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Sabato 20 Aprile 2024




Francesco Paolantoni, alias Max Peluso: “Mi diverto a torturare Raffaele!”

Francesco PaolantoniUna specie di MasterChef (“Chef Parade”), un talent di cucina diretto da Max Peluso, interpretato dall’esilarante Francesco Paolantoni, è tra le novità che ci aspettano in Un Posto Al Sole per questa calda estate. Tornato alla ribalta del social drama più popolare di Rai 3, il comico napoletano ci racconta: “Il mio ruolo è quello di rompere le scatole a Raffaele Giordano (Patrizio Rispo ndr) e la cosa mi diverte”.

Nelle ultime puntate, l’abbiamo ritrovata come proprietario di un nuovo bellissimo ristorante in cui, guarda caso, si trovano Raffaele e Ornella…Come si svilupperà il suo personaggio?

Il mio è un personaggio che rientra ogni tanto, attraverso una storia in cui sono coinvolti il portiere di Palazzo Palladini e la moglie Ornella, che io continuo ad adorare. Ora Peluso ricompare per rompere le scatole al povero Raffaele e per destabilizzare la situazione, attraverso una gara culinaria alla MasterChef, che metterà in competizione i personaggi di Upas e creerà un po’ di scompiglio. Per Max è un’ulteriore occasione per torturare Raffaele, che è poi Il suo principale divertimento.

Il mio ruolo come personaggio è quello di innescare una storia a sicuro effetto comico, e questo ce l’ha. Il punto è che Giordano è talmente amato dal pubblico che per strada mi fermano e mi chiedono “Perché non lasci stare Raffaele?”. Ed è buffo perché è esattamente il contrario di quello che mi accade normalmente, ma significa che funziona il mio personaggio, è gratificante. 

Sulla scena interpreta un personaggio un po’ cinico e cattivo. Rivale in amore e alter ego di Raffaele Giordano, possiamo dire che Max Peluso rappresenta un po’ il contro-altare al buonismo del portiere di Palazzo Palladini?

Sì, il mio è un personaggio che si pone all’opposto di Raffaele che è buono, pacifico, invece Max è concreto, cinico e anche un po’ antipatico e non può essere altrimenti perché è l’antagonista di Giordano. Ma interpretare questo personaggio mi diverte molto, è più stimolante calarsi nei panni dei cattivi piuttosto che dei buoni per un attore.

C’è un tema a cui tiene in modo particolare, anche a livello personale, o un argomento che vorrebbe fosse approfondito?

Gli autori di Upas sono sempre molto attenti, senza eccedere hanno portato praticamente tutto sulla scena, forse mi soffermerei ancora sul tema dei diritti dei gay e sulla violenza sulle donne, li trovo due argomenti fondamentali: uno ha a che fare con l’espressione dell’amore e l’altro con le forme di violenza di genere, tema a cui tengo molto. Se si ricordano ogni tanto, è meglio. 

Progetti futuri? La ritroveremo di nuovo nella serie “I Bastardi di Pizzofalcone” il prossimo autunno in tv?

No, perché nella prima serie ho interpretato un personaggio che ha avuto un suo sviluppo, non faccio parte del cast, ho dato il volto a una storia che iniziava e finiva. Ma a novembre sarò al cinema con il film “Diversamente family”, lavoro interessante di due esordienti registi, una coppia anche nella vita, che racconterà il tema talvolta complesso della famiglia in chiave molto ironica. E poi sono in ballo altre cose a teatro, dove sarò presente, come sempre, con i miei spettacoli. 

Come vive da napoletano questo momento della città, a partire dall’emergenza incendi?

Malissimo, naturalmente. Sapere che dietro tutto questo, ci sono tanti motivi e interessi diversi è orrendo: è la malattia di Napoli che prende il sopravvento, la camorra e la cattiveria di alcune persone. Una combinazione terrificante che ha conseguenze nefaste in una città già martoriata ma che ha voglia di rinascere. Senza considerare che il Vesuvio è la nostra grande ricchezza, un vero patrimonio che detiene tanti record, dalla gastronomia al paesaggio. Con mortificazione e impotenza, dobbiamo assistere a tutto questo ed è frustrante soprattutto perché c’è anche una Napoli che sta vivendo una nuova vita, penso al turismo, una città che sta migliorando, ma evidentemente non ci vuole molto a ritornare alla barbarie.

Maria Nocerino

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