Paralimpiadi, Matilde Lauria: «A Tokyo, portavoce dei sordociechi»

matilde lauriaUn sorriso contagioso, una voce rassicurante e tanta forza, da vendere. Matilde Lauria, classe 1966, è l'unica sordocieca al mondo che pratica judo.

Napoletana, mamma di Paola, Gabriele e Marco, i suoi sostenitori più accaniti, Matilde è reduce dai Giochi Paralimpici dove si è aggiudicata il settimo posto  nella categoria -70 kg.

«È un risultato che per me assume un valore particolare – spiega l'atleta - perché ho avuto l'onore di combattere contro un mostro sacro, la Maldonado. Ma, di là della classifica, essere a Tokyo per me ha significato coronare un sogno: volevo essere portabandiera di una categoria non considerata,  dar voce ai sordociechi,  che vengono chiamati i “silenziosi”. Spero di esserci riuscita perché ci ho messo tutta me stessa».

Un percorso in salita, quello di Matilde, che non conosce il significato della parola “arrendersi”, nonostante le continue difficoltà. Ipovedente dalla nascita, sedici anni fa un incontro importante le ha cambiato la vita.

Matilde Lauria 1

«Ho conosciuto il maestro Gennaro Muscariello nella palestra Partenope, quando ho accompagnato mio figlio Marco che praticava judo e mi ha proposto di gareggiare. Con grossa fatica ho iniziato a fare competizioni con normodotati. Poi, dopo quattro anni, sono diventata completamente cieca, ma ho voluto proseguire il mio percorso. Così, mi sono tesserata per l’Asd Noived di Napoli, presideduta da Rocco De Icco, iscritta alla Fispic, Federazione Italiana Sport Paralimpici per Ipovedenti e Ciechi, e ho continuato a fare gare».

Durante il cammino, però, arriva un'altra batosta: Matilde perde l'udito e ogni volta  che combatte sul tatami  lo fa nel silenzio più assordante.

«Sono diventata sorda otto anni fa ed è stata davvero dura. Mi piace molto gareggiare, ma prima di iniziare sono molto nervosa. L'idea di togliere la protesi non è semplice per me. Cado in un silenzio profondo, io che sono abituata a vivere nel caos. Ma riesco a trasformare la mia tensione in grinta. Una grinta, una voglia di vivere ereditate da mio padre che purtroppo non c'è più. Lui è stato il mio faro, un punto di riferimento e mi ha resa fiera di tutto ciò che faccio. In mio padre e nella mia famiglia trovo la forza per affrontare tutte le sfide che mi si presentano davanti».

Una vita ricca di impegni anche nel sociale con la Lega del Filo d'Oro e nella palestra nella quale si allena.«Così come sono stata aiutata io – sottolinea Matilde – voglio tendere una mano gli altri, a coloro che si trovano in una condizione simile alla mia. E voglio lanciare loro un messaggio di incoraggiamento: si può cadere, però l'importante è rialzarsi, tentare il tutto per tutto e proclamare “Io ce la posso fare”. La disabilità va vissuta, non combattuta». 


Donatella Alonzi

Vorrei puntare sulle paralimpiadi del 2024 vorrei portare la squadra dei non vedenti