Rosa Rubino madrina del Sorrento Pride. “Chi ha speranza è un rivoluzionario”

Quella di Rosa Rubino è una storia a lieto fine

Rosa RubinoNon sono molte le storie come le sue, quelle di uomini e donne nati agli inizi  degli anni ’60 in un corpo che non li rappresentava. Uno scherzo del destino, un cromosoma X o Y che proprio non doveva esserci e che segna irreversibilmente una vita. Con un’iperbole che intenzionalmente salta i tanti anni di difficoltà, dal rapporto con un padre che rivendicava il diritto di ”averlo creato uomo” ai tanti anni vissuti sulla strada, come spesso ancora accade alle persone transgender, oggi raccontiamo una storia finita bene, quella di una donna che ha trovato il suo equilibrio, con un lavoro che l’appassiona, che studia e si impegna ogni giorno per avvicinarsi il più possibile ai piccoli immensi traguardi personali.

Nata Salvatore sessantadue anni fa nel quartiere di Sangiuvannello a Napoli, Rosa è sempre stata Rosa, anche quando la figura che la guardava dallo specchio diceva tutt’altro. Per il padre rimaneva Salvatore, il figlio che dopo la terza media avrebbe dovuto fare l’elettrotecnico e non la segretaria d’azienda, come invece Rosa sognava. Dall’infanzia all’adolescenza, catapultata nell’oblio che fagocita chi è spinto ai margini della società dalla società stessa: le cure ormonali arbitrarie, la vita di strada, la ricerca di affetto e le difficoltà economiche. E poi, un giorno, l’occasione di riscatto: la sessualità non più vissuta come vergogna, l’attivismo e quindi, finalmente, la possibilità di emergere dagli abissi, salendo sempre più in alto, verso la luce del sole, a respirare l’aria di libertà. Rosa oggi è Rosa anche sulla carta d’identità. A 54 anni ha conseguito il diploma superiore e ha iniziato a lavorare proprio come segretaria presso la cooperativa sociale Dedalus, mentre studia Scienze Sociali all’Università.

In occasione dell’ultima tappa dell’Onda Pride 2019 che si terrà a Sorrento il prossimo 14 settembre, Rosa scenderà in piazza in qualità di madrina della manifestazione. “Questo Pride ha un significato speciale per me. Scendo in piazza come persona appartenente alla comunità gay e trans napoletana, ma anche come simbolo di una rivoluzione. – racconta con un’emozione nella voce che non riesce a nascondere – Una rivoluzione che non parla solo alla comunità LGBT, ma parla a tutti e che si può riassumere in una sola parola: speranza. Chi ha speranza è un rivoluzionario. Tutti abbiamo un’occasione, diverso è capire se abbiamo il coraggio di percorrere la strada che ci porta ad afferrarla. È importante studiare per emanciparsi, lottare per avere un lavoro che ci dia dignità. Nei quarant’anni che ho vissuto per strada mi sentivo una persona senza voce, ma non ho mai perso la speranza. Con lo studio e con il lavoro sono riuscita a rinascere dalla morte sociale”. Oggi Rosa è un punto di riferimento per i ragazzi e le ragazze transgender. “Ai miei tempi non c’era un sostegno psicologico o un servizio medico. I ragazzi e le ragazze trans ricorrevano a trattamenti ormonali fai-da-te. Non c’era alternativa. Per fortuna le cose oggi sono molto cambiate: ci sono sportelli che guidano nel percorso di transizione e supporti psicologici. Tuttavia le persone come me non hanno mai di fronte una strada facile. Affrontiamo ancora lo stigma sociale, l’incomprensione da parte delle famiglie, il senso di colpa. Ma in fin dei conti, chi non incontra difficoltà nella vita?”. L’ultima piccola conquista di Rosa è stata chiedere perdono al padre che non c’è più. Ha portato un mazzo di fiori sulla sua tomba e gli ha chiesto scusa per non essere stata il ragazzo che lui voleva, l’elettrotecnico, gli ha chiesto scusa per essere solo Rosa, la segretaria. “Gli ho chiesto perdono, ma in realtà ho fatto una cosa molto più importante: Siono stata io a perdonare lui. E ho finalmente perdonato me stessa”.

Chiara Reale