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venerdì 19 Aprile 2024




Noi, le fondamenta di Palazzo Palladini

scrittoriupas e raffaUn Posto al Sole ha toccato punte dell’11% di share e la puntata del 7 gennaio 2015 ha raggiunto 2milioni e 352mila spettatori, pari all’8.06 per cento. Ma chi c’è dietro al successo del socialdrama (mai chiamarlo “soap”)più famoso d’Italia? Lo scopre Raffaella R. Ferrè, scrittrice e redattrice di Napoli Città Sociale, in un incontro negli studi di Upas con il gruppo che, da molti anni, decide cosa far vedere al pubblico delle 20.35 su Raitre.

Paolo Terracciano, Guglielmo Finazzer e Andrea Vinti: dietro Un Posto al Sole ci sono loro, rispettivamente head writer, story editor (con Athos Zuntini) e story liner del reparto scrittura. Il pubblico non conosce i loro nomi,  ma il loro lavoro - base di partenza per la costruzione di ogni singola puntata - rappresenta le fondamenta di Palazzo Palladini.

La linea editoriale di Raitre è sempre stata fortemente votata alle tematiche sociali e Un Posto al Sole se ne fa portavoce in fascia preserale. Come scegliete i temi da trattare? Prendete spunto dall’attualità, da esperienze o lavorate di brainstorming?

Paolo Terracciano: In realtà è un po’ tutto assieme: diciamo che avendo dalla nostra 18 anni di storia i temi li abbiamo trattati davvero tutti e c’è una rotazione per la quale ci torniamo su quando è il momento. Lo stimolo della realtà è poi presente, basti pensare alla storia della baby squillo amica di Rossella, una narrazione che veniva dalla cronaca.

Ma non si tratta solo di captare quello che è nell’aria: dovete anche tradurlo e tesserlo nelle giornate e nelle vite dei personaggi, in 25 minuti di copione per puntata: vengono prima loro, i loro caratteri o le storie? Come procedete visti anche i tempi che immaginiamo siano convulsi?

Paolo Terracciano: Oggi scriviamo le puntate che andranno in onda a maggio, il tempo di differita è di circa 4 mesi circa e le puntate vengono materialmente e definitivamente chiuse un mese prima. Per quanto riguarda i temi, invece, ci sono dei personaggi quasi specializzati nell’ambito sociale: quelli di Franco, di Giulia, di Michele. Intorno a loro spesso si costruiscono delle storie che hanno questi riferimenti proprio vista la loro vocazione all’interno della storia. Ci sono poi dei casi nei quali si inseriscono personaggi nati proprio in funzione di una storia e di un tema.

Andrea Vinti:  I tempi di scrittura e messa in onda possono avere degli sfasamenti nel caso di grandi eventi, così come può risultare problematica la gestione della quotidianità di feste, ricorrenze e momenti difficili come l’11 settembre. Un esempio fu l’annullamento della maratona di New York nel 2012, quando è andata in onda una puntata che vedeva la partecipazione di uno dei personaggi.

Droga, usura,  violenza sulle donne, adozione, disoccupazione: c’è un tema che sentite di non aver ancora toccato o su cui pensate sia il caso di ritornare?  

Paolo Terracciano: Forse i problemi e le tematiche connesse alle religioni, quanto mai attuali. Noi però non dobbiamo mai dimenticare che Un Posto al Sole ha, in primo luogo, una funzione di intrattenimento. Su molte tematiche sociali abbiamo collaborazioni collaudate con Libera, la Fondazione Polis, la stessa Amministrazione Comunale. C’è un ricercatore che ci supporta quando il tema richiede una particolare cura e attenzione, e c’è poi il lavoro dei giornalisti: attraverso i quotidiani, gli approfondimenti e così via. Alle volte ci sono poi gli stimoli dati dagli stessi attori: Marina Tagliaferri, Giulia in scena, e lo stesso Alberto Rossi alias Michele Saviani sono molto felici del taglio sociale dei loro personaggi.

Guglielmo Finazzer: In ogni caso siamo molto attenti a mantenere, nel trattare i temi di attualità sociale,  sensibilità e rispetto della situazione.

Il linguaggio di Un Posto al Sole è vivace, fresco, diretto: qual è il ruolo del dialetto napoletano?

Paolo Terracciano: Un Posto al Sole è ambientato a Napoli ma è visto da  tutta Italia: bilanciamo, dunque, tra il rispetto della realtà partenopea e la comprensione. Detto questo ci sono dei personaggi che usano il dialetto o l’inflessione più spesso, così come ci sono attori che arrivati sul set con una forte connotazione nel linguaggio, con l’evoluzione della storia lavorano proprio per poter parlare a tutti indistintamente. Bisogna ricordare, infatti, che a parte la Campania e la Basilicata, Un Posto al Sole è visto moltissimo in regioni come il Trentino.

Sempre a proposito di parole, si è parlato molto e ci sono state varie pubblicazioni negli ultimi tempi che estrinsecavano la necessità di una maggior attenzione a come si parla di temi sociali: voi come vi regolate? Utilizzate un lessico “sociale” o semplicemente “politically correct”?

Paolo Terracciano: C’è un’estrema attenzione all’uso delle parole giuste, ma ovviamente dobbiamo anche metterle in relazione al personaggio, ad esempio: da Giulia posso aspettarmi un linguaggio anche più tecnico.

Quali sono le differenze tra la scrittura per il social drama e quella del romanzo? Il vostro lavoro non arriva al pubblico direttamente, eppure è importantissimo.  

Andrea Vinti: Noi facciamo una scrittura di servizio: è necessariamente scarna ma non per questo non tiene conto di emozioni e intenzioni. Costruiamo, cioè, il documento base su cui poi va lavorato per tirare su la puntata. Il pubblico non lo vedrà mai così com’è, come le fondamenta di un palazzo.

Raffaella R. Ferré

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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