Sul set di Un posto al Sole: essere, non apparire

Intervista a Stefano Moretti in arte dj Scheggia

stefano-morettiIl 2014 ha portato nella famiglia di Un posto al Sole Stefano Moretti, che interpreta il dj e speaker radiofonico Scheggia (Giacomo Schenardi). Stefano riesce a regalare al suo personaggio l'intensità e la complessità che lo contraddistinguono nella vita. Dal terremoto dell'Aquila, allo studio teatrale, alla professione di architetto mancata, Stefano si racconta.

Come è iniziata la tua carriera da attore?

Ho iniziato ai tempi dell'università in una piccolissima compagnia con cui ho appreso le tecniche della voce, la dizione e il movimento. Dopo gli studi mi sono trasferito a Roma dove ho ricominciato a formarmi con il metodo Stanislavskij–Strasberg, grazie al quale sono riuscito ad entrare più profondamente nelle sfumature emotive dei personaggi passando dalla "maschera di attore" al creare sulla scena sensazioni reali legate a esperienze vissute personalmente. Questo lavoro è stato particolarmente utile per recitare davanti alla macchina da presa, dove una piccola vibrazione assume un connotato emotivo forte.

Come sei entrato nel cast di Un posto al Sole?

Questa è una bella storia. Mi hanno chiamato a Napoli a marzo per fare un provino su parte. In quel periodo ero con due soldi in tasca e piuttosto prevenuto: avevo partecipato a dei casting in Italia viaggiando a mie spese e capitava, una volta arrivato, di scoprire che cercavano magari un attore con caratteristiche fisiche diverse, sebbene le mie fossero già chiare nel curriculum. Invece a Un posto al Sole sono stati gentilissimi e professionali. È successo però che il treno ha fatto un ritardo pesante, e così sono arrivato in Rai a Fuorigrotta trafelato e su di giri, ma esattamente in sintonia con la scena che dovevo interpretare: ovvero Scheggia che, di ritorno da Ibiza, arriva in redazione sul filo del rasoio per iniziare una diretta. Insomma ero sorprendentemente in parte, ma ciò che ha convinto maggiormente credo sia stato quando, a telecamere spente, sono rientrato nei panni di Stefano, molto diverso da Giacomo.

Quindi hai poco in comune con Scheggia?

Io sono piuttosto cauto, razionale. E non amo la musica disco, mi sembra un "rumore". Il suono per me deve accompagnare i pensieri, non soffocarli. È per questo che adoro la classica. E poi, Scheggia ha una creatività più libera della mia, una grossa intelligenza di azione. Si butta nelle cose che vuole realizzare senza paura, e in questo senso credo che possa insegnarmi molto. Quello che invece Scheggia ha di me è l’essere imbranato e impacciato in momenti delicati, come  quando si relaziona con Viola: in quel caso lascio affiorare il mio carattere.

Scheggia fa di tutto pur di conquistare Viola. Credi che ci siano ancora persone disposte a fare follie per conquistare un'unica persona o piuttosto oggi la tendenza sia a consumare le relazioni in modo frettoloso e compulsivo?

Mi auguro che ce ne siano, altrimenti il mondo si fermerebbe. Credo che nelle relazioni oggi si possano distinguere due categorie: quella dei compulsivi senza speranza ossessionati per qualche motivo dalla carne, e quelli per i quali l'incontro intimo non si scinde da implicazioni emotive e sentimentali. L'innamoramento ha a che vedere con quanto il tuo corpo e il tuo cuore viaggiano insieme. Il punto è che questa "salute affettiva" nel sistema attuale ti rende vulnerabile, mentre il distacco rappresenta apparentemente una forza. Io sono stra-felice di appartenere alla seconda categoria, anche se questo significa sbattere la testa quando incappi in persone che invece scindono superficie e interiorità.

Come si evolverà la storia con Viola?

Ho visto cose che voi umani non potete neanche immaginare... Scherzo, in realtà noi attori sappiamo poco di ciò che accadrà ai nostri personaggi perché non conosciamo tutti gli sviluppi della sceneggiatura, che è work in progress. Posso dire rispetto alle puntate che stiamo girando adesso e che saranno trasmesse tra un paio di mesi, che l'interesse di Scheggia per Viola sarà ancora a lungo non ricambiato, ma che proprio rapportandosi a lei, Giacomo avrà modo di maturare. Scheggia ha 25 anni, io quasi 30. Abbiamo prospettive diverse, perciò mi auguro che il personaggio evolva ancora, che cresca in fretta e che mi regali tanti altri stimoli sul piano umano e professionale.

Quale tema in particolare ti è piaciuto raccontare attraverso Scheggia?

Senz'altro il tema dei crimini ambientali e dell'avvelenamento delle risorse naturali, quando Scheggia ha lanciato lo slogan: "Se qualcuno prova ad avvelenare la nostra terra, noi gli rispondiamo: Non ci provare, questa Terra è la mia Terra". È stato importante ricordare che la terra è la nostra radice, il luogo da cui veniamo e che abbiamo il dovere morale di difendere. Ho recitato pensando a L’Aquila, la mia terra ferita. 
(Guarda il video: https://www.youtube.com/watch?v=Na9yDKAU_y8&feature=youtu.be)

Tu eri a L'Aquila durante il terremoto...

Si, avevo 23 anni. Ho preso coscienza che sarei potuto morire in quel momento, in un'età in cui a questo non si pensa tanto spesso. Dopo il terremoto c'è stato uno stordimento generale, agli aquilani è stato interrotto il legame con la propria città, che è stata sigillata e presidiata militarmente. Anche la mia famiglia si è trasferita in un paese vicino e ha dovuto fare richiesta ai Vigili del Fuoco per entrare in casa pochi minuti a prendere le poche cose necessarie. All'epoca io stavo studiando Ingegneria Edile e Architettura all'università e mi interessava conoscere il danno dal punto di vista strutturale, ma non mi era permesso. Ho dovuto scoprire dove e quali edifici erano crollati dal censimento delle vittime perché non esisteva una mappa del disastro. 
Oggi L'Aquila è una foresta di gru, segno che la ricostruzione è in atto. Io la seguo a distanza e senza interessi di natura professionale: ho vissuto una vera e propria crisi di coscienza perché molto di ciò che è accaduto è responsabilità e inadeguatezza di tecnici, addetti ai lavori e quadro normativo in materia sismica.

Scheggia è un giornalista/dj con uno stile particolarmente allegro. Credi che una comunicazione leggera sia più efficace a veicolare contenuti impegnativi?

Scheggia è un personaggio giovane che parla alla sua generazione. Una generazione in apparenza dura e disinteressata, che in realtà credo reagisca cinicamente per difendersi dal dolore di vivere una realtà e un mondo che arrancano: penso alla mancanza di opportunità, al divario sociale, all'incremento dei tumori, alla prospettiva di vedere i nostri figli in guerra per l'acqua. È una prospettiva che razionalmente dovrebbe farci decidere di non diventare padri, ma questo è inaccettabile. Troveremo una strada o ci arrenderemo? Io sono fiducioso.
Spero che il pubblico giovane di Un posto al Sole riesca a identificarsi col personaggio di Scheggia: contenuti e stile del personaggio sono scritti dagli sceneggiatori, ma è mia responsabilità invece trattare in maniera autentica e onesta le tematiche e condurre a una presa di coscienza su temi significativi.

Cosa pensi dei giovani napoletani?

Credo che i giovani a Napoli abbiano le caratteristiche di questa generazione, a tratti più esasperate rispetto ad altri luoghi. Mi sembra tipica di qui la paura diffusa a mostrare apertamente le proprie fragilità. Cosa che invece un attore fa quotidianamente. Ecco che a Napoli mi trovo a fare un sacco di sforzi per relazionarmi più autenticamente con le persone, perché hanno una corazza più dura. Ho come la sensazione, a volte, di entrarci in contatto solo superficialmente, con poca empatia. Mentre sono convinto che andare in fondo al proprio malessere sia l'unico modo per rinascere. Di fatto rinascere dalle ceneri è proprio una prerogativa del popolo napoletano.

© RIPRODUZIONE RISERVATA