Malattie rare, quando lo screening è determinante

Da Napoli un progetto pilota per l’Adrenoleucodistrofia 

malattie rareL’Adrenoleucodistrofia (ALD) è una malattia rara che colpisce principalmente il sistema nervoso e le ghiandole surrenali. Si tratta di una patologia molto invalidante ma quasi sconosciuta. La principale difficoltà sta nel riconoscerla e diagnosticarla, questo anche perché mancano conoscenza, formazione e sensibilizzazione sia a livello sanitario che sociale.

Attualmente solo 200 sono i pazienti diagnosticati ma si stima che alcune migliaia di persone possano essere colpite dalla patologia, che rappresenta una delle più diffuse forme di leucodistrofia. Per agire in tempo, ed evitare una diagnosi frammentata o tardiva, sarebbe fondamentale effettuare lo screening alla nascita e monitorare costantemente i pazienti, ma per questo bisogna investire.

“Chiediamo alle istituzioni di intervenire a monte, perché è importante lo screening, così come è fondamentale procedere per passi e concentrarsi sulla diffusione dell’informazione sulla patologia, far partire da subito corsi di formazione ECM per medici e pediatri al fine di indirizzare i possibili malati ad effettuare un semplice esame, che individui la saturazione degli acidi grassi a catena lunga”, sottolinea Valentina Fasano, presidente dell’Associazione Italiana Adrenoleucodistrofia, nata a Napoli nel 2015 per sostenere pazienti e famiglie.

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Una malattia che colpisce i bambini nella sua forma più grave 

La forma più grave della malattia si presenta nei bambini, che perdono la capacità motoria, la vista, l’udito, subiscono una grave compromissione dello stato di coscienza con crisi epilettiche e non sono più in grado di alimentarsi.

In Italia vi è un impatto atteso di 35-40 pazienti in più ogni anno, come sottolineano gli addetti ai lavori, con un’insorgenza dei sintomi della malattia in varie fasce di età: pediatrica, con la forma più grave, cerebrale infantile (definita C- ALD), adolescenziale tra i 10 ed i 15 anni, con la forma definita di Adrenomieloneuropatia (AMN) caratterizzata da un disturbo motorio spastico degli arti inferiori, e, infine, la forma dell’adulto con varie espressioni cliniche. Attualmente si contano 200 pazienti diagnosticati su 3500-4mila attesi essendovi un’incidenza stimata di 1: 15mila o 1: 17mila neonati per anno.

Quella di cui parliamo è una malattia legata al cromosoma X (ovvero legata al sesso), che si presenta con una marcata variabilità temporale e gravità di espressione clinica, più comunemente nei maschi. Tuttavia circa il 50% delle donne portatrici mostra alcuni sintomi, nel corso della vita, come disturbi motori degli arti inferiori, o, più raramente, sintomi endocrinologici come segni di insufficienza surrenalica.

La Campania è all’avanguardia 

In questo settore, la Campania è all’avanguardia grazie a un progetto pilota, secondo in Europa solo all’Olanda, guidato dalla professoressa Marina Melone e basato su alcuni concetti chiave: informazione-formazione, screening precoce, prevenzione e networking.

Nato circa un anno fa, il progetto di durata triennale nell’Unità Operativa Complessa di Neurologia 2°-Centro di Riferimento per le malattie rare Neurologiche e Neuro-muscolari, dell’Azienda Ospedaliera dell’Università della Campania Luigi Vanvitelli, prevede una presa in carico lifelong, cioè lungo il corso della vita, “condizione necessaria per assicurare una adeguata assistenza a questi pazienti”, secondo la dottoressa Melone.

Il primo anno di attività è dedicato all’informazione ed alla formazione di medici della medicina territoriale e di medici specialisti; il secondo anno si lavora alla identificazione precoce dei segni e sintomi della malattia realizzando quello screening che il piano progettuale fortemente prevede di sviluppare  in ogni fascia d’età fino ad arrivare a quello neonatale; il terzo anno è dedicato alla creazione di un networking tra varie realtà assistenziali e i Centri di Eccellenza presenti nelle diverse Regioni, per implementare un più adeguato piano nazionale nell’assistenza a questi pazienti sensibilizzando le istituzioni  all'adozione di politiche di intervento sanitario adeguate, senza dimenticare gli investimenti sulla ricerca.

“Altro punto fondamentale su cui intervenire – spiega anche Valentina Fasano, dell’Associazione Italiana Adrenoleucodistrofia - è la qualità e la continuità dell’assistenza per gli adulti già malati, facendoli rientrare in livelli di assistenza LEA adeguati ad una patologia di tale gravità, con il preciso scopo di garantirne dignità esistenziale assicurando loro la migliore qualità possibile di vita”.

Per maggiori informazioni: https://www.adrenoleucodistrofia.it/

M. N.