Non è un paese per bambini, ma soprattutto non lo è per bambine

La pandemia colpisce forte: in aumento diseguaglianze e povertà educativa 

kids 1093758 960 720Il nostro non è un paese “a misura di bambino”, ma soprattutto non è “a misura di bambine”, e la pandemia non ha fatto che peggiorare la situazione. Questo il quadro tratteggiato dall’XI Atlante dell’infanzia a rischio, “Con gli occhi delle bambine”, in vista della Giornata mondiale dell’Infanzia e dell’Adolescenza che si celebra il 20 novembre. Ai tempi del Covid, oltre ad aumentare le diseguaglianze sociali e il divario Nord-Sud, cresce la povertà educativa, di cui avevamo già parlato qualche giorno fa con la ricercatrice universitaria Rosaria Lumino.

I dati nazionali: la Campania è in affanno

Circa 1 milione e 140 mila ragazze tra i 15 e i 29 anni rischiano, entro la fine dell’anno, di ritrovarsi nella condizione di non studiare, non lavorare e non essere inserite in alcun percorso di formazione, rinunciando così ad aspirazioni e a progetti per il proprio futuro. Un limbo in cui già oggi è intrappolata 1 ragazza su 4, con picchi che si avvicinano al 40% in Sicilia e in Calabria, e che vede percentuali più alte per le ragazze anche nei territori più virtuosi, come il Trentino Alto Adige, dove a fronte del 7,7% dei ragazzi, le ragazze Neet sono quasi il doppio (14,6%).

L’aumento della povertà educativa come conseguenza della pandemia rischia di tradursi nella perdita di apprendimenti e competenze educative, nell’incremento della dispersione scolastica così come del numero di giovani tagliati fuori da percorsi di studio, di formazione o lavorativi, tutti fenomeni già ben presenti prima dell’arrivo del virus. 

Basti pensare alla possibilità di frequentare un asilo nido o un servizio per la prima infanzia, che in Italia resta un privilegio per pochi: nell’anno scolastico 2018/2019 solo il 13,2% dei bambini ha accesso a servizi pubblici offerti dai Comuni, con percentuali che si fermano al 3% per la Calabria, al 4,3% per la Campania e al 6,4% per la Sicilia. Il divario territoriale è molto evidente e vede sul lato opposto della graduatoria la provincia autonoma di Trento al 28,4% e l’Emilia Romagna al 27,9%. 

Il divario di genere

C’è un divario di genere, alimentato da diseguaglianze sistematiche e ampiamente diffuse nel nostro Paese, che non accenna a ridursi, nonostante bambine e ragazze siano più brave dei loro coetanei a scuola, abbiano meno bocciature e abbandoni scolastici, si mostrino più resilienti e cooperative, abbiano competenze maggiori in lettura e in italiano e arrivino a laurearsi molto più dei ragazzi. 

Le bambine e le ragazze accumulano durante il loro percorso scolastico delle lacune nelle materie scientifiche, già ravvisabili dal secondo anno della scuola primaria, ma che crescono via via: ad esempio le bambine alla fine della primaria ottengono un punteggio medio ai test Invalsi di matematica di 4,5 punti inferiore rispetto ai coetanei, uno svantaggio che sale a -6 punti al 2° anno delle superiori, fino a -10 punti all’ultimo anno delle scuole superiori.

Questa elevata "specializzazione" di genere nell’ambito delle competenze scolastiche si riverbera poi nella scelta dell’indirizzo di studio, che rafforza queste differenze, e di conseguenza della facoltà universitaria. Occorre invertire la rotta, per non doverci svegliare dalla pandemia in un mondo del lavoro tutto al maschile, con l’effetto di scoraggiare le ragazze che sono oggi impegnate in un percorso educativo già ricco di ostacoli.

Il calo demografico

Il paese sta perdendo il suo capitale umano più importante: i bambini. I dati mostrano un calo dei nuovi nati, confermando come nel nostro Paese sia in atto un continuo smottamento demografico, che procede a passo sempre più spedito: negli ultimi dieci anni abbiamo perso oltre 385 mila minori, che oggi rappresentano il 16% del totale della popolazione mentre l’incidenza degli 0-14enni è la più bassa tra i Paesi dell’Ue (13,2% contro il 20,5% della capofila Irlanda). Sono due province sarde – Oristano e Sud Sardegna – quelle con la percentuale più bassa in Italia di minori sul totale della popolazione (rispettivamente 12,5% e 12,9%), seguite da Ferrara al 13,2%. Sul fronte opposto, tra le province più giovani, troviamo Bolzano al 19%, Napoli al 18,8% e Caserta al 18,5%.  

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