Laura Marmorale: “La terza città di Italia meritava di avere un assessorato dedicato al welfare”

marmoraleChiude la sua esperienza come assessore ai Diritti di cittadinanza e alla coesione sociale del Comune di Napoli Laura Marmorale, con un bilancio di un anno a Palazzo San Giacomo. Dopo la mobilitazione del mondo sociale, della cultura e dell’associazionismo che c’è stata in questi giorni affinché non fosse sostituita nella giunta De Magistris, l’assessore uscente ha deciso di incontrare sostenitori e giornalisti nella libreria Eva Luna di piazza Bellini, per fare il punto su quanto accaduto.

«Quando ho ricevuto la proposta del sindaco il 26 ottobre dell’anno scorso – esordisce la Marmorale – per entrare in giunta e prendere in carico una parte delle politiche sociali l’ho trovata una proposta strana: per me il welfare è unico e indivisibile, come si fa a definire la linea di demarcazione tra i “dannati della Terra”? Poi il discorso del sindaco mi convinse, e sono d’accordo ancora adesso».

«Viviamo in uno Stato in cui si cerca il colpevole per chi ha una diversità di qualsiasi natura sia – prosegue -  Creare un sistema di welfare significa progresso, sviluppo, significa costruire percorsi di crescita per un Paese. Io l’ho vista così e così anche il sindaco, che mi propose un’idea innovativa di welfare. Perciò mi sono convinta». Laura Marmorale chiarisce anche il rapporto con Roberta Gaeta, assessore uscente al Welfare (entrambi le deleghe sono in capo ora a Monica Buonanno).

«Il tema non è stato il conflitto tra me e Roberta. Ci siamo occupate di due settori che potevano contemplare una gestione differente. Abbiamo un approccio diverso ma non dicotomico. Sapevo quanto sarebbe stato difficile per una direzione unica delle Politiche sociali separare le funzioni. In effetti questo anno è stato difficile ma non tra di noi».

E sul suo ruolo come assessore ai Diritti di cittadinanza e alla coesione sociale Laura Marmorale spiega: «Nel momento in cui ho cominciato, ho messo a disposizione di questa amministrazione tutto ciò che sapevo: il mio portato relazionale e politico, che avevo sviluppato nei miei anni di militanza e di attivismo. Io odiavo l’idea che si definisse “assessorato all’immigrazione”. Non esiste il tema del povero e del diverso ma dell’estensione dei diritti, perché garantisce la coesione sociale e va nella direzione di evitare il conflitto sociale nel senso più malsano che ci sia, cioè della guerra tra i poveri».

La Marmorale ha ricordato il suo operato con i migranti. «Se diciamo che Napoli è la città della porta aperta e dell’accoglienza, un attimo dopo dobbiamo sapere come si declina in termini concreti. Se le navi delle ONG attraccano domani qui bisogna sapere come vengono accolte. A gennaio se abbiamo detto alla Sea Watch “venite” è perché ho chiamato le realtà di base, e siamo riusciti a mettere a disposizione tra Napoli e la Campania abbiamo 90 posti letto. È con questo spirito che abbiamo partecipato come capofila ai bandi Fami (Fondo Asilo Migrazione e Integrazione). Con lo stesso approccio abbiamo lavorato sui Rom: costruire diritti di cittadinanza significa leggere la questione dei Rom come persone che sono su questo territorio da 30 anni e che devono cominciarsi a pensare come cittadini, in termini di diritti e di doveri».

«Dodici mesi e dieci giorni sono un po’ poco per riuscire a intervenire in maniera decisiva in questioni così complesse. È stato difficile prendere in carico un servizio considerato la Cenerentola del welfare e farlo entrare nella casa madre dell’inclusione sociale. Ma nel welfare non esiste differenza nella presa in carico, che si tratti di un minore, di un adolescente o di un Rom. Abbiamo cominciato a cambiare il nome in “Servizio di inclusione e cittadinanze”. E poi ho faticato a farmi considerare al pari della mia collega. La direzione, però, non ci ha tenuto conto alla pari per cui ho trovato poco personale, stanco e demotivato. Il trasferimento delle assistenti sociali nelle municipalità non ci ha aiutato. Andavano assunti nuovi assistenti sociali: non tirare una coperta corta come se fosse un fazzoletto».

E qui tutta l’amarezza di dover lasciare un incarico assunto da pochissimo tempo: «Me ne vado con il dolore di un servizio che ha chiuso, quello per i migranti, e con poco personale per i servizi per i senza dimora e per la violenza di genere. Ci sono 2mila rom, 1300 senza dimora, donne che subiscono violenza in continuo aumento ma perché sta finalmente emergendo il dato di un fenomeno sommerso. Per far fronte a questi problemi siamo andati a prenderci i soldi dove c’erano e se tutto va bene avremo 4milioni di euro in servizi alla persona. Abbiamo dimostrato che esiste un modo diverso di fare politica in questa città. Io non sono una tecnica sono una politica e ho accettato perché avevo una visione politica. Oggi torno nella famiglia della cooperazione sociale e so che anche le ong avranno un punto di riferimento perché saremo noi a darglielo».

«Ringrazio tutti quelli che fanno il loro lavoro da persone libere – conclude Laura Marmorale - perché un’informazione libera ci consente di fare capire di chi è la responsabilità. Faccio grande in bocca al lupo alla Buonanno che è persona competente ma la terza città di Italia meritava di avere un assessorato dedicato al welfare».