vogliamo continuare a stupire perché non ci dimentichiamo che per noi il mondo del calcio dilettantistico campano è ancora un mondo da esplorare fino in fondo».
Con questa naturale evoluzione sportiva si realizzano e si mettono in pratica le idee di una società che sa quello che vuole. Presidente ha mai pensato di utilizzare una frase come motto ufficiale che possa rappresentare in toto la storia di questo club speciale e lo spirito della squadra?
«Sì, oggi il nostro modus vivendi si ispira alla frase “È una storia tutta da vivere”».
Da uno a dieci quante probabilità ci sono affinché la sua squadra giochi definitivamente al “San Gennaro” del Rione Sanità?
«Non appena inizierà il campionato sicuramente giocheremo in quello stadio quindi le probabilità sono altissime. Il campo attualmente è in fase di ristrutturazione e i lavori dovrebbero terminare entro il mese di agosto. Laddove dovessero esserci dei ritardi o altri tipi di problemi possiamo comunque giocare inizialmente magari da un’altra parte per poi aspettare l’agibilità del “San Gennaro” al fine di disputare poi lì le partite in casa».
Il passato lockdown, logica conseguenza del Covid-19, ha allarmato gli animi di tutti inevitabilmente. Un'esperienza di vita così forte l'ha rafforzata e le ha consentito ancor di più a non mollare in ciò che più crede fermamente ad esempio a migliorare l'Afro Napoli ancora di più di quanto non facesse prima?
«Sicuramente il Coronavirus mi ha fatto riflettere su tante cose e mi ha dato la possibilità, come ho sempre fatto, di dedicarmi anima e corpo al Napoli United. Questa malattia ha causato danni enormi provocando in Italia migliaia e migliaia di vittime. Si tratta di una vera e propria tragedia che ha seminato morte anche nel resto del mondo sconvolgendolo completamente. Qui nella nostra nazione per fortuna sembra che stia regredendo ma portiamo ancora le cicatrici di quelle ferite inevitabili che corrispondono alle perdite di vite umane e alle pesantissime ripercussioni finanziarie che vanno ad incidere sull’economia mondiale».
Qual è il suo prossimo sogno nel cassetto da realizzare nell'immediato?
«Ne ho troppi e ci vorrebbe una cassettiera o un armadio intero (sorride, ndr). Il sogno immediato è che i tifosi possano tornare, non appena inizierà il campionato, a popolare completamente gli spalti».
C'è qualcuno che vorrebbe ringraziare?
«Voglio esprimere un sentimento di gratitudine verso tutti coloro, dal primo all’ultimo, che hanno consentito in tutti questi anni, che la strada di questa storia decennale fosse percorribile. Loro ci hanno consentito di arrivare in questa fase dove ci proponiamo con un progetto sportivo serio e ambizioso di questa città».
Con la favola consolidata del Napoli United nell’ecosistema del calcio dilettantistico campano c’è più possibilità che in futuro venga sconfitto definitivamente il razzismo o è alquanto scettico sull’argomento?
«Il cambio del nome del club verte anche su una finalità ben specifica: a nostro avviso non è più necessario andare a ribadire costantemente “siamo antirazzisti” oppure “facciamo integrazione”: questi sono valori che sono consacrati in noi e che dovrebbero essere dati per scontato da tutta la società civile e dal calcio in generale. Cioè non dovrebbe esserci più chi sostiene di essere antirazzista perché semplicemente non dovrebbe proprio esistere il razzismo. Così la pensiamo e questo è il nostro credo ma siamo consapevoli che esiste ancora in giro una larga fetta di questo negativo ed allarmante fenomeno sociale. Noi siamo il Napoli United che fa calcio ma che continuerà come sempre a conservare i valori dell’antirazzismo, della solidarietà e dell’aggregazione».
Alessio Bocchetti
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