Pasquale Maranta, biologo molecolare, ci spiega cosa ci aspetta dopo l’emergenza incendio
La Campania va a fuoco, dal Vesuvio, al Cilento, ai Campi Flegrei. Basta percorrere l’autostrada o la Tangenziale o semplicemente salire su un alto palazzo cittadino per scorgere almeno un incendio.
Ognuno ha almeno un conoscente o un amico che a causa delle fiamme non è potuto tornare a casa. E’ un bollettino di guerra quello che sta scrivendo il fuoco sulla martoriata Campania. Danni inestimabili saranno causati alla Natura, ma anche alla Salute umana. Vediamo quali sono i rischi con Pasquale Maranta, biologo molecolare e nutrizionista, che da oltre dieci anni si occupa dei roghi tossici.
Dott. Maranta, cosa devono fare i cittadini che abitano in prossimità degli incendi per preservare la propria salute?
I fumi e le ceneri nella fase imminente di un forte incendio possono irritare i polmoni e le vie respiratorie oltre a creare forti allergie. Soprattutto a chi abita in prossimità degli incendio, ad Ercolano alta o a Ottaviano, consiglio di usare mascherine e di chiudere le finestre anche di notte usando l’aria condizionata. Inoltre meglio evitare di usare lenti a contatto che con il fumo possono irritare la cornea. In caso di fumi molto forti è meglio allontanarsi dall’abitazione. Ci si può aiutare a smaltire le tossine che si possono accumulare nel fegato e nei reni bevendo almeno due litri di acqua al giorno e mangiando frutta e verdura.
A lungo termine crede che gli incendi possano causare un danno alla salute?
Il punto è capire cosa è stato bruciato. Il fumo dovuto alla combustione da vegetazione è grigiastro, mentre si sono visti anche fumi con venature nere che dimostrano che oltre ad incendiarsi gli alberi c’è stata combustione di altre sostanze come materiale plastico e alluminio. Purtroppo diversi paesi vesuviani come Ercolano e Torre sono pieni di discariche, ma trattandosi di discariche abusive non sappiamo quello che contenevano. La combustione di materie plastiche, metalli pesanti, non che vernici e altri materiali tossici comporta un forte rischio non solo rispetto a ciò che respiriamo oggi, ma anche per il futuro. Le patologie tumorali dipendono dalla concentrazione di diossine presenti nell’organismo dovute a sostanze che non solo inaliamo, ma che disciolte nel terreno sotto forma di ceneri arrivano alle falde acquifere e possiamo quindi “bere e mangiare”. Per questo quando mi domandano come nutrirsi in Campania consiglio di rifornirsi dal fruttivendolo o dal macellaio di fiducia o dal piccolo coltivatore che sappiamo in che zona coltiva. Bisogna ritornare ad un rapporto diretto con il produttore, acquistando prodotti tracciati e preferendo cibo biologico.
Il Vesuvio ha, o forse dovremmo dire aveva, una quantità di colture di prodotti doc di ottima qualità. Saranno compromessi per sempre?
Molte colture sono andate completamente distrutte dal fuoco e dalla mancanza di acqua. La distruzione del patrimonio boschivo comporterà, a partire dalla stagione delle piogge, un rischio idrogeologico che potrà comportare ulteriori danni economici per i contadini, oltre al pericolo per le persone. Il rischio non è la combustione, che in natura è contemplata e che anzi favorisce il riciclo del terreno delle sostanze azotate, ma è ciò che viene bruciato e la quantità. Dunque il problema da porsi al più presto è quello di analizzare le ceneri che si sono depositate in seguito agli incendi. Aria, acqua e suolo sono strettamente collegati e così salute e alimentazione: lo dicono gli studi scientifici che ad esempio dimostrano che il tumore all’intestino per l’85% è dovuto all’alimentazione.
Eppure sono decenni che il problema dei roghi è ormai ordinario. Cosa è stato fatto?
A livello scientifico tanto, il professore Antonio Giordano autore con Giulio Tarro, del libro bianco “Campania, terra di veleni” e professore di Biologia Molecolare nella Temple University di Philadelphia, con cui ho collaborato lavorando con lui negli Stati Uniti, a partire da uno studio epidemiologico dell’area del “Triangolo della Morte” ha contribuito a smascherare il collegamento tra roghi tossici e salute. Anche l’Istituto Superiore della Sanità e le università, come la Federico II, continuano le ricerche e le analisi in questo campo. A livello dell’intervento politico purtroppo si è fatto poco.
Cosa si dovrebbe fare per fermare il “biocidio”?
Ormai è stato detto in tutti i modi: che la gestione è stata completamente insufficiente. Bisognerebbe fare indagini approfondite per capire l’origine dolosa degli incendi e in contemporanea monitorare continuamente il territorio. Il fatto che sia stato completamente accorpato il Corpo Forestale all’Arma dei Carabinieri è stato deleterio poiché ha sottratto competenze specifiche rispetto alla salvaguardia e tutela del territorio. Per il futuro, da cittadino e da ricercatore, chiedo uno studio e un monitoraggio ambientale sui rischi per la salute dovuti all’incendio del Parco del Vesuvio. Bisogna istituire un tavolo organizzato appositamente in cui siedano, non solo l’Arpac, ma anche le università e i centri di ricerca di eccellenza per fare dei carotaggi e comprendere se e come il territorio è stato contaminato. Secondo me le commissioni non devono essere collegate alla politica per consentire che la ricerca scientifica sia indipendente e traparente. Quando Veronesi era presidente della sicurezza atomica italiana e ci fu referendum sul nucleare fece affermazioni forti, dicendo che l’uranio impoverito non faceva nulla. Ecco, auspico che non accada di nuovo questo.
Alessandra del Giudice