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Giovedì 28 Marzo 2024




Percorsi di Autonomia Guidata: il progetto che ha fatto crescere oltre 40 ragazzi

man 2562325 960 720“Mi sento libero e responsabile”, “Non pensavo di riuscire a vivere da sola e guardate ora dove sono arrivata”, “Ho realizzato il mio sogno e ora ho un contratto di lavoro”. Sono alcune delle frasi emozionanti - ed emozionate – dei giovani che hanno sperimentato i PAG/Percorsi di Autonomia Guidata, i cui risultati sono stati presentati nel corso di un seminario promosso dal Comune di Napoli e organizzzato online questa mattina da Gesco.

Grazie ai PAG, della durata di un anno, 44 ragazzi residenti nel Comune di Napoli, tra minori stranieri non accompagnati e italiani, usciti dalle comunità di accoglienza al raggiungimento della maggiore età, sono riusciti a trovare una strada, accompagnati passo dopo passo, verso la conquista di una propria autonomia. 

Il progetto PAG/Percorsi di Autonomia Guidata

Il progetto PAG - realizzato dal Comune di Napoli nell’ambito del Programma Operativo Nazionale Città Metropolitane PON METRO 2014-2020 nel triennio 2018-2020 -  in particolare ha coinvolto giovani neomaggiorenni in uscita dai percorsi di accoglienza che per motivi diversi, decadenza della responsabilità genitoriale, minori stranieri non accompagnati, scelta di riscatto nei confronti della storia familiare, non rientrano presso la famiglia di origine. Il progetto nasce dall’esigenza di costruire un intervento “ponte” tra le dimissioni da un contesto protetto come la comunità e la personale condizione di autonomia dei giovani, attraverso un accompagnamento che non si interrompa bruscamente al compimento del diciottesimo anno di età, ma affianchi i neomaggiorenni fino al raggiungimento della piena autonomia sociale, formativa ed economica.  

Tre i punti cardine del progetto: formazione e lavoro, abitare e azioni trasversali e propedeutiche.

Il primo punto ha riguardato la possibilità di accompagnare questi ragazzi nel mondo del lavoro attraverso tirocini formativi e lavorativi; il secondo la possibilità di condurli verso la scelta di abitare da soli optando per una soluzione di condivisione (convivere con altre persone in una struttura intermedia in cui vengono sostenuti in alcune ore della giornata) oppure in autonomia (vivere da soli in appartamento), a cui si poteva comunque arrivare in un secondo step.

Le azioni trasversali riguardano il punto nodale e, allo stesso tempo, la costante del progetto, avendo a che fare con tutti gli interventi di accompagnamento, il lavoro di èquipe, il tutoraggio, il supporto che è stato offerto ai giovani step by step, secondo un percorso personalizzato.

“Si tratta di un accompagnamento socio-educativo che avviene soprattutto grazie alla presenza di tutor, punto di riferimento per questi ragazzi che vanno verso l’autonomia ma con delle fragilità e una grande paura del futuro”, ha spiegato Barbara Trupiano, dirigente del Servizio Politiche per l’Infanzia e l’Adolescenza del Comune di Napoli.

Il progetto, tra numeri e criticità

Grazie alle “azioni trasversali”, il progetto ha incrociato 138 ragazzi in tre anni, con una prevalenza di maschi, tra di loro minori stranieri non accompagnati e italiani. Hanno intrapreso il percorso 54 ragazzi, il 65% stranieri, il 35% italiani, di cui 35 maschi e 19 femmine. Circa il 65% dei ragazzi vi è entrato verso il 18esimo anno di età, in corrispondenza del termine di misure disposte dalle autorità giudiziarie e, più in generale, nel passaggio delicato “dalla tutela alla cura”. Alcuni hanno sentito l’esigenza di riavvicinarsi alla famiglia d’origine ma questo desiderio non sempre è stato appagato, perché molti contesti familiari sono rimasti problematici per questi ragazzi. Così, molti sono rientrati nel progetto. Rispetto all’abitare, la maggior parte di loro opta per la soluzione intermedia, perché non si sente pronto ad assumersi completamente la responsabilità di una casa tutta propria da gestire (il 69% contro il 31%) ma, in entrambi i casi – in coabitazione o da soli - i ragazzi ricevono una quota che serve per le piccole spese di tutti i giorni.

A snocciolare i dati è Dora Artiaco, responsabile tecnica del Comune di Napoli che evidenza: “Una delle maggiori difficoltà sta nel metter su casa da soli per questi giovani che, nella stragrande maggioranza dei casi, vivono una forte esclusione sociale perché non hanno reti di supporto all’esterno, usciti dai loro percorsi. Questo si scontra poi con un mercato immobiliare in cui difficilmente si trovano case con caratteristiche minime di abitabilità e con regolare contratto, nonostante gli enti gestori facciano da garanti per il fitto”.

Dei 54 che hanno iniziato il percorso, 44  hanno superato il primo anno, 3 hanno abbonda nato e 7 stanno ancora completando i 12 mesi. “Un’altra criticità è quella relativa alla lentezza delle pratiche burocratiche che rallentano tutto il processo, soprattutto in tempi di pandemia, per cui non si rientra nei tempi previsti”. 38 su 44 di loro hanno portato avanti un tirocinio formativo, 24 hanno ottenuto un contratto di lavoro. Ogni ragazzo ha a disposizione un tutor per 6 ore settimanali, che rappresenta un supporto e una regia per tutti gli aspetti, da quelli amministrativi a quelli psicologici, che vengono trasferiti alle figure di competenza nell’èquipe multidisciplinare.

Le testimonianze 

Il progetto è svolto dal gruppo di imprese sociali Gesco (èquipe Lotto 1, coordinato da Amalia Cleopatra, per cui sono intervenute la referente Lidia Azzarita e la psicologa Roberta Fiore) e dalle cooperative sociali Era e Dedalus (èquipe Lotto 2, coordinato da Edlir Sina, per cui sono intervenuti il referente Tommaso Russo e lo psicologo Daniele Mango). Oggi, nel corso dell’incontro di presentazione del progetto, a parlare, oltre ai referenti istituzionali, sono stati loro, i protagonisti del progetto. Ecco alcune testimonianze.

LOTTO 1

Baubucarr, originario del Gambia: “Devo ringraziare il PAG! Ho iniziato il mio tirocinio in cucina al ristorante Il Poggio come aiuto cuoco con lo chef Michele che era il mio tutor. Dopo che ci siamo fermati per il covid, mi hanno chiamato di nuovo e mi hanno fatto un contratto a tempo indeterminato, lavoro con le consegne ma il mio sono è quello di diventare cuoco. Per quanto riguarda la casa, durante la pandemia è stato complicato trovarla, così ero al Don Bosco, poi ho trovato un appartamento in via Tribunale, dove ora vivo e mi trovo bene. Prima era un po’ difficile abitare da solo, ora mi sento responsabile e libero! Ho fatto anche un bel viaggio da solo in Germania”.

Rosa, 22 anni, napoletana: “Il mio sogno era quello di frequentare la scuola italiana di disegno di Comix ma non mi è stato possibile per varie ragioni, così ho ripreso in mano la grafica, una mia vecchia passione, ho fatto un corso che rientrasse nell’anno del progetto e iniziato un tirocinio formativo nell’Ufficio comunicazione Gesco dove il mio tutor Giovanni mi ha insegnato tutto quello che sapeva di grafica. Ora sto frequentando finalmente la scuola di disegno Comix! A ottobre farò illustrazione o fumetto, non so ancora. All’interno del progetto, ho convissuto in casa perché non ero pronta per l’autonomia piena, credo che sia una questione non solo esteriore ma una cosa mentale. Ora che non ho più vincoli, mi rendo conto di quello che acquisito grazie a questa esperienza”.

LOTTO 2

Amza, 20 anni, originario del Marocco: “Stavo in una casa famiglia, la mia assistente sociale mi ha parlato dei PAG, non avevo dove andare, ho iniziato le attività ma il mio problema era il permesso di soggiorno, senza il quale non potevo entrare a far parte del progetto. Abbiamo fatto una corsa, sono riusciti a risolvermi il problema ed eccomi qui. Ho scelto una soluzione abitativa intermedia perché non ero pronto per andare a vivere da solo, ho continuato gli studi come tecnico per il turismo e cominciato il tirocinio in un’agenzia di viaggio, ho preso anche la patente! Il mio consiglio è non mollare, lottare per i propri sogni. L’unica cosa che secondo me va cambiata è quella del tempo, che è diverso per ognuno di noi, non può essere 12 mesi per tutti”.

Rosa, 19 anni, napoletana: “Sono stata in comunità per 8 anni con i miei fratelli, poi sono uscita perché ero  arrivata ai 18 anni, un’età in cui non sempre si riesce a sottostare alle regole imposte dall’alto, poi c’era la voglia di riallacciare i rapporti con l’esterno…Ho avuto la possibilità di fare tanto grazie a questo progetto!”.

M. N.

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