"Acqua bene comune. Il governo delle risorse idriche dopo sette anni dal referendum"

Il presidente della Camera Roberto Fico all’Università Federico II  

fico acquaL’acqua come bene comune è una delle prime battaglie civili portate avanti dal presidente della Camera Roberto Fico, che è intervenuto alla giornata organizzata dal professore Alberto Lucarelli del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Napoli Federico II: Acqua bene comune. Il governo delle risorse idriche dopo sette anni dal referendum".

“Il tema dei servizi pubblici, in modo particolare quello del servizio idrico integrato, è senza dubbio di straordinaria rilevanza in considerazione dei recenti interventi legislativi che hanno interessato la materia. Dopo sette anni dal referendum del 12 e 13 giugno 2011, frutto della democrazia diretta e partecipativa al di fuori dei partiti, la volontà referendaria espressa da oltre ventisette milioni di cittadini contro la svendita dei beni pubblici e la privatizzazione dei servizi pubblici risulta violata pertanto il primo passo è rendere attuativo il referendum, accanto a questo bisogna creare una categoria “beni pubblici” inserendo primi tra tutti le coste e le spiagge gestite oggi da privati”, sottolinea il professore Alberto Lucarelli della Federico II.

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Anche se sono trascorsi 7 anni dal referendum con il quale gli italiani hanno votato col oltre il 95% delle preferenze contro la privatizzazione dell’acqua pubblica non c’è ancora la legge attuativa. “Il popolo italiano ha già scelto con il referendum ora ci vuole legge parlamentare”, ha detto Roberto Fico, presidente della Camera che è fortemente legato al tema dell’acqua pubblica di cui si è occupato già dal 2015 con il Meet Up che insieme a tanti altri movimenti pubblici lottava contro la privatizzazione dei beni comuni.

“Non è solo una questione pratica- ha spiegato Fico  - il concetto di acqua pubblica è un concetto culturale, dimostra da che parte vogliamo stare. Sui beni che appartengono a tutti non si può lucrare. Ho già in mente di organizzare sul tema dell’acqua una riunione con i diversi comitati alla Camera che deve essere un luogo aperto al ragionamento collettivo, per un’umanizzazione della politica che parte dall’incontro e dibattito con i cittadini in luoghi come le università. Lego la mia presidenza alla realizzazione di una legge definitiva e chiara sull’acqua pubblica”.

Paolo Maddalena, presidente Emerito della Corte Costituzionale ha considerato l’acqua quale simbolo dei beni comuni, “tutti nasciamo nell’ acqua”- ha detto- ed ha poi invitato ad estendere la battaglia a tutti gli altri beni che dovrebbero essere pubblici poiché “per la legge la proprietà privata ha ragion d’essere solo se svolge una funzione sociale e non antisociale come sta avvenendo sempre di più oggi”.

Napoli rappresenta un esempio positivo quasi unico di inversione di tendenza poiché la sua acqua è passata dalla gestione di una SpA ad un consorzio di gestione pubblico: l’ABC. Sull’esempio dell’acqua di Napoli, secondo il prof. Ugo Mattei dell'Università di Torino “Siamo in una società dove c’è un surplus di capitale, ma i beni pubblici si riducono sempre di più pertanto è necessario operare un’inversione di tendenza trasformando il capitale in bene pubblico”.

Il professore Beniamino Caravita di Toritto dell'Università di Roma La Sapienza dopo un excursus su tutti i tentativi falliti di realizzare delle leggi locali a favore della trasformazione dell’acqua in bene comune sottolinea che “nel nostro ordinamento ci sono già le leggi per sostenere referendum”. Secondo il professore sulla scorta di una legge della Regione Lombardia del 2006 bloccata perché andava contro il principio di unicità di servizio e infrastruttura, sarebbe necessario che le infrastrutture dei servizi diventassero pubbliche separandole dalla gestione privata del servizio stesso. “Questo renderebbe proficuo l’investimento iniziale che essendo recuperato in decenni e non in pochi anni, non graverebbe sui contribuenti come avviene oggi là dove un privato è proprietario sia delle infrastrutture che dei servizi idrici”. 

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Dall’acqua all’Aquarius  

I giornalisti hanno atteso l’arrivo del presidente Fico alla Federico II per porgli domande sui beni comuni, ma anche sul tema caldissimo delle migrazioni passando dalle domande sull’acqua a quelle sull’Aquarius, due temi più vicini di quanto sembrino. L’associazione tra “bene comune” e migrazioni non sembra così astrusa: sia perché se nell’acqua tutti nasciamo, come è stato ricordato nell’ambito del convegno, oggi in tanti nell’acqua del Mediterraneo perdono la vita; ma soprattutto perché il primo bene comune da tutelare dovrebbe essere la vita stessa. Il diritto a vivere degnamente di tutti i cittadini della Terra viene invece messo in discussione da un lato dalle multinazionali che sulla scorta della colonizzazione continuano a privatizzare e depredare le risorse dei Paesi più poveri, dall’altro da chi (in Italia e in Europa) decide di chiudere i porti causando la morte di migliaia di persone poiché di fatto è stato impedito loro di poggiare i piedi sulla terra che insieme all’acqua e all’aria è alla base della stessa vita umana ed è per questo un bene comune di tutti i cittadini terrestri. Ultimo, ma non ultimo motivo, per cui chiedere conto al presidente Fico delle politiche migratorie in relazione alla tutela dei beni (e del bene) comune è che se i 5s hanno costituito il Governo con la Lega, che ha fatto della divisione tra “beni del nord e beni del sud” (dell’Italia così come del Mondo) e di “buoni e cattivi” il suo asse portante, è una responsabilità di cui si troveranno a rendere conto molto spesso.

Come dice padre Alex Zanotelli: “Non so come possano definirsi cristiani quelli che hanno votato Salvini”.

Alessandra del Giudice