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venerdì 19 Aprile 2024




Droghe e alcol in aumento tra i giovani

Ciro Bianco, direttore dell’associazione Il Pioppo: “I consumi stanno cambiando e anche le comunità devono mettersi in discussione”

Ciro BiancoL’alcol è un fenomeno in aumento tra i giovanissimi, ma non solo. A spiegarlo è Ciro Bianco, direttore dell’associazione Il Pioppo, che gestisce a Somma Vesuviana una comunità terapeutica. Affrontiamo con lui il problema dell’abuso di sostanze e di alcol, tema quanto mai attuale dopo gli ultimi fatti di cronaca accaduti in Campania, a partire dalla tragedia avvenuta a fine luglio sulla tangenziale di Napoli.

Dal suo osservatorio, in questi ultimi anni come è cambiato lo scenario?

Negli ultimi 17 anni, da quando cioè io lavoro in comunità, è cambiato tutto. Sono cambiati i bisogni, le esigenze, ma soprattutto le persone. Faccio un esempio pratico: negli due, tre anni ultimi anni, si è manifestata in maniera sempre più evidente una richiesta di aiuto per la dipendenza da alcol. Oggi su 30 posti residenziali in comunità, 10 sono occupati da persone con questo problema. L’età media è molto elevata, sui 45 anni. Si tratta di persone che molto spesso vengono dalla credenza popolare che bere un bicchiere di vino in realtà possa fare solo bene e invece si ritrovano a cadere in questo tunnel.

E gli altri ospiti della comunità che tipo di problematiche hanno?

Gli altri si dividono tra persone che hanno il problema della cocaina e chi ha non solo un problema ma vari problemi, quelli che noi chiamiamo ‘poliassuntori’, chi ha la cosiddetta ‘doppia diagnosi’, cioè oltre alla dipendenza da sostanza ha anche problemi di natura psichiatrica, chi ci è stato affidato perché viene dal carcere.

In altre parole non c’è un solo consumo, ma vari?

Esattamente. Nella maggior parte dei casi, arrivano da noi persone che hanno diverse dipendenze, interconnesse tra loro. Questo rende tutto molto complesso, al punto tale che anche noi come comunità siamo costretti e mettere in discussione i nostri modelli.

Sta dicendo che oggi anche le comunità sono in crisi…in che senso?

Beh, la comunità riabilitativa-terapeutica è nata come istituzione intorno agli anni ’70-’80, quando la droga più frequente era l’eroina. E i giovani venivano accolti seguendo un certo approccio. Oggi, di fronte a fenomeni come il ‘policonsumo’ e la ‘doppia diagnosi’, anche noi dobbiamo ripensare ai nostri approcci, rivedere le nostre procedure, rivisitare le nostre stesse competenze che vanno sempre più integrate ed aggiornate per dare risposte diversificate e specifiche a seconda del problema e della persona che si ha di fronte.

Cosa si dovrebbe fare per cambiare le cose, allora?

Una soluzione sarebbe quella di tendere a modelli ‘specialistici’, basati soprattutto sulla formazione di figure professionali specifiche che siano all’altezza della situazione, capaci cioè di rispondere alla grande eterogeneità di problematiche che si presentano. Vanno diversificati non solo le competenze e le risposte ai problemi, ma anche i linguaggi: bisogna anche saper interagire con le persone che ci ritroviamo di fronte. Poi c’è un problema che può essere risolto solo a livello burocratico ed è quello dell’accreditamento che dipende della Regione Campania. Quello che già sta cambiando nel nostro quadro di orientamento e nella nostra operatività, cioè, dovrebbe essere tradotto in regolamenti, in procedure da attivare, in ‘moduli’ da far rispettare, prima l’accoglienza con l’osservazione e l’orientamento attraverso un lavoro di èquipe integrata, poi la risposta diversificata a seconda del problema. Senza considerare che l’ASL napoletana ci paga la retta più bassa d’Italia: siamo sui 40 euro a fronte di una retta di circa 60 euro in Basilicata, che sale a 100 in Lombardia.

Cosa si può fare, più in generale, per ridurre i consumi di alcol tra i giovani?

Bisognerebbe pensare a nuove politiche giovanili, al di là della classica prevenzione e non basta neppure la repressione. Il fenomeno è di tipo consumistico, perfettamente in linea con i modelli di consumo legati alla nostra società. È un discorso molto più complesso, quindi, che non può essere affrontato solo con i controlli o a livello terapeutico: è una questione di stili di consumo, in senso più ampio.

M. N.

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