Il Femminismo Ieri e Oggi

ricciardelli tarantinoCosa è stato il femminismo negli anni ’70 e che cosa rappresentano le lotte delle donne oggi? Come è cambiata la società e come sono cambiate le donne? Nella Giornata internazionale delle Donne raccogliamo la storia di due donne impegnate nella lotta e separate da trenta anni di storia. Simona Ricciardelli,  attivista politica e attuale presidente della Consulta delle Donne della Campania nata negli anni 40 e Stefania Tarantino nata negli anni ’70, del collettivo Ada ricercatrice e assistente Universitaria  studiosa delle filosofe del XX secolo, cantante del gruppo Ardesia.


Il Femminismo negli anni ’70 e oggi

Intervista a Simona Ricciardelli 

Simona RicciardelliSimona Ricciardelli, insegnante, militante del movimento delle donne, presiede la Consulta Regionale Femminile della Campania. È stata candidata al Senato nel Partito della Rifondazione Comunista. Si è occupata di maternità e Interruzione Volontaria di Gravidanza (IVG), fondando e coordinando il Comitato per l’applicazione della legge 194, di salute procreativa, antimilitarismo, pace e non violenza, oltre che di memorie e scrittura femminile.

L’esperienza nel Femminismo

L’esperienza del femminismo negli anni’70 mi ha segnato per sempre e non mi sono mai pentita di farne parte. La mia famiglia mi ha educato alla parità con i miei fratelli e mi ha trasmesso il valore dell’emancipazione. Anche mia nonna, una donna molto religiosa diceva sempre “Prima il lavoro e poi il matrimonio”. La mia era una famiglia borghese dove il lavoro era ritenuto fonte di indipendenza prima che di sopravvivenza, una situazione diversa da quella delle donne di classi sociali povere che da sempre lavorano per necessità e si massacrano con il lavoro. Negli anni ’60 sono cresciuta con la consapevolezza di volermi laureare ed essere indipendente al più presto. Poi ho incontrato gli anni ‘70 delle piazze e dei cortei ed ho conosciuto il pensiero di intellettuali forti come Carla Lonzi che già prima del ’68 aveva segnato il pensiero femminista. Il centro della rivoluzione negli anni ‘70 è il corpo della donna, si mette in discussione l’idea della sessualità conservata e della purezza, della maternità come valore assoluto. Con la legge sull’aborto le donne affermano il diritto alla libertà di scelta di essere o non essere madri. In quegli anni mi sono sposata e ho avuto dei figli seguendo il percorso tradizionale della famiglia, ma alla fine degli anni ’70 ho preso coscienza che nella famiglia persistevano forme di patriarcato benché le donne non se ne rendevano conto a pieno. Nel ’75 col nuovo diritto di famiglia c’è l’equiparazione di diritti della madre e del padre, mentre prima l’autorità riconosciuta era quella paterna. Con la legge sui consultori si rivede l’organizzazione della salute delle donne nel senso della prevenzione e della libertà di vivere serenamente, si dà alle donne la possibilità di interloquire gratuitamente con altre donne esperte in un luogo deputato al loro benessere fisico e psichico. Si parla di educazione sessuale, della volontà di avere o non avere figli, di menopausa. Il consultorio diventa un luogo di felicità. Tutto questo porta da una parte alla prevenzione di gravidanze indesiderate e dall’altra al cambiamento di costume tra uomini e donne e al superamento della divisione tra donne “oneste” e “disoneste”. Anche le organizzazioni del lavoro e i sindacati affiancano le donne nella lotta in quegli anni. Negli anni ’80 il femminismo si immerge, forse a causa della crisi economica, forse per lo spegnersi dei movimenti politici. Molte donne pensano di ritornare a fare le casalinghe perché credono che la famiglia opportunamente modificata dia un’opportunità in più. Negli anni ’90 la lotta delle donne riprende, l’idea delle pari opportunità è condivisa e le conquiste delle donne si cristallizzano.

Come sono le donne oggi e quali battaglie sono ancora necessarie?

Oggi le donne sono entrate in tutte le professioni, basti pensare che fino al ’63 non potevano fare il magistrato. D’altra parte non sono riuscite a cambiare la società come si sperava piuttosto ho visto il femminismo assuefarsi alle logiche di potere. Il mio sogno era che se le donne fossero andate al potere il mondo sarebbe andato meglio, invece segnano troppo poco una differenza quando sono al comando. Se negli anni ’70 le donne erano state in grado di portare avanti lotta contro le guerre, la violenza, sono allibita che oggi si schierino poco contro tutte le guerre inutili, il commercio di armi, lo sfruttamento dei più deboli, tranne casi isolati come quello delle donne contro Trump in America. Rosa Luxemburg diceva cose molto più intelligenti contro la guerra di ciò che si dicono oggi.

Le donne nel mondo sono unite oggi dallo slogan “Non una di meno”. Cosa significa?

Nella mia epoca le donne non venivano uccise, venivano recluse, gli venivano tolti i figli concepiti fuori del matrimonio, la “vergogna del corpo femminile che minava l’equilibrio maschile” andava nascosta. Le donne erano schiave in casa e non si ribellavano. Venivano uccise dai mariti solo quando gli uomini volevano liberarsene per farsi una nuova vita mentre il divorzio ha liberato le donne, oltre che gli uomini, in questo senso. Oggi le donne sono molto più avanti: non devono vergognarsi di un figlio senza padre, sono libere di gestire il proprio corpo, di uscire, sono più consapevoli, ma devono stare attente alla violenza maschile. Perché contrariamente al passato oggi le donne si ribellano e per questo vengono uccise molto più di prima, vengono colpite in faccia con l’acido, gli viene dato fuoco. Il problema principale è quello della mancanza di lavoro. Se sono povere e sole sono maggiormente esposte alla violenza maschile. Un’altra trappola è l’eccesso di esposizione mediatica: il loro corpo è ancora usato e abusato sui social.

E gli uomini dove sono nella lotta delle donne?

Non mi piace come si pongono gli uomini nei confronti dei risultati raggiunti grazie al femminismo: sono disorientati da un femminile emancipato e soffrono per questo. Dal loro conto le donne sono indipendenti economicamente e anche sessualmente e biologicamente e scelgono anche di fare i figli da sole. Non vedo più punti di incontro tra donne e uomini perché anche l’amore non è più condiviso. Secondo me il futuro deve prevedere un’alleanza tra uomo e donna.

Come si colloca Napoli nella lotta delle donne?

Napoli sta vivendo una buona stagione femminile, c’è una grande coscienza trasversale, stanno nascendo molti luoghi di aggregazione femminile come la Casa delle Donne ma anche l’OPG e altri beni comuni dove le donne hanno spazio, c’è una buona aggregazione: basti pensare al movimento suscitato ultimamente dalla questione “aborto” infatti Napoli è una città molto attrezzata sull’interruzione volontaria di gravidanza. Le consigliere di parità lavorano intensamente. A 75 anni sono ottimista e mi sento ancora in lotta.

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Le donne oggi tra passato e futuro

Intervista a Stefania Tarantino

stefania tarantinoStefania Tarantino è ricercatrice all’Università Orientale di Napoli e assistente presso la cattedra si Storia della Filosofia dell’Università Federico II. Si occupa soprattutto delle filosofe del XX secolo.  Fa parte della corrente-rivista on line Adateoriafemminista ed è cantante del gruppo Ardesia che ha la finalità di divulgare testi femminili attraverso la musica.

L’esperienza del Femminismo degli anni ‘90

La percezione della diseguaglianza tra donne e uomini l’ho avuta fin da bambina intorno agli 8-9 anni osservando la differenza di trattamento tra ragazzini e ragazzine in famiglia, nei luoghi di socialità, tra gli amici. Ricordo che con un’amica in adolescenza abbiamo fatto un lavoro insieme per scardinare la dinamica familiare per cui il fratello non aiutava a casa e poteva uscire quando voleva e lei no. Alla fine ottenemmo  che anche lui si dovesse fare il letto e che lei potesse uscire. Crescendo mi resi conto che non mi riconoscevo nei saperi che la scuola mi trasmetteva. Mi iscrissi a Filosofia negli anni ’90 subito dopo i movimenti della Pantera e dal momento che anche all’Università il sapere trasmesso era essenzialmente di stampo maschile costruii insieme ad altre donne il gruppo di studio Frammenti in cui leggevamo testi di donne da “Le tre ghinee” di Virginia Woolf a “Cassandra” di Christa Wolf  ai libri di Marguerite Duras. Quando mi trovai a studiare la Fenomenologia dello Spirito di Hegel facendo delle ricerche trovai “Sputiamo su Hegel” di Carla Lonzi e scoprii il suo pensiero attuale ancora oggi. In quegli anni c’era la consapevolezza che ciò che le nostre madri avevano fatto prima non era scontato e che bisognava sempre vigilare sui diritti conquistati, non abbassare mai la guardia. In seguito ho sempre fatto parte di collettivi, lavorando sulla ricerca di nuovi linguaggi, cercando di sradicare il machismo interno alle donne stesse che crescendo in un mondo fatto dagli uomini a misura d’uomo ne sono imbevute talvolta inconsapevolmente. Perciò è necessaria la “decolonizzazione dal patriarcato” all’interno della donna stessa come dice Carla Lonzi.

Come sono le donne oggi e quali battaglie sono ancora necessarie?

Le lotte degli anni ‘70 per la giustizia, l’autonomia e la libertà sono assolutamente servite al riconoscimento di diritti fondamentali. Noi nate negli anni ’70 ci siamo trovate  a vivere in una società dove c’è un’uguaglianza giuridica, sociale e politica, sul piano simbolico. Oggi una donna ha lo stesso diritto di un uomo a lavorare, uscire la sera, senza essere giudicata perché donna. Ma l’uguaglianza sul piano concreto non è pienamente raggiunta e la società è tutt’ora segnata dal machismo: basti pensare che a parità di mansione gli stipendi di donne ed uomini non sono uguali e non c’è stata una modifica dell’impianto lavorativo, costruito dagli uomini per gli uomini, nel senso delle esigenze femminili. Le donne hanno esigenze biologiche diverse dagli uomini: hanno il ciclo, diventano madri. Pertanto bisogna raggiungere l’uguaglianza nella differenza. Se nel 2017 fai un colloquio e ti chiedono “Hai intenzione di fare figli?” o diventa un caso quello di una donna assunta benché incinta significa che siamo lontani dall’uguaglianza. Allo stesso tempo non si è riusciti a scalfire la radice dell’impianto culturale patriarcale e bisogna fare un grande lavoro sui saperi, sui linguaggi, per scardinare la tradizione teologico politica che vede ancora la donna passiva.

Le donne nel mondo sono unite oggi dallo slogan “Non una di meno”. Cosa significa?

La brutalità maschile in Argentina ha sollevato l’indignazione e il grido unito delle donne. Da questo è nato il movimento “Ni una menos” che in breve è diventato internazionale. Significa che oggi tanti nodi irrisolti sono venuti al pettine. A dimostrarlo un’incredibile violenza maschile ovunque. E’ come se il patriarcato non accettasse i cambiamenti che hanno portato all’indipendenza femminile e reagisse con la violenza. Ma se la violenza fisica, cruenta, è più visibile, ci sono tantissime forme di violenza subdole. Ad esempio il fatto che una donna sia pagata meno è una violenza. Che una donna sia messa di fronte all’out out di fare la manager lavorando 10 ore al giorno o di fare la madre è una violenza. Il fatto che una donna non possa uscire liberamente di sera perché può essere infastidita o aggredita è una violenza.

E gli uomini dove sono nella lotta delle donne?

Penso che gli uomini debbano fare un loro percorso di autocoscienza, come le donne hanno fatto da sempre. La liberazione dal modello patriarcale che li vuole virili, machi riguarda anche loro. E’ importante che gli uomini si rendano conto che la profonda ingiustizia politica, sociale, storica è anche un loro problema e che sentano l’esigenza di raggiungere una giustizia per tutti e per tutte. Per un uomo stare con una donna consapevole e non sottomessa dovrebbe essere un motivo di dignità. Credo che gli uomini debbano fare un lavoro con gli altri uomini e in relazione con le donne, cercando di mettersi in ascolto, invece di voler parlare per le donne come avviene in certi casi. Ci sono ancora molti uomini che attaccano le donne per mantenere una posizione di supremazia. Basti pensare all’euro deputato polacco che ha detto: “Le donne sono meno intelligenti e devono guadagnare di meno”.  Il fatto che l’Euro Parlamento abbia preso disposizioni contro il deputato sospendendolo è positivo perché 70 anni fa non sarebbe successo. Tuttavia dobbiamo ancora lottare pretendendo che un politico del genere sia licenziato poiché può rappresentare nessuno benché mai le donne.

Come si colloca Napoli nella lotta delle donne?

A Napoli La casa delle donne è un punto importante per la comunità delle donne, perché è un luogo dove si fa politica delle donne, e tutto il sapere mancante nella cultura patriarcale viene condiviso con letture, incontri, momenti di riflessione. Così sono importanti consultori, centri antiviolenza, luoghi di aggregazione e condivisione dove le donne possano sentirsi protette e agire liberamente i cambiamenti della loro vita. Una priorità assoluta è raggiungere l’autonomia economica delle donne, obiettivo ancora lontano soprattutto nelle fasce più deboli. Infatti se le donne non hanno i soldi per andare via di casa accettano una situazione di violenza. Bisogna creare più servizi per le donne e i bambini dai nido, agli asili, al tempo prolungato a scuola. Là dove le donne sono ancora divise tra due fardelli: vita materiale e vita professionale bisogna fornire i servizi e luoghi dove la vita materiale sia alleggerita. E infine si deve rendere il vissuto della città più sereno con illuminazioni, controlli, affinché le donne possano circolare serenamente per strada di giorno e di notte.

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