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Giovedì 18 Aprile 2024




"La TV invadente. Il reality del dolore da Vermicino ad Avetrana"

Un saggio importante e necessario scritto da una professoressa salernitana esperta di linguaggi radiotelevisivi

la tv invadenteLa tv del dolore ha trentacinque anni ancora da compiere, manca qualche mese. Un compleanno da ricordare? Non proprio: quello che cade il 13 giugno è l'anniversario di una tragedia, quella di Vermicino, passata alla storia anche perché volenti o nolenti vi abbiamo assistito tutti, in diretta tv e a reti unificate.

La necessaria premessa al libro "La TV invadente. Il reality del dolore da Vermicino ad Avetrana" scritto  - benissimo - da Anna Bisogno e pubblicato da Carocci è, allora, una domanda: lo sdoganamento di un nuovo genere televisivo, quello che tiene assieme informazione e fiction (la prima il più possibile oggettiva e documentata e la seconda estremamente esposta al pathos della partecipazione emotiva) è un bene? La tv del dolore  (o quella dei sentimenti, per la prima volta autorizzati alla rappresentazione, basti pensare a "C'è posta per te") ci ha resi più umani o più morbosi? Siamo davvero più informati o il surplus di emozioni a cui assistiamo non ci consente di sapere davvero niente oltre al nostro personale sentire?

Programmi come "Chi l'ha visto" o "Quarto Grado", poi: pur non proponendo spaccati di vita reale altrui su cui innestare nostre emozioni, liberano il voyeurismo della ricostruzione che può arrivare fino a mescolarsi e confondersi con la fiction, portando un fatto realmente accaduto nell'ambito della fabula? L'autrice non pone quesiti direttamente ma ci lascia ad annuire sulla pagina, a riconoscere dei meccanismi, a sapere che dalle ore 19 di mercoledì 10 giugno 1981, Vermicino sarà sempre un prato orizzontale bruciato dal sole, con poche case sparse, il paese il lontananza, la statale per Frascati, i capannoni industriali e un pozzo artesiano largo poco più di 40 cm.

Le telecamere documenteranno ancora, in diretta e nel corso dello stesso anno, l'assalto del colonnello Tejero alle Cortes di Madrid, i quattro colpi di pistola a Ronald Reagan, l'attentato al Papa, l'assassinio di Sadat e cogliere il momento il cui la tv rende memorabile il suo agire diventerà il principio per ogni evento mediale: "da allora - scrive la Bisogno - la morte è diventata parte della cerimonia".

Abbiamo forse in casa un elettrodomestico che svolge il compito di elaborare il lutto per noi? Di dare voce alle nostre paure - anche quelle più stupide - o di tutelarci dalle stesse anestetizzandoci? La pietas dello spettatore cui Anna Bisogno dedica delle pagine densissime non può non turbarci: quanto più siamo lontani dagli infelici che soffrono sullo schermo, tanto più siamo stimolati a manifestare un interesse che tenga conto della miseria di coloro che osserviamo. Comunicare ad altri questo spettacolo, farlo circolare, aggiungendo al dolore dell'infelice anche le nostre riflessioni e sensazioni a riguardo, acquista allora un significato nuovo: ci consideriamo forse, come suggeriva Boltanski in "Lo spettacolo del dolore", dei benefattori lontani tanto dalle vittime quanto dai persecutori? L'ultimo capitolo di questo libro, dedicato allo "show di Avetrana" risponderà anche a questa domanda. Sapremo così che di tanta, tanta cronaca abbiamo ricordi diffusissimi e forti ma ancora tutti emotivi: la storia e la sua memoria non è ancora "arte nostra".

Raffaella R. Ferré

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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