L'Italia omofobica e sessuofobica

Antonello Sannino, presidente di Arci Gay Napoli, racconta il dramma di un paese rimasto indietro 

antonello sanninoAll'indomani della Giornata Nazionale contro il Bullismo e il Cyberbullismo a scuola incontriamo Antonello Sannino, presidente di Arci Gay Napoli, per parlare degli innumerevoli progetti e percorsi formativi contro la Discriminazione, il Bullismo e il Cyberbullismo voluti dal Miur e curati in Campania da Arcigay Napoli e Arcigay Vesuvio Rainbow.

E' tuttavia una Scuola e una Società a due velocità quella che ci racconta Sannino: quella delle associazioni e di insegnanti di buona volontà e grande coraggio e, dall'altra parte, quella di una politica e una cultura arretrate che vogliono portare indietro l'Italia a prima degli anni '70.

Martedì 7 febbraio, si è celebrata la prima Giornata Nazionale contro il Bullismo e il Cyberbullismo a scuola dal titolo “Un Nodo Blu - le scuole unite contro il bullismo”.Un’iniziativa fortemente voluta dal MIUR nell’ambito del Piano nazionale per la prevenzione degli abusi tra i giovanissimi. L’evento è legato alla Giornata Mondiale per la Sicurezza in Rete istituita e promossa dalla Commissione Europea che, giunta alla sua XIV edizione, quest’anno si celebra in contemporanea in oltre 100 Paesi per far riflettere le ragazze e i ragazzi sull’uso consapevole della Rete e sul ruolo attivo e responsabile di ciascuna e ciascuno nella realizzazione di Internet come luogo positivo e sicuro. E proprio ieri sono iniziati i percorsi di formazione rivolti agli studenti delle scuole che hanno aderito alla Rete Nazionale contro la Discriminazione, il Bullismo e il Cyberbullismo. La creazione di queste Reti è stata promossa dal MIUR e dall’UNAR-Ufficio Nazionale Antidiscriminazione Razziale e coinvolge un centinaio di scuole in tutta Italia e dieci in Campania. I percorsi di formazione sono attuati, nella nostra Regione, da volontari e professionisti che da anni realizzano, con Arcigay Napoli e Arcigay Vesuvio Rainbow, interventi strutturati e non strutturati all’interno delle istituzioni scolastiche.

Ci può parlare di come sono attivati i percorsi in Campania?

Le scuole campane che hanno aderito alla Rete Nazionale sono: Liceo Scientifico Statale “Caccioppoli” di Napoli; Liceo Artistico Statale “De Chirico” di Torre Annunziata; Istituto Superiore “Casanova” di Napoli; Istituto Comprensivo “Fava Gioia” di Napoli; Istituto Comprensivo “Alfieri” di Torre Annunziata; Istituto Comprensivo “Parini Rovigliano” di Torre Annunziata I.P.S.E.O.A. “Cavalcanti” di Napoli. Queste scuole si sommano alle altre diciotto napoletane che, tra il 23 e il 27 gennaio, nel complesso monumentale di San Domenico Maggiore, hanno incontrato i rappresentanti delle Istituzioni e di Arcigay per ricordare il valore della memoria come antidoto necessario all’odio e alla violenza dello stigma e dell’esclusione. I percorsi formativi prevedono la presenza di sociologi, counselor, psicologi e volontari dell'associazione che saranno testimoni di esperienze di discriminazione. In ogni scuola aderente si terranno 4 incontri di 2 ore ciascuna con un gruppo classe di massimo 40 ragazzi: i primi tre incontri sono di formazione e poi ci sarà un'assemblea conclusiva con tutti i ragazzi della scuola in cui il gruppo classe presenterà un video prodotto dai ragazzi in cui vengono spiegati i temi appresi. Già dai primi incontri abbiamo potuto verificare la sensibilità di dirigenti e docenti referenti dei percorsi che già stanno lavorando su certi temi con i ragazzi e ai quali è doveroso riconoscere il merito di aver intercettato l'urgenza formativa degli adolescenti, cogliendo il senso profondo ed autentico di una scuola che sia luogo fondamentale in cui narrare ed esperire il rispetto di ogni identità.

Qual è la finalità del progetto?

La finalità è duplice poiché riguarda due progettazioni: da un lato la costruzione della Rete nazionale delle scuole nel contrasto alle discriminazioni di ogni tipo e poi una progettazione specifica sul Cyberbullismo un tema molto sentito nelle scuole. La finalità primaria dei percorsi è la prevenzione delle discriminazioni attraverso lo sviluppo, nei discenti, di un atteggiamento di rispetto per le persone dai differenti orientamenti sessuali e affettivi. Gli studenti saranno guidati a sviluppare le capacità di riconoscere e valorizzare le differenze dell’essere uomini e donne come risorsa fondamentale nella crescita individuale, sociale e culturale della società.

La Scuola è pronta ad accogliere queste opportunità di crescita per i ragazzi?

Se da un lato registriamo la sensibilità degli insegnanti e dei dirigenti che partecipano ai percorsi, dall'altro verifichiamo che c'è anche paura da parte di alcuni dirigenti delle reazioni dei genitori. Ad esempio qualche scuola ha avuto problemi a ricevere la liberatoria che dovevano rilasciare i  genitori per far apparire i figli nel video contro il cyberbullismo, conclusivo del percorso. Ciò che ha spinto i genitori a non firmare è che sul foglio della liberatoria, accanto al simbolo del Miur, ci fosse quello delle associazioni gay. Si tratta di una paura violenta e irrazionale alimentata da un modo di fare politica demagogico e  populista che vuole affossare le teorie di genere sviluppate negli ultimi 50 anni. La logica distorta con la quale si stigmatizza la presenza dei migranti dicendo che "tolgono il lavoro agli italiani" è la stessa che troviamo alla base dell'interrogazione alla Commissione Rai per la scena omosessuale nella serie dei "Bastardi di Pizzofalcone". Si tratta di una strumentalizzazione politica di chi vuole creare un elettorato facile a colpi di terrorismo culturale e ideologico alimentando la paura del diverso, un elettorato che evidentemente non si riesce a creare con i fatti poiché non si ha la capacità di fare politica reale costruendo opportunità, miglioramenti sociali, posti di lavoro.  

Eppure l'unico modo di cambiare questa arretratezza culturale è proprio con la Scuola…

Proprio così. Noi andiamo nelle scuole per contrastare l'odio e spiegare come rompere i meccanismi alla base della violenza. Non ci si rende conto che fare leva sulle paure irrazionali dei genitori, così come su quelle dei cittadini, significa bloccare il percorso virtuoso di emancipazione e di liberazione che può aiutare i tantissimi ragazzi a vivere serenamente e ad evitare tragedie. Ogni volta che facciamo un intervento nelle scuole sono decine i ragazzi che ci scrivono per chiederci aiuto a gestire il rifiuto della loro identità da parte della famiglia piuttosto che episodi di bullismo. Si tratta di ragazzi che se non interveniamo resterebbero soli. Spiego sempre che tra le discriminazioni quella sessuale è quella che isola di più: se un ragazzo nero riceve un'offesa razzista come "Sporco negro" torna a casa e lo racconta ai genitori, se un ragazzo con un'identità sessuale diversa viene discriminato si chiude in se, non lo racconta a nessuno. I dati del bullismo omofobico sono drammatici: quasi la metà dei ragazzi che si tolgono la vita lo fa per problemi legati alla propria identità sessuale perché si sente preso in giro, non accettato in famiglia; un adolescente omosessuale ha un rischio 10 volte superiore rispetto agli altri di suicidio. La Scuola è una delle strategie principali per sconfiggere le discriminazioni: bisogna costituire una cultura dell'inclusività, insegnando a guardare le differenze come fonte di ricchezza. Fino a 50 anni fa a Scuola ti legavano la mano se eri mancino dicendo che la "mano sinistra è la mano del diavolo". Oggi ridiamo di questa pratica assurda. Spero che tra 50 anni fa rideremo delle discriminazioni che ci sono oggi.

Si parla di educazione alle differenze di orientamento sessuale, ma in un'Italia dove la maggior parte delle donne non lavora e sono  tantissimi i femminicidi non crede che ci sia anche un grave problema di discriminazione delle donne?

Il bullismo legato al genere riguarda sia omosessuali che donne:" femminello, femminuccia, femmina", si tratta di  discriminazioni legate a logiche di potere machiste. Basti pensare alla dispersione scolastica delle ragazzine determinata dai fidanzati che le vogliono recluse in casa. La tecnologia ha paradossalmente determinato una regressione sociale: il cellulare è diventata un'arma di controllo, un braccialetto elettronico usato dai ragazzi per verificare passo per passo le ragazzine attraverso le coordinate gps o le istantanee, tanto che alla fine a causa della gelosia del compagno lasciano la scuola. Purtroppo la tecnologia informatica che ormai è accessibile a tutti è diventato il principale strumento di ricatto e violenza tra i giovanissimi.

Che fine ha fatto la rivoluzione sessuale?

Siamo in una società ancora molto maschilista. Probabilmente la società era più evoluta negli anni '70 e abbiamo fatto clamorosi passi indietro rispetto all'autodeterminazione della propria identità e alla libertà di conoscenza. Nella scuola italiana dove è ancora in vigore la circolare che vietò non solo la distribuzione dei preservativi a scuola, ma anche l'uso della parola "preservativo". La società italiana, profondamente clericale, è sessuofobica: il sesso è visto come peccato, si pensa ancora che la masturbazione porti alla cecità. Basti pensare che pochi decenni fa il Vaticano fu l'unico stato europeo a non votare la moratoria contro la pena di morte per gli omosessuali unendosi ad Iran, Iraq e altri paesi dove c'è integralismo religioso. Eppure proprio nella chiesa ci sono tantissimi omosessuali repressi. Come messo in luce dalle teorie del "minority stress" e dell' "omofobia interiorizzata" di Lingiardi le persone più violente ed omofobe sono proprio quelle che hanno problemi profondi e irrisolti con la propria sessualità.

Crede che l'educazione alla sessualità sia ancora un argomento tabu a scuola?

Il problema è che anche se si fanno progetti specifici i progetti finiscono, mentre l'educazione ai sentimenti, ad una sessualità consapevole e il contrasto alle discriminazioni e al bullismo dovrebbero rientrare nei piani di studio poiché il primo diritto dei ragazzi dovrebbe essere il diritto alla conoscenza di ciò cui vanno incontro nella vita.  I ragazzi adolescenti, piaccia o no agli adulti, fanno sesso, ma spesso lo fanno senza riflettere, senza legame con l'affettività o considerando le compagne un oggetto sessuale, da recludere o controllare con lo smat phone. Ed è la sessuofobia degli adulti, della famiglia e della scuola in cui non si affrontano questi temi in modo adeguato, a generare drammi. Penso ad un ragazzo omosessuale giunto in associazione poco più che maggiorenne affetto da Hiv che non vuole curarsi o ad un ragazzo incontrato in una scuola convinto che essendo eterosessuale non può contrarre l'Hiv sebbene non utilizzi il preservativo. Penso, ritornando al machismo, al fatto che molti ragazzi considerano "puttana" una ragazza che ha in borsa i preservativi. Un ragazzino ha diritto alla conoscenza dei rischi fisici, psicologici ed emotivi di una sessualità non consapevole. E' per questo che l'associazione dei sieropositivi va nelle scuole a parlare agli studenti di come si contrae il virus che colpisce sempre più giovani sia etero che omosessuali.  E' per questo che continuiamo ad affrontare con coraggio questi temi nonostante le difficoltà e l'avversione della politica bigotta.

In città è emergente il problema delle baby gang, la stessa Arci Gay ne è stata vittima…

Si, siamo alla quarta denuncia perché quasi quotidianamente siamo minacciati fuori la sede di Arci Gay in vico San Geronimo da una baby gang formata da 10 ragazzini con un'età massima di 14 anni armati di mazze e cacciavite. E c'è anche un'interrogazione parlamentare per un bossolo trovato fuori la nostra porta. Abbiamo fatto varie richieste al Comune di incrementare l'illuminazione, posizionare una videocamera e rimuovere i paletti illegali posizionati probabilmente dai genitori di qualche bambino della gang per parcheggiare abusivamente l'auto. Non so cosa si sta aspettando per intervenire. E' chiaro che sono ragazzini e che la responsabilità è degli adulti, ma sono pericolosi perché sono fuori controllo e imprevedibili perché pensano che possono agire senza che nessuno faccia nulla. Ad esempio i ragazzi che sistematicamente vanno fuori i locali gay a prendere in giro le persone dicono: "Tanto che mi fai a me", segno che i bulli spesso hanno la consapevolezza molto chiara di ciò che stanno facendo. L'educazione alla violenza è alla base della loro vita in famiglia, il ricatto con una foto sul cellulare è all'ordine del giorno. Dietro questo agire c'è un vuoto sentimentale ed educazionale: non hanno un quadro di valori definito, non sanno cosa fare nelle loro giornate e scelgono di prendersela con senza dimora, omosessuali, opere pubbliche e piante.

Le forze dell'ordine fanno abbastanza?

Forze dell'ordine intervengono subito, ma per limitare il danno, quando per le vite dei ragazzi è già troppo tardi. E' importante il presidio del territorio, ma non può la città diventare uno stato di polizia se no  la violenza cresce di più. Il problema principale sono i grandi motori della vita: la famiglia, la scuola, il tempo libero, le amicizie. E' là che bisogna intervenire. Bisognerebbe fare qualcosa contro la dispersione scolastica e fuori della scuola: basti pensare che spesso dinamiche omofobiche e di bullismo si creano anche in contesti sportivi macisti come quelli degli Ultrà. La situazione è estremamente complessa. Bisogna lavorare quotidianamente per far capire che la vita non è un gioco di "uapparia" a chi è il più forte, avvicinando i ragazzi alla bellezza. L'educazione alla non violenza, all'uguaglianza e al contrasto alle discriminazioni e al bullismo non deve dipendere dalla sensibilità delle amministrazioni comunali o dei dirigenti scolastici, deve rientrare nelle attività curriculari.

Alessandra del Giudice