| SEGUICI SU seguici su Facebook seguici su Twitter youtube
venerdì 19 Aprile 2024




"Io ho preso troppo dolore": Jessica salvata dal progetto “Fuori Tratta”

Alessandra del Giudice

IMG 20171211 113157Jessica voleva fare la giornalista, ma arrivata a Napoli è stata costretta alla strada e poi salvata dal progetto Fuori Tratta. Come lei sempre più donne nigeriane minorenni o appena maggiorenni, spesso incinte, arrivano in Italia sui barconi e vengono costrette alla prostituzione. Questo il quadro drammatico presentato nell’ambito della presentazione del progetto “Fuori Tratta”.

​Nell'ambito della manifestazione "Quello che le donne non dicono"  che ha per tema principale la riflessione sulle donne immigrate e rifugiate, lunedì 11 dicembre si è tenuta la presentazione del progetto "Fuori Tratta" per il contrasto della tratta di esseri umani finalizzata allo sfruttamento sessuale, lavorativo, all'accattonaggio forzato e all'inserimento coatto in attività criminali. Il progetto Fuori Tratta prevede il coinvolgimento di una rete di soggetti attuatori, quali Dedalus Coop. Soc, Arci Salerno e Caserta, Casa RUT - Congregazione Suore Orsoline e Coop. Soc. E.V.A. Onlus; vede come soggetti co-finanziatori la Regione Campania - Assessorato alle Pari Opportunità, il Comune di Napoli - Assessorato al Welfare, il Comune di Salerno e la Città Metropolitana di Napoli. Sono coinvolti numerosi altri attori istituzionali e non. “Oggi i bisogni che siamo tenuti a considerare sono sempre più individuali, non si può prescindere da percorsi sociali, sanitari e legali integrati con competenze specialistiche. Bisogna intervenire in modo appropriato con tavoli operativi: la sinergia è indispensabile per cercare di rispettare i tempi e gli spazi di vita delle persone prese in carico”, spiega la dott. ssa Rosaria Ferone, dirigente del servizio contrasto delle nuove povertà e rete delle emergenze sociali del Comune di Napoli. A curare tutto l’iter della fuoriuscita dalla tratta dal 2000 opera sul territorio di Napoli e Caserta la cooperativa Dedalus che si occupa di tutte le fasi della fuoriuscita: dall’avvicinamento, all’emersione, alla fuoriuscita all’inserimento lavorativo. “La nostra cooperativa è parte di una rete che - spiega Andrea Morniroli della Dedalus- deve ampliarsi sempre più e comprende all’interno anche le prefetture. Il progetto è complesso e si occupa del contrasto oltre che della tratta anche del grave sfruttamento lavorativo. Un compito arduo in una Regione dove il mondo del lavoro è “grigio”. Ci siamo infatti concentrati sull’individuare gli indicatori del grave sfruttamento lavorativo, come la paga inferiore alla soglia di povertà, il lavoro a nero, le condizioni insalubri del luogo di lavoro. Condizioni che caratterizzano l’80% delle situazioni di lavoro sia degli italiani che degli esteri per questo è più difficile intervenire”.

Le novità del fenomeno della tratta. “Negli ultimi due anni – continua Morniroli- c’è stata un’invasività importante di donne nigeriane molto giovani mischiate nei barconi insieme ai rifugiati. Sono circa 13 mila, questo ha comportato uno sbilanciamento del piano anti tratta su questo tema. Tanto che a ottobre abbiamo realizzato con le atre realtà italiane impegnate su questo tema  un monitoraggio in strada con 56 unità mobili in un unico giorno. Dalla ricerca è emerso che il 39% delle donne in strada sono  nigeriane giovanissime, che unite alla percentuale del sommerso, raggiunge il 50%. Oggi l’80% delle persone prese in carica da Fuori Tratta sono donne nigeriane”.

Un lavoro lungo e faticoso. Il progetto Fuori Tratta prende in carico le singole persone: va dall’accompagnamento ai servizi, fino alla emancipazione completa del proprio percorso di vita. Un valore importantissimo è quello della presenza di mediatori specializzati e sensibili che compiono un lavoro di avvicinamento e prossimità, finalizzato a costruire la fiducia con le ragazze. A fronte dei percorsi che si riescono a realizzare con un numero limitato di donne perché molte non vogliono o non possono fuoriuscire dalla tratta (quest’anno sono circa 80 le donne che seguono un percorso di fuoriuscita con la Dedalus), c’è un lavoro di informazione ed educazione sanitaria fatto con centinaia di donne ogni anno. “La ricaduta del progetto non è solo quella della tutela delle donne- chiarisce Morniroli-, ma di sicurezza sanitaria dell’intera società. Benché l’art 32 dica chiaramente che la salute è un diritto inalienabile di ogni essere umano e quindi per noi è normale occuparci delle donne vittime di tratta, rispondiamo alla polemica del cattivo utilizzo delle risorse pubbliche che investire in un progetto come Fuori Tratta si traduce in un risparmio notevole per la sanità pubblica a partire dalla riduzione della diffusione dell’hiv”. La Dedalus inoltre si schiera contro le politiche proibizioniste, come quella scandinava che si vorrebbe adottare anche in Italia di multare gli uomini che vanno con le prostitute perché questo non risolverebbe il problema, al contrario lo nasconderebbe “sotto il tappeto” rendendo le donne meno raggiungibili e quindi rendendo “più vittime le vittime”.

La violenza sulle donne. “Tante donne immigrate morte ai bordi delle strade rientrano nei femminicidi -racconta Tania Castellaccio, referente dell’accoglienza delle donne della Dedalus-. Spesso le donne che partono sono grate a chi le porta qui, non sapendo che si tratta dei loro aguzzini e della violenza a cui andranno incontro. Le violenze cominciano nel paese d’origine proseguono in Libia e vengono sfruttate negli stessi CAS, luoghi caratterizzati dall’approccio emergenziale dove dovrebbero essere protette e invece sono violate. Ci sono addirittura donne che non avendo i documenti rischiano di perdere il bambino che hanno partorito”. Una storia esemplare è quella di Jessica a dimostrazione che uscire dalla violenza è possibile. Jessica, nigeriana, ha 25 anni e un bimbo di un anno: in meno di un anno è riuscita a fuoriuscire dalla spirale della prostituzione e a trovare un lavoro anche grazie al ruolo fondamentale delle mediatrici culturali che diventano un riferimento per la rete dei migranti. “Io volevo studiare per fare la giornalista- racconta Jessica-, ma appena sono arrivata in Italia si sono presi il mio sogno. La Donna madame, signora, capo mi ha costretto a lavorare in strada. Molto dolore. Io volevo studiare. Ho deciso di scappare, la mia vita non è cosi che la volevo. Ora la mia vita è cambiata. Ho fatto un corso di italiano, sto lavorando, mio figlio va a scuola. Ringrazio la Dedalus. Stavo di notte alla stazione, piangevo. Una signora mi ha chiesto perché piangi e mi ha detto ti posso aiutare. Mi ha dato un numero verde.  Tante storie di successo, tante di fallimento. “Le storie delle donne fuoriuscite dalla tratta sono storie di reciprocità, scambio e relazione- racconta Piero Sorvillo, operatore ventennale della Dedalus-. Le donne sono portatrici di tanti bisogni, non solo quello di sviluppare una competenza linguistica. Il problema principale per l’inserimento è che le donne non posseggono grandi competenze e una formazione tale da trovare facilmente lavoro soprattutto in un momento storico come questo in cui siamo nelle sabbie mobili. L’inserimento è possibile in contesti poveri spesso caratterizzati dal mercato nero per questo il lavoro che facciamo è molto difficile. Circa il 30% delle donne che seguiamo trova un inserimento stabile. E’ una percentuale di cui siamo felici anche perché il nostro lavoro è fortemente condizionato dai tempi: il circuito dell’accoglienza dura al massimo 18 mesi. Ottenuto il permesso di soggiorno le ragazze vivono un anno e mezzo nel limbo. E’ chiaro che un progetto così accurato non può essere valido su grandi numeri”.

Le richieste. Un progetto come Fuori Tratta costa all’incirca 120-130 euro al giorno perché comprende a fianco all’accoglienza e all’alloggio, come abbiamo visto, tutta una serie di servizi sociali, psicologici e formativi. Per questo il Comune congiuntamente alla Cooperativa Dedalus chiede al Governo maggiori finanziamenti per incrementare i posti Fuori Tratta e della rete Sprar a fronte di un decremento dei posti nei CAS che come è stato detto sono per grandi numeri ma producono violenza piuttosto che sostenere le e persone in un percorso di emancipazione.

Intervista a Jessica

Intervista a Tania Castellaccio

agendo 2023 banner
Prenota la tua copia inviando una e-mail a comunicazione@gescosociale.it
tiSOStengo
unlibroperamico
selvanova natale 2020 banner
WCT banner
gesco 30 anni
napoliclick
Amicar banner 500

Archivio Napoli Città Sociale