Giudici e rappresentanti della società civile insieme per la legalizzazione delle droghe leggere

Prima invece di punire seconda giornataLegalizzare le droghe leggere e mettere l’Italia al passo con i Paesi dove la regolamentazione di marijuana e cannabis si sta sperimentando con successo. È stato questo il tema al centro della prima di tre sessioni di dibattito venerdì 5 e sabato 6 maggio a Palazzo Serra di Cassano nell’ambito del convegno Prima (invece) di punire, organizzato dall’associazione Non è ancora buio in collaborazione con il gruppo di imprese sociali Gesco.

«Il proibizionismo di fronte a certi problemi sociali che non si riescono ad eliminare è la risposta peggiore perché si rinuncia a governarli, rigettandoli nella sfera dell’illegalità e accrescendo l’insicurezza. Se si riporta il tema nella legalità e si regolamenta l’uso delle droghe leggere ciò consentirà di governare il fenomeno. Occorre un cambiamento di mentalità dopo lunghi anni durante i quali si è ragionato esclusivamente in termini di repressione e di inasprimento delle sanzioni», ha detto il giudice Nicola Quatrano nell’introdurre e moderare i lavori della giornata di venerdì 5 maggio, concentrata sulle proposte di regolamentazione e depenalizzazione delle droghe leggere della Direzione Nazionale Antimafia e dell’Intergruppo parlamentare per la legalizzazione della cannabis di cui fa parte Benedetto Della Vedova che ha partecipato con un contributo video, mentre ha inviato i saluti il procuratore nazionale Franco Roberti, costretto a Roma da impegni istituzionali. Sulla questione della legalizzazione sono intervenuti poi il sostituto procuratore nazionale antimafia Francesco Curcio, il giudice Henry John Woodcock e il direttore del Dipartimento Farmacodipendenze della Asl Napoli 1 centro Stefano Vecchio.

«Nei Paesi in cui la legalizzazione è attuata abbiamo avuto numerosi effetti positivi: la verifica sulla qualità e quantità delle sostanze vendute, la riduzione del rischio di consumare sostanze non controllate, attraverso la comunicazione trasparente sull’uso delle sostanze si sono messe le persone in condizione di valutare i rischi e si è eliminato il rischio di incorrere nel reato di spaccio per il semplice uso personale», ha detto Vecchio, che ha spiegato anche che «si è riscontrato un miglioramento del comportamento dei consumatori, una riduzione del consumo e l’abbattimento della criminalità in questo settore. L’Uruguay ha disciplinato sia la vendita sia la possibilità di usare la cannabis e se vai in uno shop si trovano diverse qualità di cannabis con i dati trasparenti: provenienza, quantità dei principi attivi etc. Questo permette al consumatore di conoscere gli effetti attesi e scegliere coscientemente e liberamente la sostanza». E dall’Uruguay ha portato la sua testimonianza il professore di Diritto del Lavoro e della Salute Fernando Rovira, che ha illustrato come l’esperienza uruguaiana della  depenalizzazione delle droghe leggere abbia raggiunto ottimi risultati nel contrasto alla criminalità organizzata nel suo Paese.

«La marijuana – ha detto Rovira – è la droga illegale di consumo maggiore in Uruguay, superata solo da due sue sostanze psicoattive legali: l’alcol e il tabacco. La legislazione precedente puniva la produzione, la conservazione e il commercio e i consumatori erano obbligati a commettere un reato o ricorrere al mercato nero del narcotraffico. L’Uruguay è passato da una strategia meramente repressiva a un approccio medico al consumo delle droghe leggere, che viene inquadrato come un problema di salute pubblica, dimostrando che la regolamentazione riduce i danni ed espone a rischi più bassi i consumatori». Ha partecipato al dibattito il senatore Giuseppe De Cristofaro, vicepresidente della Commissione Affari Esteri ed Emigrazione.

«Di fronte alla criminalità organizzata non servono risposte repressive – ha spiegato l’avvocato penalista Claudio Botti nella sessione pomeridiana dello stesso giorno, dal titolo Napoli ultima città dell’Ottocento: tra illegalità, criminalità e camorre -  La repressione, negli anni, si è dimostrata inefficace perché non ha procurato un reale indebolimento del fenomeno criminale. In questo senso il decreto Minniti, con l’introduzione di alcuni istituti assurdi come la “flagranza differita”, rappresenta una deriva autoritaria per le garanzie individuali ed è proprio l’esempio delle cose da non fare in termini di sicurezza».

Il convegno si è chiuso con un’ampia partecipazione di pubblico. Al centro dell’incontro di sabato 6 maggio il tema Welfare, lavoro e bonifica ambientale, introdotto e moderato dal professore Vittorio Vasquez che ha segnalato il notevole interesse nei confronti dell’iniziativa da parte dei media nazionali. I lavori di sabato mattina hanno visto alternarsi gli interventi del ricercatore Gennaro Ascione, del produttore teatrale Angelo Curti e della sociologa Paola De Vivo.

«Bisogna rimettere al centro del dibattito il tema del Welfare legato a Napoli – ha detto la docente di Sociologia Paola De Vivo - città rilevante nel profilo dello sviluppo del Mezzogiorno, protagonista dell’area mediterranea messa in crisi dalla globalizzazione e dall’europeizzazione. Lo sviluppo va ripensato come percorso condiviso dal basso in cui è necessario tutelare gli interessi di tutti, anche dei più deboli attraverso un Welfare generativo di risorse materiali e immateriali. E’ rilevante che si possano creare contenitori dove iniziare dei percorsi comuni e riflettere insieme sulla città, là dove in presenza di una tale complessità sociale il dibattito è sempre troppo limitato. L’obiettivo auspicabile sarebbe quello di realizzare dei forum pubblici permanenti».

Sono intervenuti inoltre il presidente del Consiglio Comunale di Napoli Sandro Fucito e la sceneggiatrice Maddalena Oliva, autrice di “Robinù”, che ha posto il problema di intervenire prima che i ragazzi arrivino in carcere fornendo loro valide alternative al contesto culturale e sociale degradato di appartenenza. La giornalista ha inoltre comunicato in anteprima che il documentario che “Robinù” sarà trasmesso in prima serata sulla Rai il prossimo 8 giugno. Le conclusioni sono state affidate a Sergio D’Angelo, presidente del gruppo di imprese sociali Gesco: «Dai diversi contributi è risultato evidente che il Welfare è decisivo per lo sviluppo delle città e per costruire condizioni di sicurezza e giustizia nei territori. Ogni volta che si decide di disinvestire sul Welfare e di ridurree le risorse economiche a disposizione per questo settore strategico si corre il rischio che lo Stato sia costretto a sostenere maggiori oneri. Ogni volta che si decide di rinunciare ad assicurare servizi ai giovani, assistenza ai tossicodipendenti, misure innovative per l’accoglienza di immigrati e senza dimora, percorsi di inserimento per donne sole si corre il rischio che lo Stato sia costretto a dover investire maggiori risorse in politiche securitarie. E’ un errore gravissimo che città complicate come Napoli non possono più consentirsi».

I promotori dell’associazione hanno comunicato che nell’arco di un mese verrà completato il percorso costituente con un’assemblea pubblica cui seguiranno approfondimenti tematici che proveranno ad affrontare in modo integrato le questioni complesse della città.