Sociale: Parte da Napoli la petizione per ripristinare il Fondo Sociale Nazionale

I pareri degli esperti di Welfare

welfare manifestazioneA nove anni da “Il welfare non è un lusso” il gruppo di imprese sociali Gesco ha lanciato una petizione rivolta al presidente del Consiglio Matteo Renzi, al Governo e al Ministro del Lavoro e del Welfare Giuliano Poletti per chiedere il ripristino del Fondo Nazionale per le Politiche Sociali sulla piattaforma internazionale Change.org. Sentiamo i responsabili di realtà sociali sulla petizione e sulle soluzioni alla crisi del Welfare in Italia e in particolare nella città di Napoli.


La Petizione: Ripristinare il Fondo Sociale Nazionale per le Politiche sociali

Il gruppo di imprese sociali Gesco ha lanciato sulla piattaforma internazionale Change.org una petizione rivolta al presidente del Consiglio Matteo Renzi, al Governo e al Ministro del Lavoro e del Welfare Giuliano Poletti per chiedere il ripristino del Fondo Nazionale per le Politiche Sociali. https://www.change.org/p/governo-ripristinare-il-fondo-sociale-nazionale-per-le-politiche-sociali. Istituito per trasferire risorse dedicate agli enti locali e garantire l’offerta di servizi sociali e socio-assistenziali, il Fondo è stato ridotto negli anni con continui tagli, emblematici anche del progressivo ridimensionamento dell’impegno pubblico sul welfare. Oggi a causa della progressiva contrazione della spesa sociale da parte dello Stato, gli enti locali non riescono a garantire un adeguato sistema di welfare per persone anziane, disabili, senza dimora, bambini e ragazzi disagiati, famiglie e donne in difficoltà, immigrati, persone con problemi di dipendenze.

La situazione riguarda tutto il Paese ma è nel Mezzogiorno che si registrano le quote più basse di spesa sociale pro capite: il Sud infatti presenta una spesa media pro-capite che ammonta a meno di un terzo di quella del Nord-Est: circa 50 euro rispetto a circa 160 euro. Napoli quest’anno, anche a causa dei mancati trasferimenti statali, oltre duemila persone tra anziani e quelle con disabilità non godranno più dell’assistenza domiciliare; circa tremila bambini e adolescenti non potranno più accedere al servizio dei convitti e dei semi-convitti; oltre duecento anziani soli non potranno contare sull’accoglienza in casa di riposo;  circa 400 alunni disabili non potranno più studiare.

«A un aumento della domanda sociale – si legge nella petizione - non sono corrisposti adeguati finanziamenti alla rete dei servizi e le politiche sociali, fondamentali per migliorare la qualità della vita e tutelare quel diritto alla salute e alla parità di trattamento di tutti i cittadini che è stabilita dalla nostra Costituzione».
Per questo Gesco e i firmatari della petizione chiedono il «ripristino del Fondo Nazionale per le Politiche Sociali con la previsione di almeno un miliardo di euro e di individuare come criterio di finanziamento stabile per le politiche sociali la quota capitaria, definendo i livelli essenziali di assistenza sociale così come previsti dalla Costituzione e dalla legge 328».
La petizione è il primo passo verso l’apertura di una nuova mobilitazione per le politiche sociali, a nove anni dal movimento “Il welfare non è un lusso” ispirato da Gesco proprio per combattere i tagli dello Stato e il conseguente disinvestimento degli enti locali nel welfare. Il gruppo ha già indetto un’assemblea cittadina prevista per il pomeriggio del 4 ottobre prossimo nel cinema Modernissimo di Napoli, con il sostegno di Cgil, Cisl, Uil, Usb, Alleanza delle Cooperative Italiane (Legacoopsociali, Agci Solidarietà, Federsolidarietà).


L’opinione di Pietro Barbieri, portavoce del Forum del Terzo Settore

pietro barbieriPer Pietro Barbieri, portavoce del Forum del Terzo Settore, la soluzione alla crisi del Welfare deve chiamare in causa tutte le istituzioni, non solo il Governo centrale e al Fondo Sociale Nazionale per le Politiche sociali, vediamo in che modo.

 “Il taglio effettivo al Fondo Sociale Nazionale per le Politiche Sociali che al suo massimo storico aveva raggiunto un miliardo di euro è riconducibile all'ultimo Governo Berlusconi, con il Governo Monti sono stati ripristinati 400 milioni per politiche sociali e 400 per la non autosufficienza, contestualmente è stato attivato il SIA Sostegno per l'Inclusione Attiva nell’ambito del Piano nazionale per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale. Nel SIA ci sono 750 milioni per la povertà e un miliardo l’anno prossimo e la maggioranza delle risorse dovrebbero andare al Sud più povero (rispetto al SIA il Governo ha indetto un bando per incrementare gli operatori sociali e dunque la capacità di fare presa in carico, il problema è quali realtà hanno la capacità di partecipare).
In tutto siamo a circa 2 miliardi per le Politiche Sociali, rispetto al fondo storico siamo al doppio. Dunque parlare di ripristino non è corretto, piuttosto il tema è che lo stanziamento non è abbastanza. Rispetto alla media europea gli investimenti italiani nelle politiche sociali sono molto più bassi: abbiamo un gap con l’Europa a 15 in media di 2 punti di Pil.
La domanda dei bisogni in Italia non è mai stata evasa neanche lontanamente, in proporzione la spesa degli enti locali va dai 6 ai 7 miliardi, mentre il contributo statale è di 1 miliardo. La stragrande maggioranza dei fondi è comunale ed è il Comune che deve garantire i servizi, non si può pensare di risolvere il problema del welfare con fondi nazionali. L'incapacità di gestire i fondi non si può attribuire al Governo centrale poiché le condizioni con cui vengono assegnati sono le stesse da anni. Il Comune di Napoli non può parlare di problema di trasferimenti poiché questi non sono cambiati da un anno all’altro. Chi si candida a fare il sindaco deve mettere in calendario la strutturale carenza di fondi. Lo storico il Comune lo deve garantire e se non lo fa significa che ha deciso che i fondi per le politiche sociali vadano su altre cose.

I fondi per il sociale dei comuni e la disparità nord-sud: I comuni del Sud vivono il gap con quelli del centro-nord rispetto alla spesa per le politiche sociali per ragioni storiche. Nel 1997 il decreto Craxi fotografò le spese dei Comuni per il sociale e stabilì che i trasferimenti fossero fatti in base a quelle esigenze, dunque ai comuni che avevano una maggiore necessità di spesa fu riconosciuta quella spesa. Oggi i trasferimenti vengono influenzati dalla spesa storica oltre che dal numero della popolazione come stabilisce il titolo V della Costituzione, dunque la maggiori esigenze dei comuni più poveri non sono contemplate e si mantiene la disparità. Proprio per far fronte a questo gap con il governo Monti sono stati istituiti i fondi strutturali PAC Piano di azione per la coesione, risorse che servono per garantire servizi ai soggetti più deboli, come i giovani e gli anziani non autosufficienti per dare alle regioni del sud maggiori opportunità. Ma il punto è che questi fondi vengono spesi nella misura del 20, 30% . I cittadini scontano l’incapacità complessiva degli enti locali di fare il proprio mestiere come hanno fatto le Regioni del nord. Emblematico il caso della Regione Lazio dove per disaccordo tra i Comuni i fondi per le politiche sociali e la non autosufficienza non sono stati spesi. Insomma se la scarsità di fondi è endemica, scontiamo l’incapacità delle Regioni di spendere. Se non c'è una capacità di spesa degli enti locali non si pongono le basi per incrementare spesa e ciò spinge il Governo a seguire la strada dei bonus erogati dall’alto tramite l’inps, saltando dunque i luoghi di prossimità quali le Regioni e Comuni che dovrebbero essere più vicini ai bisogni dei cittadini.
C'è la necessità che le nostre organizzazioni sociali facciano da cani da guardia rispetto all’investimento dei fondi.

Il tema è che bisognerebbe garantire i livelli essenziali di assistenza tutelando i diritti delle persone fragili e per raggiungere questo scopo deve concorrere la spesa nazionale, regionale e comunale. Sono anni che stiamo lavorando per raggiungere questo scopo, il vero problema è che in 4, 5 anni sono cambiati 4 Governi, spesso incoerenti tra loro, ed è difficile a queste condizioni fare una pianificazione.
nonostante ciò qualcosa di importante lo abbiamo ottenuto: nell'ultima legge di stabilità abbiamo ottenuto la garanzia che i fondi per le Politiche Sociali e l’Autosufficienza diventassero stabili. L'appello che va fatto a Renzi è quello di stilare un piano serio per rispondere alle emergenze sociali del Paese che sono crescenti, auspicando che nella prossima legge di stabilità ci sia un congruo investimento nelle Politiche Sociali.
In definitiva penso che non ci sia un unico colpevole ad un Welfare insufficiente, ma che lo siano tutti. Le Politiche Sociali sono fondamentali non solo per le singole famiglie in difficoltà, ma anche per il contrasto alla criminalità, al lavoro nero. Il mancato investimento nel Welfare genera distanza dall'Europa”.

Testimonianza di Pietro Barbieri, tratta da un’intervista di Alessandra del Giudice

ll Forum Nazionale del Terzo Settore è parte sociale riconosciuta. Si è ufficialmente costituito il 19 giugno 1997. Rappresenta  75 organizzazioni nazionali di secondo e terzo livello – per un totale dioltre 94.000 sedi territoriali – che operano negli ambiti del Volontariato, dell’Associazionismo, della Cooperazione Sociale, della Solidarietà Internazionale, della Finanza Etica, del Commercio Equo e Solidale del nostro Paese. Il Forum del Terzo Settore ha quale obiettivo principale la valorizzazione delle attività e delle esperienze che le cittadine e i cittadini autonomamente organizzati attuano sul territorio per migliorare la qualità della vita, delle comunità,attraverso percorsi, anche innovativi, basati su equità, giustizia sociale, sussidiarietà e sviluppo sostenibile.


L'opinione di Giampiero Griffo

Giampiero GriffoL'opinione di Giampiero Griffo, responsabile della Sezione sulle Diversità della Biblioteca Nazionale di Napoli,attivo nell’associazionismo di difesa dei diritti umani delle persone con disabilità fin dal 1972 a livello locale, nazionale ed internazionale, è autore di numerosi articoli, volumi e ricerche sul tema della disabilità. Membro del consiglio mondiale di Disabled People’s International e dell’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, è responsabile dell’applicazione in Italia della Convenzione Onu sui diritti delle persone disabili.

"Credo che la petizione lanciata da Gesco sia troppo morbida nei confronti del Comune di Napoli. Con la FEDERHAND – FISH ONLUS  abbiamo incontrato l'amministrazione a giugno, li abbiamo sollecitati sul calcolare i fondi disponibili e l'assessore al Welfare si è impegnata a garantire la continuità dei servizi e ci ha detto che a breve si sarebbe fatta la  gara d'appalto.
Il 12 settembre abbiamo fatto un nuovo incontro e ci hanno detto che non ci sono i soldi, che a novembre ne riparleremo, ma intanto non si fanno le gare d'appalto, i servizi domiciliari sono sospesi, il trasporto anche, stiamo assistendo all'interruzione di un servizio pubblico essenziale. Stiamo ragionando sulle denunce penali o su un'eventuale class action.

C'è anche un discorso politico perché anche il riparto dei fondi nazionali per le attività di sostegno non è ancora operativo in Campania poiché c'è un contenzioso su
come ripartire, mentre in Lombardia si è già ripartiti. E' evidente la discriminazione: gli studenti con disabilità non vanno a scuola. Nella Conferenza nazionale sulle disabilità a Firenze venerdì 16 e sabato 17 settembre andremo con la richiesta dell'aumento del fondo per le non autosufficienze e di un piano su questo tema che deve essere collegato a tutti i progetti di vita indipendente.
A fine agosto il comitato dell'ONU che si occupa dei diritti delle persone con disabilità ha esaminato il report dell'Italia e ha concluso che non c'è un'implementazione sufficiente delle linee guida della Convenzione ONU dei diritti delle persone con disabilità che pure l'Italia ha ratificato. 
Il tema è che non basta dire che ci vogliono più soldi, ma bisogna riformulare il Welfare. In ogni caso, secondo me, portare all'attenzione nazionale il tema e firmare la petizione è una cosa giusta".