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venerdì 29 Marzo 2024




Schiaffi e minacce alle ragazze lesbiche. Quando il problema viene dall’alto

“Cosa è un bacio? Un apostrofo rosa fra le parole t’amo” reciterebbe il foglietto di un noto marchio di cioccolatini. Non si specifica però che tale apostrofo debba essere “scritto” da labbra prettamente maschili e femminili, altrimenti si può facilmente trasformare in schiaffi, insulti, violenza. Lo sanno bene le quattro ragazze recentemente vittime  di episodi di omofobia. Tutte “Colpevoli” di essersi scambiate effusioni, sulla spiaggia - come nel caso di Francesca e Martina, cacciate a spintoni dalla spiaggia di Bacoli dal nonno e dalla madre di una bambina che sarebbe rimasta sconvolta da tali comportamenti - e ferme in auto ad un semaforo ad Arzano , come capitato a due giovani fidanzate “punite” da un passante per la pubblica manifestazione d’amore con ingiurie e schiaffi. 

Tutto ciò mentre in parlamento si prolunga, fra tira e molla, dietrofront e strategie politiche, l’approvazione del Ddl Zan, il disegno di legge che dovrebbe inasprire le pene previste per fenomeni di omofobia e, in generale, per ogni tipo di discriminazione legata alla diversità. Nonostante il passo in avanti fatto con il passaggio al Senato, Il rischio che il Ddl sia rimandato a settembre è concreto: senza una mediazione tra contrari e favorevoli il testo rimane impantanato a palazzo Madama scomparendo dal calendario almeno fino al 30 luglio per far posto a questioni come Sostegni bis e Recovery, decreti in scadenza che devono essere approvati prima della pausa estiva. Il Ddl Zan intanto può attendere, mentre uomini e donne continuano a subire violenza per aver “deciso” di amare una persona del proprio sesso. 

mani copia“Si considera la questione dal punto di vista sbagliato. E in quanto professionista del settore comunicazione in ambito culturale questa cosa non può che saltarmi all’occhio” Racconta Tiziana Beato, operatrice nel settore comunicazione, formazione e eventi.“Ci scagliamo contro gli attori sbagliati: il passante, il nonno e la mamma della bambina, senza andare alle radici della questione. Che educazione hanno avuto queste persone? Da quali contesti sociali provengono? Cosa ha fatto lo Stato attraverso i suoi strumenti, la scuola, i servizi sociali, la legislazione, per fare in modo che non la pensino così?”. Mamma di una bambina avuta con un’altra donna, Tiziana ha sempre vissuto con naturalezza la sua sessualità, decidendo di non farsi “corpo politico” ma di portare il suo essere una donna che semplicemente ama un’altra donna nel mondo che la circonda quotidianamente. “Non amo gridare all’omofobo, non sarebbe giusto. Alcuni comportamenti sono dettati semplicemente dalla comune maleducazione o dal fatto di essere sprovvisti dei mezzi per comprendere un fenomeno. E, paradossalmente, i fenomeni di chiusura verso il mio essere omosessuale sono venuti soprattutto da persone del ceto borghese, mentre dalle persone più semplici ho sempre riscontrato atteggiamenti di solidarietà e comprensione”. Secondo Tiziana quindi puntare il dito serve a ben poco. Più importante sarebbe andare al nocciolo della questione, individuare i veri responsabili. Perché il nonno o il passante al centro dei recenti episodi sono solo la punta dell’iceberg.“Sono una voce fuori dal coro: sinceramente non posso dire di esser stata vittima di comportamenti omofobi. Tantomeno leggo ogni sguardo severo, ogni parola scortese, ogni fenomeno di emarginazione attraverso le lenti della discriminazione. A chi è stato maleducato o indiscreto, a chi mi dice “non sembri lesbica, sembri una donna” rispondo facendo spallucce o con una battuta. La mia arma è l’ironia e lo sfottò. Eppure se mi chiedi se oggi, per strada, bacerei tranquillamente la mia compagna ti dico di no.Semplicemente perché non mi sento tutelata da una società e da un sistema giudiziario che dovrebbe, nei fatti, tutelarmi. La legittimazione dei comportamenti omofobi viene dall’alto e continuerà ad esser così, fino a quando una legge cruciale come il DDL Zan viene considerato di secondaria importanza ”.