Tematiche di genere, il linguaggio è ancora discriminatorio

Incontro all’Emeroteca Tucci sulle responsabilità dei media

lgbtiAumentano sempre di più in Campania le denunce per casi di violenza o abuso ai danni di persone gay e trans, non perché siano necessariamente in aumento ma perché oggi c’è una maggiore consapevolezza e più voglia di sensibilizzare l’opinione pubblica sulle tematiche Lgbti (Lesbiche, gay, bisex, transessuali, intersex).

Il fenomeno è particolarmente evidente a Napoli, dove nel 2013 era emerso un solo caso; nel 2014 si era passati a 5 e, nel 2015, si è arrivati a 12, raggiungendo il dato di Roma, che negli anni precedenti sembrava detenere il record dell'omofobia. È quanto emerso nel corso dell’incontro di formazione rivolto ai giornalisti “La collettività Lgbti e i media” promosso all’Emeroteca Tucci dall’Ordine dei Giornalisti della Campania e Gaynet, in collaborazione con Arcigay Napoli. La strada da fare per combattere i pregiudizi è ancora lunga e gli organi di informazione hanno un ruolo fondamentale nell’orientare i flussi comunicativi dando ai fenomeni la giusta definizione.

Lo ha sottolineato, ad esempio, la giornalista sportiva Monica Scozzafava, per un anno a capo della comunicazione del Calcio Napoli: “Mettere sotto la giusta luce anche episodi che partono dallo sport ma che hanno un risvolto sociale, che però non viene trattato forse perché è molto più comodo scegliere di soffermarsi sull’aspetto morboso delle cose”. Le sue parole si riferiscono soprattutto al calcio “la massima espressione del machismo e del maschilismo in ambito sportivo”, dove è forte e più radicato il pregiudizio omofobico. Non a caso non è mai successo che un calciatore abbia fatto coming out, come negli “sport minori”, dove pure si fa fatica a venire allo scoperto perché gli atleti continuano a temere ripercussioni sulla propria carriera.

Insomma siamo così indietro nella (opportuna) rappresentazione mediatica dei fenomeni sociali? Pare di sì, se circa il 75% della popolazione pensa ancora che l’omosessualità sia una malattia, vuol dire che ancora non ci liberiamo di certi stereotipi.

Del resto, persiste un uso del linguaggio spesso discriminatorio all’interno di giornali e tv, per non parlare della giungla incontrollata del web. Come denuncia dal suo osservatorio da circa 30 anni l’Arcigay. Presente all’incontro anche Antonello Sannino, presidente dell’associazione a Napoli: “Dati alla mano, possiamo dire che ci sono addirittura punti di regressione rispetto al passato, chi fa comunicazione ha una grande responsabilità nell’emersione dei fenomeni di discriminazione e nel dare dignità a chi subisce violenza, a partire dai termini giusti da utilizzare”. No, quindi, a espressioni come “delitto gay” (perché diciamo omicidio etero?) o “il transessuale” (perché è la persona che fa una transizione, lo si utilizza al femminile), perché le parole hanno un valore.

A tracciare, invece, una panoramica a livello nazionale su come sono state trattate le tematiche lgbti dagli anni ’80 in poi è Franco Grillini, ex parlamentare, oggi direttore di Gaynews e presidente di Gaynet: “Nei primi anni ’80 non si toccava proprio l’argomento, se non relegandolo a casi di cronaca nero, o lo si faceva in modo inappropriato. Ricordo grandi litigate con il grande Enzo Biagi che definiva i gay ‘invertiti’, proprio a dire che non si era preparati a parlarne. Poi ci fu l’Aids, definita a torto la malattia dei gay, e tutto cambiò: da quel momento in poi non si faceva che parlarne, a volte anche in maniera eccessivamente morbosa, oltre che colpevolizzante. Ma le associazioni gay per la prima volta ebbero la ribalta televisiva, uscirono i primi film e si abbatterono i primi tabù”.

M. N.

Guarda il video con gli interventi di Monica Scozzafava, Antonello Sannino e Franco Grillini