L’esposizione alle emissioni dei cellulari? Dannosa soprattutto per i bambini

Belpoggi (Istituto Ramazzini): “Problema di salute pubblica. Ecco le precauzioni da usare””

belpoggiLa dipendenza, la solitudine cibernetica, con la perdita di relazioni umane, è solo una delle conseguenze legate all’abuso delle nuove tecnologie, telefoni e pc, in primis. La nostra salute psico-fisica può essere messa seriamente a rischio anche dalle emissioni di antenne e ripetitori della telefonia mobile.

L’Istituto Ramazzini di Bologna, che lavora su questi temi da venti anni in parallelo a una èquipe di lavoro americana, lo dice chiaro e tondo: con le onde elettromagnetiche non si scherza e i più vulnerabili sono i bambini e, prima ancora, gli embrioni. A parlare sono i dati dello studio, il più grande mai realizzato nel nostro paese, sull’esposizione umana ai livelli di radiazioni a radiofrequenza (RFR) prodotti da ripetitori e trasmettitori per la telefonia mobile, pubblicato a fine marzo. Ne parliamo con il direttore dell’istituto e del team di ricerca, Fiorella Belpoggi. 

Dottoressa, cosa avete studiato esattamente? 

Nella ricerca, l’Istituto Ramazzini ha studiato esposizioni alle radiofrequenze mille volte inferiori a quelle utilizzate nello studio sui telefoni cellulari del National Toxicologic Program (USA), e ha riscontrato gli stessi tipi di tumori. Se gli americani hanno studiato l’effetto dei telefonini sulle persone, noi abbiamo focalizzato l’attenzione sulle emissioni, le onde elettromagnetiche che ci circondano nella nostra quotidianità, dalla casa all’ambiente di lavoro, dalle antenne al wi-fi. Quel che abbiamo notato è che gli effetti sono molto simili tra di loro, solo che il telefono puoi decidere di spegnerlo, le onde ti circondano e tu nemmeno lo sai, non ne sei consapevole, è una cosa che non si può annullare, certo non puoi pensare di vivere in un mondo senza connessione, che sia relativa alla telefonia mobile o alla rete. 

Come spiega che si sia arrivati agli stessi risultati?

Il nostro studio conferma e rafforza i risultati del National Toxicologic Program americano. Non può infatti essere dovuta al caso l’osservazione di un aumento dello stesso tipo di tumori, peraltro rari, a migliaia di chilometri di distanza, in ratti dello stesso ceppo trattati con le stesse radiofrequenze. Sulla base dei risultati comuni, riteniamo che l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) debba rivedere la classificazione delle radiofrequenze, finora ritenute possibili cancerogeni, per definirle probabili cancerogeni. 

Quali danni ci potrebbero essere con una esposizione prolungata nel tempo alle emissioni?

Si possono sviluppare disturbi o patologie nervose, che, nel lungo termine, possono insorgere tumori al cervello e al sistema nervoso periferico. Il dato esatto è 1,5 su 100, che non è tanto ma nemmeno pochissimo, se pensiamo su larga scala, ovvero su una popolazione planetaria di circa 7 miliardi di persone. Quello che vogliamo dire forte e chiaro è che anche se il pericolo relativo alle emissioni è basso si tratta comunque di un problema di sanità pubblica perché coinvolge potenzialmente milioni di persone. 

Una volta che siamo consapevoli dei danni, cosa possiamo fare?

Anzitutto chiedere alle istituzioni e alle industrie del settore di avere un approccio diverso. Spiego meglio: creare dei sistemi per fare il modo che il telefono non sia troppo vicino al corpo come un auricolare a molla incorporato nel telefono, oppure segnalazioni di pericolo sia nelle istruzioni che nella confezione di acquisto affinché l’apparecchio venga tenuto lontano dal corpo, e altre misure tecnologiche che io non so immaginare ma che sicuramente le compagnie conoscono e possono mettere in atto. Adesso che sappiamo che esiste un pericolo, non facciamo una battaglia persa dicendo no alle nuove tecnologie e alla connessione rapida senza le quali oggi non sarebbe pensabile vivere e lavorare, ma possiamo chiedere a chi di competenza di smetterla di aumentare le emissioni, dove già ci sono. Allo stesso tempo ai gestori telefonici chiediamo di creare i nuovi apparecchi tenendo conto della salute umana, cercando di fare in modo di metterla in sicurezza, proteggerla in qualche modo, limitando i rischi, mettendo una specie di distanza di sicurezza tra noi e il telefono. Si tratta di cose possibili, non impossibili, lo stiamo facendo noi dell’Istituto Ramazzini nel nostro piccolo, creando come gadget degli auricolari particolari che si estraggono al bisogno. Bastano 5 cm di distanza dal corpo per ridurre il rischio di 25 volte. 

Che rischi ci sono per i bambini, in particolare?

Per loro è più pericoloso perché il danno che le onde elettromagnetiche comporta, oltre che comportamentale e sociale, è maggiore negli embrioni e nei bambini, che hanno cellule ancora in via di sviluppo. A lungo andare, i danni possono svilupparsi in patologie neurologiche. Da questo punto di vista l’adulto è più resistente, il bambino è più vulnerabile. 

Cosa si può fare per evitare una sovraesposizione, quali accorgimenti si possono mettere in atto?

Anzitutto, evitare di tenere il telefono attaccato, non metterlo sul comodino accanto al letto quando dormiamo o addirittura, come fanno alcune adolescenti, sotto al cuscino. Spegnere tutto, la connessione senza fili pure, quando non serve, che rappresenta un sovraccarico di onde in più inutile. In particolare di notte, durante la quale è consigliabile tenere il telefono in “modalità aereo”.

L’Istituto Ramazzini è una cooperativa sociale onlus fondata nel 1987 dal professor Cesare Maltoni, pioniere e luminare dell’oncologia e impegnata nella ricerca e nella prevenzione del cancro. All’istituto fa capo il Centro di Ricerca sul Cancro "Cesare Maltoni", che ha sede nel Castello di Bentivoglio (Bo) e dove vengono analizzati i rischi cancerogeni e la tossicità di numerose sostanze, fornendo le basi scientifiche per la normativa nazionale e internazionale. Le attività di prevenzione vengono invece svolte nei due Poliambulatori dell'Istituto Ramazzini, a Bologna e a Ozzano dell’Emilia. Ulteriori informazioni su www.ramazzini.org.

Maria Nocerino