Napoli e le occasioni mancate. Invertire la rotta con integrazione sociale e innovazione

Lo spiega il filosofo Isaia Sales, tra i relatori del convegno “Prima (invece) di punire”

isaia salesIl centro storico di Napoli può diventare un’opportunità per tutto il Paese e anche per l’Europa. Invece, da 70 anni a questa parte, nel capoluogo campano, non c’è stata una sola opera capace di valorizzarne e innovarne il cuore pulsante.

A spiegarlo è il filosofo e saggista Isaia Sales, tra i relatori del convegno “Prima (invece) di punire”, in programma venerdì 5 e sabato 6 maggio all’Istituto degli Studi Filosofici di Napoli, promosso dall’associazione “Non Dark Yet” (Non è ancora buio)” in collaborazione con il gruppo di imprese sociali Gesco. In particolare, la sua relazione introdurrà la sessione pomeridiana del venerdì (ore 15/19) dal titolo “Napoli ultima città dell’Ottocento: tra illegalità, criminalità e camorre”.

Che tipo di città è Napoli?

Napoli è una città con una sua originalità rispetto alle altre città italiane ed europee. Il suo centro storico mantiene una caratteristica struttura ottocentesca, in cui, però a differenza di altre città, in cui i poveri si sono integrati attraverso il lavoro e il welfare, qui i ceti bassi sono stati espulsi dal centro verso la periferia e, ancora oggi, convivono ceti sociali molto diversi tra loro. Il che è un bene: l’eterogeneità produce meno violenza dell’omogeneità sociale. Diversamente da Venezia, Roma, Milano, per fare alcuni esempi, il centro storico non è un monumento immobile, qualcosa di morto, ma un centro abitato, vivo e, per questo, attraente.

Il problema è che non c’è stato, negli anni, uno sviluppo economico e sociale capace di integrare i ceti popolari, che sono rimasti esclusi. Non si è data una risposta al disagio e alle emergenze sociali, con il risultato che il ventre di Napoli oggi non è un vero e proprio centro ma più una periferia nel centro. In altre realtà, la periferia è fuori, invece, la particolarità di Napoli è che la periferia è dentro al centro storico, che presenta, così, una popolazione mista ma disintegrata.

Anche la criminalità è un problema sociale?

Dietro al problema criminalità a Napoli, c’è la mancata integrazione del sottoproletariato. Napoli mantiene una forma ottocentesca ma contemporaneamente presenta tre enclavi criminogene, una al centro, che è a tutt’oggi un focolaio di criminalità e violenza, una in periferia, una nell’hinterland. È vero che oggi il centro storico di Napoli attira grandi flussi turistici, molto più che in passato, questo anche perché la città è viva e pulsante. Ma non ci sono stati quegli investimenti e interventi in grado di creare sviluppo e opportunità.

Quali sono le possibili soluzioni?

Le parole chiavi sono integrazione sociale e rinnovamento urbanistico. Bisognerebbe fare di questa originalità napoletana una opportunità, preservando il centro storico con opere di restauro e manutenzione permanenti e, al contempo, ristrutturandolo e innovandolo secondo standard internazionali. Mi riferisco agli spazi verdi, alle opportunità di sport, al rinnovo urbanistico che potrebbe avvenire con politiche diverse di alloggi popolari misti, creazione di residenze universitarie e contenitori culturali.

Cosa si può già fare e che ruolo possono avere i cittadini?

La città si è fatta sfuggire grandi occasioni di sviluppo, ad esempio, quelle del dopo terremoto. Napoli è l’unica città dell’Ottocento in cui da 70 anni non si vede all’opera qualcosa di importante. È ora di sfruttare le sue grandi potenzialità, per farne una capitale culturale ed economica dell’Italia e dell’Europa intera. È ovvio che il Comune da solo non ce la può fare, servono investimenti nazionali ed internazionali e fare esattamente il contrario di quello che è stato fatto finora attraverso una politica urbanistica che ha cacciato via le persone invece di integrarle.

I cittadini possono fare la loro parte, esercitando una pressione perché il centro storico di Napoli sia considerato una questione di tutti ed entri a far parte dell’agenda politica nazionale.

Maria Nocerino