Volete proteggere i ragazzi dai pericoli del web? Iscrivetevi a Facebook

computer 1185626Qual è il rapporto tra i giovani e il web? Cosa preoccupa i loro genitori e professori? Mentre i dati ci dicono che la sicurezza online dei ragazzi è un argomento ancora caldo e che  i casi di cyberbullismo e cybercrime sono moltissimi, a Napoli si è tenuto un incontro sul tema che si è rivelato davvero interessante. Ne parliamo con Francesco Marrazzo, classe 1984, dottore di ricerca in Sociologia e ricerca sociale all'Università degli Studi di Napoli.

Lo scorso 26 febbraio al Dipartimento di Scienze Sociali della Federico II si è discusso di "Disagio al Plurale" in un incontro/dibattito  sui rischi individuali e sociali delle nuove generazioni. L'iniziativa, promossa con la III Municipalità che sta portando avanti il progetto "Una M.A.N.O. per tutti", era incentrata sui giovani e il loro rapporto con le tecnologie, i social network e la rete coinvolgendo sia l'Università che le scuole superiori del territorio come il Liceo Sbordone, l'Istituto Tecnico e quello Professionale. Dopo l'introduzione di Giuliana di Sarno, presidentessa della III Municipalità e di Enrica Ammaturo, Direttrice del Dipartimento di Scienze Sociali, si sono avvicendati negli interventi Luca Bifulco, Amalia Caputo, Fabio Corbisiero, Roberto Fasanelli, Lello Savonardo, Pina Conte, le docenti - referenti delle scuole coinvolte nel progetto e Francesco Marrazzo, classe 1984, dottore di ricerca in Sociologia e ricerca sociale all'Università degli Studi di Napoli e autore di "Deciders - Chi decide sulla Rete" (Edizioni Libreria Dante & Descartes, € 14,00). Proprio con lui abbiamo deciso di fare quattro chiacchiere sul rapporto tra giovanissimi e sicurezza online.

Si parla tanto di cyberbullismo, ma spesso e volentieri ci si concentra su una prevenzione punitiva: i dati pubblicati  ultimamente da Norton Cyber Security Insights Report  ci dicono, ad esempio, che il 92% dei genitori italiani si dice preoccupato della sicurezza online dei propri figli ma le misure più utilizzate dai genitori sono le limitazioni all’accesso ad alcuni siti web (53%) e alle informazioni che postano su di loro sui propri social network (51%), insieme a quelle che i loro figli possono condividere con le loro cerchie di amici online (47%). Cosa ne pensa?

Il rischio e la prevenzione sono un punto di vista ma bisogna anche concentrarsi sulla gestione del cyberbullismo, senza paura o timore. C'è stata una docente che mi ha chiesto, ad esempio, come capire se un ragazzo ne è vittima e come controllare questo genere di avvenimenti. In questi casi chiedere ad un giovane di accedere al suo profilo per controllare cosa succede, domandare le password o limitare l'accesso al web, è estremamente dannoso perché viola sia la privacy che la fiducia nelle sue capacità. Più utile, è, invece, essere online in prima persona, conoscere gli strumenti messi a disposizione dai social network per segnalare episodi del genere, sapere come agisce la Polizia Postale e via dicendo. Poniamo poi il caso di un ragazzo che deve gestire un attacco ricevuto attraverso una pagina denigratoria creata su Facebook: non ha bisogno d'aiuto solo dal punto di vista ma anche emotivo.

Ci sono episodi o tematiche ricorrenti emerse durante l'incontro?

La cosa più segnalata non sono stati esempi di cyberbullismo, magari con storie personali come ci si poteva immaginare; a preoccupare molto i docenti, è, invece, il fenomeno del sexting (contrazione delle parole "sex" e "texting", indica lo scambio di messaggi privati dall'esplicito contenuto sessuale via whatsapp, messenger, altre chat o applicazioni). I punti di dibattito diventano, allora, due: il primo è cercare di non demonizzare questa pratica perché è un modo dei giovani per avvicinarsi alla sfera sessuale; in secondo luogo c'è, ovviamente, la necessità di informare i ragazzi della possibilità che tali contenuti vengano diffusi in altri contesti. Molti sono, infatti, i casi in cui si verificano dei fenomeni di persecuzione di uno dei due ragazzi coinvolti nella discussione proprio perché il materiale è stato inviato ad altri o reso pubblico.

Come hanno reagito i partecipanti al dibattito?

Le docenti erano molto incuriosite, i ragazzi, invece, più reticenti a parlare anche se molto interessati a capire, saperne di più. Di base questo appuntamento ha confermato le teorie di Danah Boyd, ricercatrice americana che si è occupata dei "nativi digitali" e del loro vivere in un contesto che tiene insieme offline e online, senza separazione come accade, invece, agli adulti.

Cosa dicono questi studi?

Che i ragazzi possono saper utilizzare i social network e la rete meglio degli "adulti" e avere il know how tecnico, ma relazioni, concetti, etica, capacità morale di gestirne le implicazioni sono cose diverse. C'è bisogno, allora, del sostegno dei grandi, che siano genitori o professori. E di questo non si può parlarne solo in termini astratti o concettuali, non ci si può nascondere dietro il "tu sai usare il computer meglio di me" o "sei tu a dovermi insegnare come si fa". Se si vogliono supportare e proteggere i giovani, bisogna iscriversi a Facebook, capire come utilizzarlo, quali sono le dinamiche.

Ci saranno altri incontri sul tema, allora?

Il Dipartimento e la III Municipalità sicuramente continueranno a lavorare sul tema. Per quanto mi riguarda, invece, continuerò a portare in giro il mio libro "Deciders - Chi decide sulla Rete" anche nell'ottica di una seconda edizione che avrà un'aggiunta proprio sui giovani e l'uso dei social network.

Raffaella R. Ferré