Taglio parlamentari: perché è giusto dire no

SenatoI prossimi 20 e 21 settembre, in concomitanza con le elezioni regionali, si voterà per il referendum confermativo della riforma costituzionale sul taglio dei parlamentari, che riduce i deputati da 630 a 400 e i senatori da 315 a 200. Da Napoli oggi parte la mobilitazione a dire no alla riduzione del numero dei membri del parlamento italiano attraverso un comitato promotore di un manifesto che è già stato sottoscritto da molte personalità del mondo politico, giuridico, accademico e culturale della Campania ma non solo.

Ce ne parla il notaio e scrittore Dino Falconio, tra i primi firmatari del documento: “È un falso mito che ci sia un grande risparmio dal taglio dei parlamentari, perché la spesa ridotta equivale ad un caffè all’anno per ogni italiano”. “Nel momento in cui c’è una grande crisi di rappresentanza democratica – prosegue – si fanno più forti le distanze tra istituzioni e cittadini, eletti ed elettori. Questa riforma rischia di essere controproducente da questo punto di vista”.

Oggi, nella conferenza stampa online di presentazione del manifesto - cui hanno partecipato tra l’altro personalità come Vania Maffeo, docente di Procedura Penale all’Università Federico II; Gennaro Marasca, presidente della Corte di Cassazione Penale; Massimo Gazzara, docente di Diritto privato; Vincenzo Bochicchio, docente di Filosofia teoretica; Francesco Maria Lucrezi, docente di Diritto romano; Alessandro Zampella - sono state illustrate le ragioni dei sostenitori del no, tra cui spiccano, tra gli altri rappresentanti, Mario Rusciano (professore emerito di Diritto del lavoro dell’Università Federico II) e Nicola Scarpato (direttore di Medicina Trasfusionale della azienda universitaria ospedaliera Federico II).   
 

Manifesto del Comitato Napoletano per il NO al Referendum populista sul taglio della rappresentanza democratica

NO perché il numero dei parlamentari può essere ridotto soltanto se si pone fine al bicameralismo cosiddetto “paritario” o “perfetto”, differenziando le funzioni tra le due Camere e assegnando al Senato essenzialmente la funzione di camera di controllo e delle regioni, abolendo la conferenza Stato-Regioni.

NO perché questa revisione costituzionale sottoposta a referendum confermativo nasce dall’improvvido accordo dell’ex maggioranza di governo giallo-verde, accomunata da radici autoritarie e verticistiche, con evidente e dichiarato spregio per la democrazia rappresentativa e il parlamentarismo.

NO perché il risparmio derivante dalla riduzione è quantificato nello 0,007% della spesa pubblica, equivalente a 1,35 euro annui per cittadino italiano: una cifra irrisoria, utilizzata ad arte per nascondere il vero “costo della politica” rappresentato da una inadeguata selezione della classe dirigente senza alcun criterio di competenza e professionalità.

NO perché è necessario oggi, come dopo la seconda guerra mondiale, un numero congruo di parlamentari che rappresentino tutte le zone del Paese per governare meglio i conflitti sociali che, anche secondo il Ministro dell’Interno, si verificheranno in autunno come conseguenza della pandemia.

NO perché la riduzione dei senatori da 315 a 200 in regime di bicameralismo paritario renderebbe difficile, se non addirittura impossibile, come alcuni studiosi hanno segnalato, un regolare funzionamento del Senato a causa dell’assegnazione di ogni senatore a più commissioni referenti. 

NO perché in combinato disposto con la vigente legge elettorale (Rosatellum) verrebbe concentrato e rafforzato il potere di scelta dei deputati e senatori in mano alle segreterie e centri di comando dei partiti, incrementando ancor più l’anomalia del “Parlamento dei nominati” anziché degli eletti.

NO perché la riduzione dei parlamentari così come proposta in presenza dell’attuale legge elettorale (Rosatellum) priverebbe alcune vaste zone del Paese di rappresentanza politica, con conseguente carenza di tutela delle minoranze, e consentirebbe ad una coalizione che abbia anche meno del 45% dei voti di conseguire oltre il 66% degli eletti con conseguente possibilità di cambiare, senza l’apporto delle minoranze, la Costituzione e di nominare cinque giudici costituzionali e tutti i rappresentanti laici del CSM.

NO perché la crisi istituzionale di rappresentatività politica va combattuta in senso contrario: recuperare e non annacquare la relazione di prossimità fra eletti ed elettori per consentirne un controllo più diretto e ravvicinato. Ampliare la grandezza dei collegi elettorali, fin quasi al raddoppio del numero di cittadini per singolo rappresentante, provoca fra essi maggiore scollamento. 

Primi firmatari

Dino Falconio, Gennaro Marasca, Massimo Gazzara, Valeria Marzocco, Alfonso Cecere, Aldo De Chiara, Amerigo D’Amelia, Alina Grattarola, Egidio Laurella, Angelo Iollo, Bruno Palazzo, Titta Iadicicco, Dino Sangiorgio, Federico Baffi, Fabio Mangone, Vania Maffeo, Francesco Lucrezi, Giancarlo Laurini, Gianfranco Staiano, Annamaria di Trapani, Giovanni De Simone, Giovanni Marasca, Giovanni Ranavolo, Paola Carbone, Giuliano Laccetti, Guglielmo Allodi, Leone Melillo, Maria Felicia Carraturo, Nino Daniele, Nicola Scarpato, Paolo Maniero, Paola Evangelisti, Pasqule Crispino, Riccardo Colicchio, Roberto Maglio, Licia Presta, Umberto Ranieri, Silvio Mastrocola, Vincenzo Bochicchio, Floriana Romanzi, Vincenzo Pugliese, Francesco Perillo, Salvatore Prisco, Marilù Ferrara, Massimo Orlo, Nazzareno Melillo, Valeria Scaglione, Lucio Marcello Falconio, Gianni De Leva, Filippo Gasperoni, Antonella Ferillo, Enrico Ricciuto, Francesco Scalzone, Vincenzo Esposito, Luciana Pollara, Max Cafaggi, Bernardino Stangherlin, Giovanni Banco, Giusy Gatta, Alessandro Falco, Claudio La Rosa, Alessandro Zampella, Mariella Preta, Pompea Del Vecchio, Gennaro Mirabella, Mariarosaria Ferrante, Nino Masucci, Mario Rusciano, Osvaldo Cammarota.