Emergenza criminalità a Napoli

Le associazioni: “Non si risolve nulla con l’esercito, servono interventi sociali”

militari a napoliCome in una scena già vista, a partire dagli scontri tra bande criminali che hanno insanguinato nei giorni scorsi le strade di centro e periferie, si ritorna a parlare a Napoli di “emergenza criminalità”. La risposta dello Stato – ovvero l’arrivo di 250 militari annunciato durante il vertice napoletano dal Ministro degli Interni Angelino Alfano “per fermare i fucili” nelle zone più a rischio di Napoli, come Forcella e Scampia – non si è fatta attendere.

“Queste unità di rinforzo rappresenteranno il presidio di legalità che intendiamo contrapporre agli episodi di violenza e di recrudescenza della criminalità e alle faide interne, potenziando il controllo del territorio e rafforzando la fiducia dei cittadini nelle istituzioni” aveva spiegato il ministro, sottolineando però che “l’invio dell’esercito rappresenta solo uno dei pilastri del piano più generale del Viminale contro il crimine”.

Ma mentre le prime mimetiche già si intravedono per le strade del centro cittadino, ci si interroga sull’utilità reale dell’intervento militare. Dopo le dichiarazioni critiche del questore di Napoli Guido Marino apparse sulla stampa (“Completamente inutile l’esercito”) e dello stesso presidente della VIII Municipalità cittadina Angelo Pisani (“L’esercito è necessario ma non sufficiente”), a farsi sentire ora sono le associazioni che operano sul territorio, per le quali il problema della criminalità non si può risolvere con la sola repressione. “Sicurezza e legalità – dice Giovanni Zoppoli, educatore, fondatore del Centro Territoriale Mammut di Scampa – passano da un modello di welfare diverso”.

“Ciclicamente torniamo a parlare a Napoli di emergenza criminalità – sottolinea Zoppoli – ma è come se riavvolgessimo il nastro”. Ma qualcosa oggi è cambiato. Zoppoli lo spiega così: “Rispetto a soli due, tre anni fa, stiamo assistendo al disastro totale di ogni politica sociale e all’assenza totale di welfare a ogni livello, da quello statale a quello locale. In altri termini, la capacità da parte dello Sato sociale di rispondere ai bisogni dei cittadini è nettamente peggiorata, per non dire assente”. Il quadro, stando a quanto descrive l’operatore di strada della periferia Nord di Napoli, è molto più drammatico di quanto si possa immaginare, al punto che ormai la questione non si può più ridurre semplicisticamente a ‘partito pro e contro esercito a Napoli’. “La situazione è economica è disastrosa dappertutto – precisa Zoppoli – Anche se gli indicatori economici sembrerebbero più positivi, non abbiamo assistito a un effettivo miglioramento sul fronte dell’occupazione”.

A un’economia sempre più fragile, si aggiunge l’assenza totale dello Stato e in particolare di welfare, per cui, secondo Zoppoli, tutto è affidato sempre più all’attivismo e al volontarismo e sempre meno a interventi sociali strutturati. I quartieri fanno da sé, mettendo a disposizione proprie risorse e, in mancanza di attività sociali stabili, non si intravedono soluzioni vere e proprie salvo sporadiche iniziative di buona volontà. “Dall’osservatorio privilegiato del Mammut – dice ancora Giovanni Zoppoli - stiamo vedendo che, in controtendenza, si sono quasi azzerati gli atti vandalici e gli scontri tra bande di ragazzini, ma è un dato che significa poco perché può dipendere dal lavoro che facciamo sul territorio”.

Quali possibili soluzioni? “Il pubblico deve tornare a farsi sentire, non asservendosi all’imprenditoria privata ed essendo libero dai poteri forti. Bisogna introdurre misure di sostegno al reddito come il Reddito Minimo e di contrasto alla marginalità sociale e, allo stesso tempo, agire sulla cultura di cittadinanza, ad esempio trattando i rom che vivono da generazioni a Scampia come cittadini tra gli altri. Questo discorso vale anche di più per le periferie, dove lo stigma culturale, a partire dall’immagine che ne veicolano i media, è molto radicato”.

Maria Nocerino