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Sabato 20 Aprile 2024




Welfare, lavoro, bonifica ambientale

Ne parla Paola De Vivo docente di Sociologia della Federico II

paola de vivo“Questa è la fase più critica che il Mezzogiorno abbia mai vissuto”, dice senza mezzi termini Paola De Vivo, docente di Sociologia Economica, Sociologia dell’Amministrazione e Politiche Territoriali dell’Università Federico II di Napoli, che interverrà alla terza parte del convegno Prima (Invece) di Punire, sabato 6 maggio mattina nella sessione “Welfare, lavoro, bonifica ambientale”. Con la professoressa affrontiamo i temi salienti della tavola rotonda e tracciamo le possibili soluzioni alle problematiche locali. 

Welfare, lavoro e bonifica. C’è un denominatore comune?  

Nella mia prospettiva ci deve essere sempre di più un’integrazione tra questi settori, alla luce del cambiamento che il Welfare sta producendo al suo interno. Il Welfare non è più unicamente assistenziale, è sempre più generativo: nel momento in cui cerchiamo di aprire nuovi servizi generiamo lavoro e nuove opportunità. In questo senso, sempre di più, soggetti e attori istituzionali si devono attivare per generare forme di inclusione sociale. Welfare, lavoro e bonifica sono legati in termini di potenzialità economiche e sviluppo sociale. Ad esempio possiamo ragionare su Green Economy o Riciclo dei rifiuti: sono sistemi che da un lato permettono di governare fenomeni che vanno arginati come l’inquinamento ambientale, dall’altro creano opportunità lavorative dedicate alle fasce più svantaggiate estromesse dal mercato del lavoro.

Nel 2006 lei ha vinto il Premio Sele d’Oro Mezzogiorno, Sezione Saggi, per il volume Ricominciare: il Mezzogiorno, le politiche, lo sviluppo. Lo sviluppo è ripartito?

Nella mia opinione questa è la fase più critica che il Mezzogiorno abbia mai vissuto, non c’è a mio parere rappresentanza politica in Europa e anche all’interno dell’agenda governativa si ragiona su singoli pezzi: su Bagnoli, piuttosto che sull’estrema povertà, ma manca una strategia unitaria che tenga conto della questione Mezzogiorno e delle emergenze sociali. Il Mezzogiorno benché sia una questione irrisolta è quasi del tutto scomparso dall’agenda politica: non è appetibile e non è considerato rilevante, tranne che raramente nel dibattito scientifico.

Quali sono gli indicatori del sottosviluppo della regione e della città?  

Gli indicatori sensibili più rilevanti sono: l’elevato tasso di disoccupazione giovanile che non ha riscontro altrove in Europa, la bassissima occupazione femminile, tema spesso evocato ma mai affrontato, e le sacche di povertà estrema. Un’altra piaga sociale è il sommerso ampiamente presente in tutti i settori: dall’agricoltura, all’industria, al commercio. Poi c’è l’immigrazione, un tema che non riusciamo a governare e che nell’immaginario comune è un peso perché i migranti rappresentano la concorrenza ai poveri. Siamo in presenza di un darvinismo sociale: c’è una lotta tra poveri rispetto alla quale, le soluzioni che si intravedono sono limitate.

Come si pongono gli intellettuali napoletani rispetto a queste piaghe sociali? 

Nel caso dell’Università  stiamo assistendo ad un drastico ridimensionamento dell’attività di ricerca per i tagli rilevantissimi che si stanno applicando anche alla ricerca. Temo che se parliamo di intellettuali che portano avanti la condivisione civile delle problematiche sociali è diventato sempre più difficile avere voce rispetto a temi considerati trascurabili dall’agenda politica e  dall’opinione pubblica. Si guardano i problemi sociali alla luce dell’individualizzazione: non si pensa che possano essere risolti in modo condiviso perché ognuno cerca di trovare la soluzione personale al suo problema. Oltre al vuoto culturale, sono anche le condizioni di disuguaglianza e difficoltà diffusa che spingono a ragionare così.

Dove è il sindacato?

L’attore sindacale è in una fase di declino a livello nazionale infatti gli iscritti al sindacato sono sempre di meno per lo scollamento evidente e manifesto dei lavoratori nei confronti di queste istituzioni che andrebbero ripensate dall’interno. Perché non sono state in grado di intercettare i cambiamenti che stavano avvenendo nel mondo del lavoro e a lanciare proposte utili alle nuove emergenze sociali. Le aziende sono in forte difficoltà, d’altra parte chi andrebbe maggiormente tutelato è fuori dal mondo del lavoro: sono i precari, i disoccupati, i giovani che non lavorano.

Si può dire che le realtà associative anche piccole suppliscano ai vuoti di altre istituzioni? 

Ancora oggi assistiamo a forme di aggregazioni spontanee dal basso finalizzate a trovare soluzioni a problemi collettivi e che sono funzionali allo scambio tempo, di affettività, di servizi. Si tratta di forme di reciprocità volontarie che non costano in termini economici e puoi donare a prescindere dal danaro per creare legami sociali. Discorso diverso è quello dell’attività cooperativa, che ha bisogno di finanziamenti pubblici che attualmente sono ridotti, perciò siamo in una fase in cui la cooperazione sta cercando di mantenersi a galla, ma non riesce ad espandersi. Il primo problema è culturale: il Welfare non è più inteso come elemento fondante dello Stato Nazione e del diritto universalistico, ma è considerato residuale.

Cosa fare per rilanciare il Mezzogiorno e Napoli? 

Bisogna rilanciare il Welfare, ma se i fondi sono sempre più esigui e di conseguenza è più difficile sostenere i progetti il percorso diventa sterile, perché non riesci a sostenerlo. La prima battaglia da fare è una battaglia culturale di civiltà: far capire che il Welfare va considerato un aspetto centrale della vita perché un paese che lascia indietro chi, per le ragioni più diverse, non riesce ad andare avanti sta svilendo i contenuti dell’essere insieme civilmente. La solidarietà si crea perché hai l’idea che puoi condividere i problemi e trovare soluzioni con gli altri. Questo obiettivo ideologico e culturale deve diventare obiettivo politico ovvero reperire le risorse e gli strumenti necessari ad attuarlo.

Che ruolo possono avere in questo senso iniziative come la nascita di “Not Dark Yet” e del convegno Prima (invece) di Punire?  

Ogni volta che c’è una discussione pubblica finalizzata all’avanzamento della consapevolezza pubblica e all’apertura di nuovi spazi politici è un fatto positivo. Bisogna rimettere al centro del dibattito il tema del Welfare legato a Napoli, città rilevante nel profilo dello sviluppo del Mezzogiorno, protagonista dell’area mediterranea in sofferenza. E’ rilevante che si possano creare contenitori dove iniziare dei percorsi comuni e riflettere insieme sulla città, là dove in presenza di una tale complessità sociale il dibattito è sempre troppo limitato. L’obiettivo auspicabile sarebbe quello di realizzare dei forum pubblici permanenti.

Alessandra del Giudice

Paola De Vivo insegna Sociologia Economica, Sociologia dell’Amministrazione e Politiche territoriali presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Napoli Federico II. Ha tenuto corsi in altre ex-Facoltà (Sociologia, Architettura, Medicina), in Master interfacoltà, in Scuole di specializzazione e di Dottorato. Ha insegnato in corsi del Formez, della Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione e nel Master privato Stoà. Ha scritto numerosi articoli, saggi e monografie; tra le sue pubblicazioni principali si segnalano: “Pratiche di concertazione e sviluppo locale” (Franco Angeli, 2004), “Ricominciare. Il Mezzogiorno, le politiche, lo sviluppo” (Franco Angeli, 2006) , “A chi serve il sindacato? I bisogni, le richieste e le aspettative dei lavoratori nella società che si trasforma” (Franco Angeli, 2010) e “Settori di specializzazione del territorio. Incentivi e strategie di policy” (Centro Studi Unione Industriali di Napoli, 2014). Tra gli incarichi istituzionali, è responsabile dell’attività di Orientamento del Dipartimento di Scienze Politiche. E’ stato componente del gruppo di sperimentazione del modello APF (Autovalutazione dei Processi di Formazione) predisposto dal Nucleo di Valutazione di Ateneo della Federico II. E’ stato membro del Direttivo AIS-ELO e del Consiglio Italiano delle Scienze Sociali ed ha avuto la nomina di Referee per la Valutazione della Qualità della Ricerca (VQR 2004-2010), ANVUR. Ha lavorato per enti pubblici e strutture private (Sviluppo Italia, Ministero dello Sviluppo Economico, Regione Campania, Formez, Fondazione con il Sud), progettando e contribuendo alla realizzazione di numerosi interventi a sostegno dello sviluppo locale e dei processi di innovazione nella pubblica amministrazione.

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