Addio all’antropologa Amalia Signorelli

amalia signorelliCi lascia all’età di 83 anni l’antropologa Amalia Signorelli. Punto di riferimento per migliaia di studenti della Facoltà di Sociologia di Napoli Federico II, signora dei salotti televisivi, la Signorelli era soprattutto una professoressa appassionata che amava la sua materia e sapeva coinvolgere i suoi discenti al punto da rappresentarne un pilastro, punto fermo e autorevole nell’ambito della loro formazione universitaria e di vita. Romana di nascita, laureatasi con una tesi diretta da Ernesto De Martino, un nome importante nell’etnologia, dopo avere insegnato per i primi anni a Roma, la Signorelli si era trasferita a Napoli nel ’78.

Una notizia che arriva a colpire il cuore dell’Ateneo federiciano proprio oggi, nella prima giornata di uno dei più grossi convegni dell’Associazione Italiana di Sociologia, presieduta da Enrica Amaturo, che vede in queste ore la presenza a Napoli di numerosi esponenti della materia, presso il Dipartimento di Scienze Sociali in vico Monte della Pietà, lì dove la professoressa ha trascorso la maggior parte della sua carriera accademica, dirigendo anche il Centro di ricerca audiovisiva sulle culture popolari. Negli ultimi anni, oltre a scrivere i suoi editoriali su Il Fatto Quotidiano, era diventata opinionista di varie trasmissioni televisive, tra cui Ballarò, Dimartedì, Otto e mezzo e Servizio pubblico.

Severa ma giusta, dura ma equilibrata, così la definiscono i suoi allievi, a partire dagli stessi sociologi napoletani che poi hanno preso il suo posto nell’attuale assetto del Dipartimento di Scienze Sociali della Federico II. Tra i primi a tracciarne un ricordo il sociologo Fabio Corbisiero, che scrive su Facebook: “Non importa quale fosse lo spunto iniziale, ma il miracolo avveniva sempre e una lezione, in cattedra o in televisione, si trasformava in lavoro su campo. La perla, rara, dell’autorevolezza e della Cultura apparteneva ad Amalia Signorelli. Pochi minuti di lezione erano sufficienti per sospendere il confronto con tutto il resto del mondo prima e della comunità scientifica poi. E non era solo questione di metodo e neppure di seriosità a cui pure ci aveva abituati. Noi allievi avevamo bisogno di una lezione pura, potente, ricca e immaginifica, per imparare cosa fossero davvero i fenomeni di vita associata. Eravamo disposti ad acconsentire ai suoi cambi di tono, dal sottovoce fino all'algido urlo, perché non significava sottomissione, incertezza o subordinazione. Ma enorme rispetto per il suo racconto, la sua sapienza e il suo occhio unico sul mondo dell'alterità. Come nelle aule di qualsiasi università, ci sarà stato qualcuno un po’ duro di comprendonio che avrà avuto voglia di distrarsi dalla narrazione antropologica o qualcun altro che, «nato imparato» e arrogante quanto basta, avrà cercato di sminuire la grandezza di questa nostra Maestra e Collega. Ma il risvolto umano e sociale del mio personale rapporto con Lei è andato oltre la banalità dello standard; è profondo e inestricabile tanto da farmi desiderare di non credere che se ne sia andata per sempre”.

Racconta profondamente commossa un’altra ex alunna, Rosella Gatti, che ha fatto anche da assistente a un suo seminario di Antropologia Urbana e Urbanistica: “Aveva un rigore assoluto, consapevolezza della sua autorevolezza, abilità oratoria e la capacità di appassionarsi e appassionare. Un'autentica Maestra nel senso più alto, ascoltarla era sempre fonte di ispirazione ed accrescimento. Era capace di trasmettere un metodo nel modo in cui accostarsi ad un testo scritto, ad un autore o ad un terreno di ricerca”.

Addio alla Professoressa Amalia Signorelli!

M. N.