Il lessico dell'omofobia

e ora di essere civiliMentre si scende in piazza per dare forza al traguardo dell’uguaglianza (e noi ci siamo) vogliamo raccontarvi perché "finocchio" o "frocio" sono parole che fanno male. Ben oltre il campo di calcio. In attesa della discussione al Senato del ddl sulle Unioni Civili.

"In un film di Nanni Moretti, Palombella rossa, il protagonista rimprovera aspramente una giornalista perché usa alcune espressioni correnti come «il femminismo e tutto il resto», «un matrimonio a pezzi», «rapporto in crisi», «alle prime armi», «il mio ambiente è molto cheap»: appena pronuncia quest’ultima frase con anglicismo la povera giornalista subisce un’aggressione e prende perfino uno schiaffo; quando poi esclama «ma lei è fuori di testa» le arriva anche il secondo schiaffo. Certo il personaggio morettiano è davvero fuori di testa, ma le sue istanze restano impresse nella mente dello spettatore, che è pronto a prendere sul serio le sue dichiarazioni di principio: «Le parole sono importanti», e poi: «Chi parla male, pensa male»":  così scriveva Nicola De Blasi, Professore di Storia della lingua italiana all’Università di Napoli “Federico II” nella prefazione del Vocabolario Sociale realizzato da Gesco  con il Comune di Napoli nella primavera del 2014.

E proprio da questa pubblicazione vogliamo partire oggi per offrirvi uno spunto di riflessione  anche su quanto accaduto al San Paolo il 19 gennaio poco prima della fine della partita Napoli-Inter quando Sarri ha chiamato Il tecnico dell'Inter, Mancini 'frocio' e 'finocchio'.

Se l’omosessualità rappresenta un modello di orientamento affettivo e sessuale, configurandosi come l’inclinazione romantica e/o l’attrazione erotica tra persone dello stesso sesso e un omosessuale, sia uomo sia donna, può vivere senza alcuna difficoltà la propria appartenenza al genere maschile o femminile ma al contempo provare attrazione per individui del suo stesso sesso, termini come quelli utilizzati dall'allenatore del Napoli risultano offensivi per diversi motivi e rientrano nel lessico dell'omofobia. Vediamoli insieme, partendo dalle ricerche realizzate da Salvatore Mosolino:

Finocchio è usato per prendere in giro e insultare i gay. L’ipotesi più accreditata sui motivi dell’utilizzo di questo temine sono riconducibili al fatto che il finocchio, come pianta e come spezia, vale pochissimo in termini monetari. Pertanto, il finocchio sembra perfetto per indicare un uomo che si pensa non valga nulla, cioè il gay, erroneamente considerato come la negazione della mascolinità.

Frocio è un termini offensivo che si utilizza per riferirsi a gay molto effeminati ed è uno dei termini più comunemente utilizzati per indicare  disprezzo per il maschio omosessuale. Parola gergale proveniente dal dialetto romanesco, le ipotesi sulla sua origine sono varie: deriverebbe dai Lanzichenecchi, che durante il Sacco di Roma del 1527 acquisirono fama di soldati particolarmente brutali e feroci (froci, appunto) arrivando a stuprare donne e uomini indistintamente, ma è possibile anche  una derivazione dallo spagnolo flojo-floscio, volto ad indicare un individuo senza carattere e privo di forza di volontà, diventa il romanesco froscio.

Ma perché oggi torniamo sull'origine di queste parole, salite, purtroppo, alla ribalta delle cronache? Perché in un momento così importante per il nostro Paese e in vista della discussione al Senato del ddl sulle Unioni Civili occorre ricordare che in Italia la tutela dalle discriminazioni dovrebbe essere già sancita dal primo comma dell’articolo 3 della Costituzione, secondo il quale «tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali» e anche nel caso particolare di omosessuali, bisessuali e transessuali il divieto di discriminazioni fondate su “condizioni personali” sembrerebbe costituzionalmente sancito. Il vuoto legislativo che ancora oggi persiste e che limita e non tutela a pieno la condizione di molti va colmato, dunque, anche tenendo presente che come ogni altra manifestazione di libertà, anche la libertà di parola trova un limite nella libertà altrui. Anche se si è arrabbiati. Anche se si sta giocando.

Sabato 23 Gennaio, allora, sarebbe stato bello vedere Sarri in piazza insieme ai cittadini, le associazioni, i movimenti, uniti per l'uguaglianza e i diritti civili perché anche a Napoli ci sono persone e famiglie che necessitano di questa legge e che attendono un briciolo di riconoscimento e tutela da troppo tempo. In realtà, il tecnico, invitato da Antonello Sannino, presidente di Arcigay Napoli aveva spiegato di non poter essere presente ma si dice prontissimo ad incontrare Sannino e dunque, in attesa degli sviluppi della vicenda, chiudiamo questo articolo con le parole degli organizzatori del corteo napoletano. I motivi per restare accanto a loro ben oltre l'appuntamento del 23 sono tantissimi: 

"Chiediamo di scendere in piazza anche a tutte quelle persone omosessuali sfiduciate e scettiche dal Ddl Cirinnà. Abbiamo bisogno anche di voi per portare a casa questo disegno di legge che, se mai ora ad alcuni di voi "non serve" o non vi interessa, ma ad altre persone come voi in questo momento serve più che mai; e ci servirà a tutti in futuro.

Attraverso le manifestazioni sarà rivolto il seguente appello a Governo e Parlamento:
“L’Italia è uno dei pochi paesi europei che non prevede nessun riconoscimento giuridico per le coppie dello stesso sesso. Le persone gay, lesbiche, bisessuali e transessuali non godono delle stesse opportunità degli altri cittadini italiani pur pagando le tasse come tutti. Una discriminazione insopportabile, priva di giustificazioni. Il desiderio di ogni genitore è che i propri figli possano crescere in un Paese in cui tutti abbiano gli stessi diritti e i medesimi doveri. Chiediamo al Governo e al Parlamento di guardare in faccia la realtà, di legiferare al più presto per fare in modo che non ci siano più discriminazioni e di approvare leggi che riconoscano la piena dignità e i pieni diritti alle persone gay, lesbiche, bisessuali e transessuali, cittadini e cittadine di questo Paese. La reciproca assistenza in caso di malattia, la possibilità di decidere per il partner in caso di ricovero o di intervento sanitario urgente, il diritto di ereditare i beni del partner, la possibilità di subentrare nei contratti, la reversibilità della pensione, la condivisione degli obblighi e dei diritti del nucleo familiare, il pieno riconoscimento dei diritti per i bambini figli di due mamme o di due papà, sono solo alcuni dei diritti attualmente negati. Questioni semplici e pratiche che incidono sulla vita di milioni di persone. Noi siamo sicuri di una cosa: gli italiani e le italiane vogliono l’uguaglianza di tutte e di tutti.”