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venerdì 29 Marzo 2024




I servizi per l'infanzia e l'adolescenza

Il presente e il futuro di Napoli a rischio

pasquale calemmeBaby gang, dispersione scolastica, baby mamme e adolescenti dietro le sbarre. Napoli città più giovane d'Italia e forse con l'infanzia più a rischio dello stivale, eppure proprio l'area più fragile e bisognosa di sostegno ha subito un disinvestimento di risorse da parte dell'amministrazione comunale.

Ne parliamo con Pasquale Calemme, presidente del Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (CNCA) della Campania e presidente della cooperativa “Il Millepiedi”, impegnata nel settore socio sanitario ed educativo attraverso la creazione e la progettazione di servizi per minori e dipendenze.

Sono diverse le realtà sociali napoletane che hanno denunciato la drastica riduzione delle risorse per il Welfare nel Bilancio Comunale, quale è la sua posizione?

Credo che il problema sia che fino ad ora non c'è stato un confronto dell'assessorato con le realtà sociali mentre nella passata giunta si concordava di affrontare insieme i bisogni, i temi, le risorse disponibili. Aver letto delle intenzioni e decisioni del Comune di Napoli dai giornali fa pensare che le scelte non derivano da un confronto con le parti sociali. Non si può non evidenziare che è in atto una contrazione delle risorse per il sociale, mi sembra restino scoperti dei servizi essenziali, altrimenti non si spiegherebbe tanta autorganizzazione, penso all'assistenza domiciliare, all'accompagnamento scolastico, mantenute in piedi grazie alle associazioni dei familiari o alle advocacy sulle disabilità. L'impegno pubblico deve essere nei confronti dei bisogni e della fragilità delle persone, mentre a Napoli la situazione è drammaticamente grave.

I tagli ricadranno anche sulle case di accoglienza?

No, non direttamente. Per quanto riguarda le comunità di accoglienza, nel momento in cui si allontana un minore dalla famiglia collocarlo è un obbligo del Comune imposto dal Tribunale, si tratta di un servizio essenziale su cui non si possono operare tagli. Annualmente sono circa 400 i minori napoletani collocati in tutta le Regione negli istituti convenzionati con il Comune, questo fa parte dell'ordinario, mentre per quanto riguarda i minori stranieri non accompagnati dipende dall'interazione tra Comune e Ministero.

Negli ultimi anni tuttavia le comunità di accoglienza da un lato hanno subito gravi ritardi nei pagamenti, dall'altro non sempre hanno dimostrato di avere i requisiti minimi per accogliere i minori…

Se prima c'era un ritardo anche di 4, 5 anni, oggi permane un ritardo di circa 1 anno e mezzo. Non si può negare il lavoro dell'amministrazione, per aggiornare i criteri di controllo della qualità dei servizi e per formalizzare la procedura di collocazione, d'altra parte era un azione imprescindibile visto che il Comune era stato sanzionato proprio per la cattiva gestione dei Centri d'accoglienza. Oggi tutte le comunità devono rispondere a criteri minimi di qualità, benché non ci sia differenza di premialità tra una comunità valutata tra le prime e l'ultima della lista che garantisce gli standard minimi.

 

Con il Millepiedi gestisce un servizio socio educativo territoriale. Secondo lei le educative territoriali riescono a soddisfare il fabbisogno di sostegno all'infanzia delle periferie?

Le educative si svolgono nel tempo extra scolastico, ma spesso sono ospitate nelle strutture scolastiche e spesso interagiscono con le scuole impegnando i bambini in diverse attività laboratoriali, fungendo da integratori dell'agio e del disagio. Si tratta di un sostegno educativo che è ben accetto dalle famiglie, sopratutto da quelle che non hanno la possibilità di pagare corsi e laboratori privati ai figli.
Il Millepiedi gestisce l'educativa territoriale nella periferia nord-est tra Poggioreale e San Pietro a Patierno, al confine tra Casoria e Ponticelli, presso un plesso scolastico dove seguiamo 48 minori. Oggi nella periferia nord-est c'è un centro dove prima ce ne erano 2, se prima si potevano seguire 90 ragazzi, oggi se ne seguono la metà. La razionalizzazione attuata a gennaio 2014 ha ridotto da oltre 30, uno per quartiere, a una ventina i lotti dell'educativa nella città. A gennaio 2014 dunque i due centri periferici di Poggioreale e San Pietro a Patierno sono stati tagliati e sono rimasti in piedi solo due educative delle due municipalità dunque le educative per quell'area sono state dimezzate. Poi a gennaio 2016, ci si è resi conto del fabbisogno, e sono stati reintegrati dei lotti che tenevano conto delle periferie, quindi nel nostro caso è stato reintegrato una sola educativa per la periferia nord-est. Oggi in periferia c'è un fabbisogno superlativo di assistenza per i minori che non viene soddisfatto a pieno.

Come mai si sono tagliati i centri educativi proprio in periferia?

Le educative oggi hanno dignità di servizi e hanno una continuità nel tempo poiché sono finanziate con fondi ministeriali, non da bilancio comunale, con la legge 285 o 328. Il problema è che i fondi trasferiti sono sempre di meno anche perché la Regione non aggiunge risorse da parte sua. Sia quelli da bilancio comunale che quelli trasferiti hanno subito una contrazione.
Rispetto alle periferie è previsto un intervento nazionale per il contrasto alla povertà educativa. Si tratta di 400 milioni da ripartire per il prossimo triennio tra le regioni italiane, ma non sappiamo se saranno distribuiti a pioggia o con focus specifici in alcune regioni. Ovviamente ogni lavoro sociale deve avere come caratteristica la continuità e tempi lunghi di maturazione per trovare la soluzione ai problemi.

Cosa pensa dei Punti Famiglia creati dall'assessorato al Welfare?

 

I punti famiglia sono uno per Municipalità e sono stati creati per accorpare una serie di servizi che non ci sono più, come l'adozione sociale, l'accompagnamento reddito aggiuntivo, il tutoraggio familiare. Si tratta di servizi che prima erano di prossimità, ad esempio il tutoraggio familiare, che non c'è più da dicembre 2015, prevedeva operatori che si recavano presso i nuclei familiari con un azione di rinforzo e recupero delle capacità genitoriali, così come l'adozione sociale che non c'è più dal 2013 prendeva in carico le donne nei primi mesi di vita accompagnandole alla genitorialità.
Con il Millepiedi per 10 anni ci siamo occupati dell'adozione sociale e del tutoraggio familiare nella municipalità Napoli Nord di Secondigliano- Miano, e ad esempio siamo riusciti a fare un buon lavoro con le mamme formando un gruppo di auto aiuto di donne seguite da una terapeuta. Quella del tutoraggio familiare e dell'accompagnamento alla genitorialità era una visione avanzata che purtroppo non esiste più. Quei servizi che pure erano insufficienti a soddisfare il fabbisogno, oggi sono insostenibili economicamente. Io credo che al di là delle visioni progettuali c'è la scelta del contenimento della spesa sociale: l'assistenza alle famiglie, la prima infanzia, l'educativa sono servizi che hanno subito tutti tagli o razionalizzazioni.

Come si traduce questa scelta in termini di rapporto tra operatori e famiglie?

I punti famiglia, uno per municipalità, sono finalizzati a creare centri di riferimento fisici e stabili dunque più facilmente controllabili e gestibili. Tuttavia con questo nuovo sistema sono le famiglie che devono recarsi nei centri, non più gli operatori che scendono in strada ad intercettare i bisogni.
Credo che i servizi di prossimità siano più flessibili e dunque più difficili da gestire per l'amministrazione comunale: chi scende in strada va ad incrociare una infinità di bisogni nascosti a cui bisogna dare delle risposte che evidentemente l'amministrazione non avrebbe modo di risolvere. 

Tirando le somme, come valuta i servizi per l'infanzia a Napoli?

C'è un bisogno di sostegno, in parte invisibile, in parte chiaro ma comunque non soddisfatto a pieno dai servizi pubblici, che richiama al senso di responsabilità delle comunità, del volontariato e delle parrocchie.
Che i servizi per l'infanzia e l'adolescenza non siano sufficienti, lo dicono i dati sulla dispersione scolastica, sui minori negli istituti penali, sulla disoccupazione femminile. E' risaputo che, anche dal punto di vista della spesa sociale oltre che rispetto all'incidenza sulle vita delle persone, sarebbe molto meglio intervenire nella primissima infanzia, eppure si taglia sui progetti di sostegno alla genitorialità, non ci sono asili nido a sufficienza. Di queste mancanze il Comune dovrebbe farsi carico da un punto di vista legislativo e morale.

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