La memoria viva del presente

“Bisogna parlare degli eroi, oltre che dei mostri” dice Fabio Beltrame 

Fabio BeltrameCome far si che la memoria non sia un ricordo inerme nei confronti di un presente che compie gli stessi delitti del passato? Abbiamo cercato di rispondere a questo paradosso con Fabio Beltrame, giornalista e scrittore da 25 anni si occupa della ricerca storica sul popolo ebraico e il suo sterminio.

E’ uno dei fondatori del movimento de La Comune e del centro studi Utopia dove insegna storia contemporanea, i suoi libri sono tra i pochi in lingua italiana presenti al museo dell’Olocausto di New York. Tra i vari libri ha scritto “Gli eroi di Varsavia: resistenza e rivolta nel ghetto, 1939-1943” e “Eroi, traditori e complici nell’inferno nazista” di cui discuterà al Museo MANN di Napoli, mercoledì 22 gennaio, alle 17.

 “Il grande problema è che stiamo dimenticando – spiega Beltrame -. Tra qualche anno verranno a mancare del tutto le persone che hanno vissuto direttamente questa terribile esperienza. La senatrice Liliana Segre è una delle ultime testimoni viventi, i sopravvissuti si contano su due mani in Italia, sono poche decine nel mondo e hanno iniziato a raccontare la loro storia solo dopo decenni per paura di non essere creduti. Per questo è fondamentale raccogliere e raccontare le loro storie. In particolare è molto importante rivolgersi ai giovani: ciò che è accaduto è molto lontano nell’esperienza dei Millenials e non solo. Basti pensare ad un noto quiz tv in cui i concorrenti più che adulti non sapevano rispondere alla domanda: “In quale anno fosse andato al potere Hitler”.

“Eroi, traditori e complici nell’inferno nazista” ci restituisce, attraverso i suoi protagonisti e le sue storie, un racconto vivido di speranza e di ricerca della vita che, pure in un’epoca così buia come quella del nazismo e della guerra, affiora con forza e ci dice della inesauribile possibilità umana di scegliere.

 “Come disse Primo Levi : “Tutto ciò è avvenuto, ma può ripetersi” – continua lo scrittore-. Per questo la memoria è un impegno etico. Ciò che però solitamente si fa poco è raccontare ciò che è stato, non solo nella tragedia, ma anche guardando all’esempio di tante persone che hanno voltato la faccia al nazismo. Se siamo qui oggi è grazie a migliaia di persone che non hanno girato la faccia di fronte al dolore dell’altro. Non credo di essere un illuso ottimista a pensare che nel buio dei totalirismi si possa sempre rintracciare un barlume di bene nell’umanità: molte persone comuni di fronte al crimine più atroce hanno scelto di salvare una o più vite e come c’è scritto nel Talmud: “salvare una vita umana significa salvare l’umanità intera”. Marek Edelman a capo della rivolta del ghetto di Varsavia nel ‘33 era una persona semplice, Irene Sendler, un’infermiera che salvò dal ghetto di Varsavia oltre 600 bambini nascondendoli in famiglie polacche non ha mai parlato del suo gesto, ma ne abbiamo sentito parlare da coloro che sono stati salvati. La stessa Marlene Dietrich è stata una grande oppositrice del nazismo: quando era in America, essendo corteggiata dai gerarchi tedeschi, si propose di tornare in Germania e di assassinare Hitler, ma i servizi militari americani la bloccarono perché era pericoloso. Di tantissime persone che sono morte abbiamo trovato diari, appunti, note e abbiamo scoperto che sono stati eroi. Il silenzio caratterizza l’umiltà eroica. Le persone che ho incontrato mi hanno sempre risposto: Non ho fatto nulla di speciale, solo, non ho guardato dall’altra parte”.

Nonostante la memoria e il racconto in carne ed ossa dei testimoni, le scelte politiche e anche quelle dei singoli vanno sempre più spesso nella direzione di una disumanizzazione. “Così come durante l’olocausto ci furono degli eroi – continua Beltrame -, oggi sono eroi le persone che lavorano per salvare dal mare e dalla morte quasi certa tante persone che arrivano nel nostro paese. Penso, ad esempio al pescatore Vito Fiorino che si buttò in mare e salvò 47 persone durante una delle stragi del mare più grandi con 366 persone morte e 155 salvate per opera di persone coraggiose.  Di fronte al femminicidio costante, al bullismo, alla violenza, alla percezione di un mondo in cui il più arrogante è vincente e il sopruso sembra essere così diffuso da essere normale dovremmo imparare da chi sceglie la solidarietà, la medesima e comune umanità che dovrebbe unirci. Vado nelle scuole a parlare di questo perché  i più giovani sono vittime di questo clima, ma anche carnefici. Vado a parlare per aiutare i ragazzi a capire che di fronte ad un atto di bullismo è importante reagire, se no si è complici”.

Complice oggi è però anche chi ci governa. “La politica è sempre responsabile – conclude il giornalista- basta solo fare l’esempio del caso della nave Gregoretti per il quale è indagato Salvini. Ma anche prima di arrivare a questo, la politica già è responsabile quando usa un linguaggio scorretto. Quando disumanizza gli esseri umani e li chiama “immigrati”, “clandestini”, usando aggettivi e non nomi di persona. Significa che non è cambiato nulla da quando, 75 anni fa, le persone uccise erano “ebrei”, “handicappati”, “rom” e al posto di un nome avevano un numero”.

Alessandra del Giudice