Il Festival del Cinema dei Diritti Umani entra nel carcere di Poggioreale

di Alessandra del Giudice 

Antonio MancoIl carcere di Poggioreale è prima tappa del Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli intitolata “Mari, muri e filo spinato”. Lo splendido “Ni un pibe menos” di Antonio Manco, applaudito dagli ospiti del carcere e dai ragazzi della Scuola Da Vinci nella Chiesta dell’Istituto Penitenziario, ha aperto un dibattito acceso sui diritti dei detenuti.

Guarda la Video Intervista ad Antonio Manco

“Abbiamo voluto portare dentro il carcere un messaggio di fiducia e speranza. Perché là dove ci sono dei confini c’è anche la speranza di superarli”; inaugura con queste parole il coordinatore Maurizio Del Bufalo la IX edizione del Festival che dal 6 all’14 novembre 2017 racconta e difende i diritti umani attraverso il linguaggio delle immagini. Presenti alla giornata inaugurale del Festival, promossa dal Gruppo di Imprese Sociali Gesco, i detenuti del padiglione Roma, uno dei più difficili e i ragazzi della scuola Leonardo Da Vinci, situata a pochi passi dal carcere a dimostrare l’intento di abbattere le barriere tra “dentro” e “fuori”.

Appoggia la scelta di aprire la rassegna a Poggioreale il sindaco Luigi De Magistris che mette l’accento sui muri interiori e il valore educativo della pena. “Il carcere – dichiara il primo cittadino - è il luogo delle mura e della sofferenza, ma deve essere anche il luogo del riscatto dove liberarsi dal filo spinato che c’è nell’anima, nel cuore e nella mente. D’altra parte la forza di un paese democratico è tendere la mano a chi soffre e il primo muro da abbattere è quello dell’indifferenza”. Va nella direzione di superare la barriera dell’indifferenza e del pregiudizio nei confronti dei detenuti il progetto manifestato dal Festival dei Diritti di essere sempre più presente in carcere con proiezioni e dibattiti, così come lo sono anche tante realtà sociali che realizzano corsi e laboratori a Poggioreale. Lo ha ricordato anche il nuovo direttore Ciro Proto: “Vogliamo che il carcere non sia un luogo invisibile e separato dal contesto sociale. Il Festival dei Diritti Umani è un’occasione per realizzare l’articolo 27 della Costituzione, come già stiamo tentando di fare con altre esperienze di incontro culturale”.

La violenza delle istituzioni. Per l’inaugurazione del Festival non poteva essere meno adeguata la scelta di proiettare nell’area detentiva “Ni un pibe minos” (non un bambino di meno), intenso film-documentario sulla violenza e la connivenza istituzionale, del regista Antonio Manco che per tre anni ha vissuto a Zavaleta, villa miseria” a 4 km da Buenos Aires, un’area degradata priva dei servizi essenziali, un’area grigia anche sulle mappe, là dove le istituzioni che non si prendono la responsabilità di tutelare i diritti dei cittadini, stentano a riconoscere anche l’esistenza delle favelas argentine. Dalla presenza di strade sterrate così strette che un’autoambulanza non può accedervi e di fatto non accedono neanche medici e infermieri, fino alla scelta deliberata e colpevole di “liberare” la zona dalle forze dell’ordine lasciando libero sfogo al narcotraffico e alle sparatorie tra bande, il film racconta il dramma quotidiano vissuto dagli abitanti.

La Garganta Poderosa. A Zavaleta non c’è solo violenza e abbandono, c’è anche la “Garganta Poderosa” (Gola Potente), una rivista realizzata dai cittadini del quartiere a cui le istituzioni non rendono né giustizia né voce. La Garganta che ha all’interno della sua redazione anche 14 bambini e rappresenta la voglia di reagire in modo positivo alle ingiustizie, come comunità attiva. E’ proprio per raccontare questa esperienza positiva unica che Antonio Manco insieme a Giovanni Carbone del Festival dei Diritti Umani si era recato in Argentina, dieci giorni prima di un fatto che ha poi modificato il taglio e l’obiettivo del documentario realizzato da Manco su un’idea di Carbone, con montaggio di Mario Leonbruno. Il 7 settembre del 2013, nell’ambito di una sparatoria tra bande rivali durata oltre due ore nella piazza di Zavaleta, senza che la polizia intervenga per mettere fine al conflitto, un bambino di 9 anni, Kevin viene raggiunto in casa sua da un proiettile che lo colpisce alla testa e muore. I giornali non riportano neanche la notizia. E’ la Garganta Poderosa che Kevin frequentava a denunciare l’assassinio e il mancato intervento delle forze dell’ordine per mettere fine alla sparatoria sebbene fossero state allertate più volte durante la notte dalle persone terrorizzate.

Il riscatto della collettività. Ni un pibes menos è la storia di un’intera comunità ghettizzata perché considerata povera e criminale e di tutti gli “ultimi” ovvero di coloro che vengono considerati tali dalla società e con questa scusa abbandonati a se stessi. Nel bellissimo documentario, per 70 intensi minuti, al dolore e alla denuncia si alternano il coraggio e l’allegria con cui i latino americani fanno gruppo per riscattarsi. Dalla rivista “Poderosa”, alla mensa realizzata dalle donne volontarie, alle feste organizzate con allegria per i bimbi della villa, all’impegno della mamma di Kevin che fa del dolore personale una motivazione per promuovere assemblee e manifestazioni in tutto il Paese con altre mamme contro la connivenza della polizia e il “grilletto facile”, Ni un pibe menos è anche e soprattutto un documentario sulla speranza e il riscatto.

La denuncia dei detenuti. Attenti alla visione del film gli ospiti di Poggioreale che applaudono con calore l’intervento di Samuele Ciambriello, Garante dei diritti dei detenuti, quando dichiara: “Alla persona che sbaglia va tolta la libertà, non la dignità. Il rischio di un carcere che non tutela i diritti delle persone è che si entra per aver commesso un reato individuale e si esce dopo aver subito un reato da parte dello Stato”. Su questa falsa riga i commenti al film assist per le rivendicazioni dei propri diritti: “Poderosa è diventata potente perché l’avete portata qui nel carcere. Ci sono tanti posti che qui a Napoli somigliano a Zavaleta” commenta Antonio. “Perché la polizia non paga niente e noi paghiamo il doppio? I camorristi, i malavitosi sono loro”, denuncia Francesco. Raffaele chiede invece: “A Napoli pure succede quello che accade in Argentina, ma non si dice (riferendosi a violenza e connivenza delle forze dell’ordine). A 13 anni già vendevo droga. Ora ne ho 44 e ho l’hiv, come posso cambiare le cose se esco e non c’è lavoro, per forza devo continuare a delinquere. Ai miei figli che gli do da mangiare?”

Napoli come Buenos Aires? “Se vieni dalle Favelas non ti danno lavoro, così chi esce dal carcere è marchiato a causa del razzismo. Lo scopo del cinema anche quello di arrivare in luoghi difficili come il carcere e combattere i pregiudizi. Ho trovato nelle villas argentine similitudini con alcuni quartieri napoletani soprattutto per quanto riguarda l’accoglienza e la socialità, oltre che per le difficoltà sociali. Se è vero che la corruzione e la violenza istituzionale in Italia sono presenti in minima parte rispetto all’America Latina, tuttavia in Argentina le persone di fronte all’ingiustizia hanno la speranza che qualcosa cambi mettendosi insieme. Qui ci aspettiamo le cose dall’alto”, risponde Antonio Manco, promettendo di tornare presto in carcere e di realizzare un film documentario a Napoli. 

Il cinema strumento per affermare la tutela dei diritti umani. Il cinema è un linguaggio che può far riflettere sul proprio vissuto e modificare il modo di affrontare la vita, questo il senso del primo incontro del Festival, ma in taluni casi è esso stesso uno strumento di cambiamento. La Garganta Poderosa infatti è capofila di diverse associazioni argentine che hanno presentato alle Nazioni Unite a Ginevra una vertenza contro la violenza sui bambini perpetrata dalle istituzioni argentine, istanza che è stata accolta anche grazie alla testimonianza del film Ni un pibe menos. Intanto il regista Antonio Manco sta continuando le sue ricerche in Argentina, Cuba e Brasile per realizzare un documentario “poderoso” sulle tracce delle tante violenze istituzionali e dei desaparecidos.