Raffaella. Accolgo i profughi afgani con un sorriso

raffaellaUna folta chioma gestita appena e un sorriso per tutti, dietro la mascherina che le copre il due terzi del volto. Raffaella Nocera è una ragazza come tante, ma anche un giovane eroina. Lo è sicuramente per i profughi afgani che giungono a lei, disorientati e impauriti, al Covid Residence all’Ospedale del Mare di Ponticelli.

Con un diploma in scienze socio-sanitarie e un percorso universitario in scienze infermieristiche che spera di concludere presto (“perché non si finisce mai di imparare, ma quando si lavora anche è un po’ difficile”) Raffaella si occupa – in questo periodo in cui il popolo afgano scappa dal proprio Paese caduto nelle mani delle milizie talebane – dei rifugiati politici che giungono a Napoli.

 “Il mio è prima di tutto un lavoro di responsabilità: quando si lavora con le persone bisogna inevitabilmente prendersi delle responsabilità. Ed è anche un lavoro di empatia – racconta Raffaella, che ha appena terminato il suo turno di lavoro -  Quando si guardano i telegiornali e si leggono le notizie non si ha una visione reale delle cose. Si vedono gruppi di persone senza identità, volti coperti da mascherine. Non ci si ferma a pensare che dietro i riflettori e le cifre riportate dai media ci sono persone, come me e te”. La giornata di Raffaella inizia la mattina presto con la distribuzione delle colazioni. C’è appena il tempo di prendere un caffè, dopodiché ci si organizza per le pulizie delle camere, le eventuali visite mediche da fare, il pranzo. Si cerca di venire incontro ai gusti degli ospiti, abituati a una cucina molto diversa da quella mediterranea. E poi ci sono i bambini, tutti con esigenze particolari in base alle età. “Le condizioni di salute di queste persone non sono critiche. Altra cosa è il loro stato psicologico. Un bel giorno si sono svegliate e hanno saputo che per sopravvivere dovevano lasciare ogni cosa e scappare. Abbandonare amici, parenti, gli averi, i luoghi dei propri ricordi, il posto di lavoro, le scuole. Insomma, da un giorno all’altro queste persone hanno dovuto dire addio alla propria vita. Arrivano da noi confusi e tristi. Non capiscono la lingua e non vedono un volto amico. Sono persone con un animo segnato”.

raffaella a lavoro

Al momento Raffaella è in contatto con centoventi profughi afgani. Si attendono disposizioni del Governo per sapere cosa ne sarà di loro, mentre ci si prepara ad accoglierne altri nei prossimi giorni. Eppure poche settimane sono state sufficienti per creare un contatto. “È il momento più bello: quando sul loro volto si disegna un sorriso. Oggi un bambino si è offerto di aiutarmi per distribuire il pranzo. Era il suo modo per ringraziare. Si lavora ogni giorno per momenti come questo”.  Le sue giornate così piene di cose da fare che lasciano poco tempo per seguire le polemiche, le diatribe politiche, i fatti di cronaca che scatenano il dissenso dei leoni da tastiera sui social. Fino alla bufera scatenata dalla recente notizia di un medico No-Vax morto a causa di Covid preso, si dice, proprio in un centro per rifugiati afgani. “Sono abituata alla nomea di “untrice”, perché prima di occuparmi di rifugiati afgani ho lavorato proprio in medicina Covid, a contatto con pazienti affetti e con sintomatologie importanti. – Commenta Raffaella –  Sono ovviamente vaccinata da tempo e, come qualsiasi persona che fa il mio mestiere, so come proteggermi sul luogo del lavoro. Ci tengo a dire una volta per tutte questa cosa: il Covid non conosce razza, estrazione sociale, religione. Il Covid non ne sa nulla di polita internazionale. Quindi è importante proteggersi dal rischio reale e non dalle persone. Il medico che, purtroppo, si è ammalato e ha perso la vita può essersi infettato anche a un pranzo di famiglia o al supermercato, cioè in luoghi in cui in genere si presta meno attenzione. Ed è per questo che è importate vaccinarsi, proprio per proteggersi dalla sintomatologia. Colgo anche questa occasione per dirlo: andate a vaccinarvi”.

Chiara Reale