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venerdì 19 Aprile 2024




Premio Cinematografico Fausto Rossano 2018: ecco i vincitori

vincitoriDopo la premiazione dell’attore Luigi Lo Cascio “per lo spessore interpretativo di ruoli che hanno toccato i grandi temi contemporanei” al Foyer del teatro Bellini, la giornata conclusiva della quarta edizione del Premio Cinematografico Fausto Rossano per il pieno diritto alla salute è proseguita giovedì 1 marzo 2018 al cinema Hart con la proclamazione dei vincitori.

Il Premio come miglior lungometraggio va a My Nature (di Gianluca Loffredo e Massimiliano Ferraina) con questa motivazione:

Per la realizzazione di un’opera di alta densità fotografica e caratterizzata da un rigore narrativo capace di parlare a tutti. La natura fuori da noi, indagata e riscoperta, per riconoscere quella invisibile, dentro di noi. E, dopo un inferno di cui non è necessario mostrare le cicatrici per avvertire il dolore che le ha provocate, trovare “il proprio posto nel mondo”. Così la storia di Simone, nato in un corpo che non aveva mai sentito suo e deciso a immergersi in quei paesaggi quasi ad assorbire la lezione del loro paziente divenire, diventa in “My Nature” metafora delle conquiste sofferte ma consapevoli, dei viaggi difficili e necessari. Una rinascita tanto più autentica in quanto intrisa di piccole graduali conquiste, raggiunte anche attraverso l’ascolto degli altri e il rispecchiamento deformante che permette il superamento dei propri confini, dell’essere prigioniero di se stesso perché, come scritto sul muro del manicomio di Trieste: la libertà è terapeutica. Un racconto cinematografico che – oltre ogni attesa o tentazione d’invasività suggerita dal tema – punta su una scelta matura di sottrazione, cita la lezione dei grandi autori che si ispirano a Madre Natura e rifugge dalla retorica, senza rinunciare ad accenti ironici. “Guarire è più difficile che soffrire”, suggerisce con provocatoria delicatezza il compagno di viaggio di Simone. “La diversità, nella natura, è solo sintesi”.

Premio come miglior cortometraggio va a Peggie (di Rosario Capozzolo) con questa motivazione:

Peggie è un viaggio, un viaggio nella mente e nel tempo, discontinuo ma al contempo coerente, di una donna affetta da demenza senile. Un racconto che utilizza con misura e delicatezza le migliori grammatiche del linguaggio cinematografico, tra cui spicca un rigoroso ed empaticamente perfetto piano sequesnza in soggettiva della protagonista, che ci apre le porte del suo mondo interiore, dove passato e presente non hanno più soluzione di continuità. Una sceneggiatura sensibile ai dettagli, una fotografia calda ma leggermente spenta nei colori, come forse lo è anche la vista di Peggie stessa, un ritmo lento ma altresì avvolgente, riescono a coinvolgere lo spettatore e gli permettono di pensare, sentire, “viaggiare” appunto, in una vita intera con pochi minuti di montaggio. La creazione di una poesia… Lo sguardo riesce ad attraversare un dramma devastante, come la demenza, trasformandolo in poetica dei gesti, del contatto, delle parole, semplici.

Una Menzione speciale va a Urban Glitch (di Davide Tartaglia) con la seguente motivazione:

Raccontando le alterazioni del centro storico napoletano tutelato dall’Unesco attraverso il concetto di glitch, qui usato per indicare le anomalie di un circuito, il documentario esplora il complesso intreccio tra tessuto edilizio e composizione del tessuto sociale di quello spazio architettonico. Il tema, che si rifà a esempi luminosi del cinema d’impegno civile napoletano, diventa quindi la necessaria occasione per ripensare alle politiche di tutela urbanistica e ambientale applicate a un patrimonio così prezioso e così trascurato ma, allo stesso tempo, offre motivo di riflessione sulle dinamiche d’interazione tra lo spazio e le persone che lo attraversano, non necessariamente in senso negativo.

Un’altra Menzione va a Limit (di Javad Daraei) con questa motivazione:

Per aver mostrato, senza mezze misure, le aritmie dell’incomunicabilità: nell’accezionbe inusuale  di una comunica-abilità possibile e non del suo contrario. Per la forza espressiva di una vorticosa sequenza di immagini che si muovono tra anfratti e piani verticali di uno spazio urbano stretto, tanto dalle mura quanto da difficili condizioni di vita. Per averci condotto, freneticamente, tra le scale dell’esistenza fino a giungere alla sua naturale fine, la quiete mascherata paradossalmente da un evento inatteso.

Il Premio sezione Laboratori se lo aggiudica Assetto di volo (di Giulio Venier) con la seguente motivazione:

Per aver mostrato senza false rassicurazioni l’incontro con le disabilità e aver raccontato con la giusta leggerezza come si possa comprendere l’altro e il mondo, affrontando le paure e i conflitti in tutte quelle dimensioni nelle quali non ci si sente abili.In un’opera che porta alla scoperta di sé, il regista conduce lo spettatore  in uno spazio di cielo infinito dove, a contatto con i propri limiti e con il desiderio di superarli, si annullano tutti i pregiudizi e le diversità.

Infine, una segnalazione per la straordinaria prova attoriale di Leo Gullotta va a Lettere a mia figlia (di Giuseppe Alessio Nuzzo): per aver dato corpo a un personaggio di grande espressività drammatica e per aver mostrato una forte sensibilità nel sostenere piccole grandi opere del cinema indipendente. 

Il Premio cinematografico Fausto Rossano è organizzato dall’Associazione Premio Fausto Rossano e da Gesco per sensibilizzare sui temi legati alla salute e alla sofferenza psichica in collaborazione con il Dipartimento di Salute Mentale della Asl Napoli 1 Centro, la cooperativa sociale Dedalus, l’istituto A. Romanò, AvaNposto Numero Zero, Arcimovie. Contribuiscono all’edizione 2018 la fondazione Foqus, le associazioni LaterzAgorà e A Voce Alta, il cinema Hart. 

Vedi il video conclusivo della iniziativa

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