Ecco perché è impossibile intervenire a Kabul

Emanuele Iervolino (DiamoUnaMano): “Gli afghani ci chiedono olio, farina e scarpe”

afghani“Finché non sarà chiara la situazione, non si può fare niente. La macchina umanitaria è ferma e non si possono spedire soldi. Chi dice che sta prestando aiuti in Afghanistan mente. I talebani hanno chiuso tutto, del clima di terrore che sta vivendo il popolo afghano qui arriva solo una minima parte. Il racconto mediatico non rende”. A denunciarlo è Emanuele Iervolino, presidente dell’associazione DiamoUnaMano, nata a Napoli circa 20 anni fa e attiva sia a livello locale che internazionale.

Questa piccola organizzazione, ad esempio, ha fatto tanto in Siria, organizzando la spedizione mensile di 2 tonnellate di farina, l’equivalente di 500€ per sostenere circa 100 persone in enormi difficoltà economiche per colpa della guerra.

“La cosa principale da fare in questi casi è spedire soldi con cui le famiglie possano acquistare beni di prima necessità – spiega Iervolino – Io non penso alla pace del mondo, non solo perché non compete a me ma anche perché oggi la situazione è davvero troppo confusa, noi sappiamo poco di ciò che sta effettivamente succedendo a Kabul”.

La disinformazione e la confusione è il primo dato con cui fare i conti. L’associazione, per farsi un’idea di ciò che sta effettivamente accadendo, cerca di prendere contatti con le persone del posto, innanzitutto attraverso il passaparola e mediante i Social, che fanno da eco alle notizie che DiamoUnaMano riesce a diffondere. “Questa gente ci racconta in prima persona quello che vive e che vede. Le famiglie hanno perso tutto, non riescono a mangiare, ci chiedono olio, farina e scarpe. Cose essenziali, perché i talebani hanno chiuso tutto. Vista la situazione, al momento è impossibile aiutarli, ad esempio mandare soldi a persone fidate del posto che facciano anche da intermediarie con le famiglie più in difficoltà. Bisogna aspettare che si apra un ponte”.

“La popolazione vive in uno stato di terrore, ci sono persone che, con il nuovo ordine della dittatura talebana, rischiano di morire, poliziotti filogovernativi, persone che hanno scritto di diritti umani”. A tal proposito, l’associazione DiamoUnaMano ha contattato il ministro degli Esteri Di Maio per metterlo a conoscenza di una lista di persone che rischiano la vita: uomini e donne che hanno fatto tanto per i diritti ma le cui battaglie ora, in questo nuovo ordine di cose, potrebbero rappresentare la loro condanna a morte. “Abbiamo avuto un riscontro positivo, ci hanno detto che ne prenderanno atto, già avere avuto una risposta dallo staff della Farnesina è molto importante”, sottolinea il responsabile dell’organizzazione napoletana.

“Voler interloquire a livello politico con i terroristi è da folli, dimostra che il nostro Paese non ha capito nulla di politica estera”, dice Iervolino che sul Covid Residence di Ponticelli che ieri ha accolto in città circa 100 profughi afghani precisa: “Non ha senso per noi intervenire sulla macchina dell’accoglienza coordinata dalla Regione Campania in questo momento; vogliamo aiutare queste popolazioni nelle piccole cose”.

Intanto, in queste ore, nuove immagini arrivano ai canali dell’associazione: le ultime raccontano di bambini che, prima della presa della città da parte dei talebani, facevano una vita normale, ora sono nella lista dei profughi da portare in Italia, in attesa di un volo che chissà se e quando partirà.

Maria Nocerino