Il Cedro del Libano che rendeva vivo il Largo San Giovanni Pignatelli è stato barbaramente ucciso da alcuni piccoli delinquenti che volevano legna da ardere per il fuoco di Sant'Antonio.
Ma la cittadinanza non si arrende e pianterà un nuovo albero. Per scegliere che tipo di albero piantare, sabato 28 gennaio dalle 10.30 alle 12 si potrà votare in Largo Giusso oppure inviare una mail a chiricopresidente@gmail.com. L'iniziativa è della Municipalità 2 in collaborazione con fondazione Campagna Amica/Coldiretti, Arteteka e Kestè, invitano la cittadinanza ad esprimere la propria preferenza per l'albero da piantare. Sabato 4 febbraio sarà piantato l'albero scelto.
"Trasformiamo questo tronco e le sue radici, il nostro credo caduto in guerra, in un'opera d'arte che resti in piazza. Tale opera dovrà essere un monito, come a voler dire: "MAI PIÙ dovrà accadere"!" con questo grido di dolore Fabrizio Caliendo, storico gestore del Kestè ha invitato la cittadinanza ad avviare un processo di auto determinazione: sabato 28 gennaio si decide che albero piantare tra: un ulivo, un cedro del libano, un cedro citrus e un altro albero a scelta. Ma ciò non toglie che quei bambini, come sono quelli che ogni settimana si rendono protagonisti di azioni piene di arroganza e violenza spesso nei confronti di minoranze culturali o sessuali o nei confronti di inermi cittadini nonché dei beni comuni, stanno uccidendo la speranza e con essa il loro stesso futuro. Cosa c'è di più eterno e vitale di un albero? La sua uccisione è il segno che qualcosa di gravissimo sta avvenendo: la morte stessa si sta impossessando del presente della città: i suoi giovani. E non basta ripiantare un albero se non si ripianta, con un'azione pedagogica massiccia e dunque un concreto massiccio investimento da parte delle istituzioni, la giustizia e la speranza. E al contempo tutti i cittadini, nessuno escluso dovrebbero porsi delle domande: Quale futuro ci attende? E quale futuro attende questi giovanissimi che scaricano in strada ormai tutta la loro repressione e violenza, senza sapere dove far confluire le loro energie di adolescenti?
Purtroppo la storia dell'albero ucciso è l'ennesima dimostrazione di un'apatia collettiva come ha fatto notare Caliendo nell'appello pubblico: "L’albero è stato attaccato sino ad essere dichiarato pericolante e dunque da abbattere; l’assenza di un presidio h24 ha permesso tutto questo, quindi le istituzioni e la cittadinanza attiva ha perso. Hanno perso i ragazzini che non hanno avuto la loro legna da ardere ma sono però riusciti ad abbattere quel simbolo di “resistenza". Hanno perso tutti dunque. La società tutta è rimasta a guardare, leggendo dai giornali e da fb la vicenda, come se si partecipasse di una mini serie televisiva in cui non ci sia nulla da fare se non assistere alle vicende".
Troppo spesso chi lavora con coscienza e competenza sul fronte della cultura, della pedagogia, della lotta civile per i diritti, tra cui quello di ragazzini così disastrati ad avere un'alternativa possibile a famiglie evidentemente altrettanto violente, è riunito in gruppi separati, dallo spazio, dalla mancanza di comunicazione, dalla mancanza di un coordinamento istituzionale. Pensiamo al Gridas, al Mammut che ha proprio in questi giorni lanciato un appello a creare un coordinamento tra educatori, pensiamo alle strutture liberate dai giovani come l'Ex Asilo Filangieri e ancora tanti volontari. Il punto è che non basta il volontariato e l'autogestione, è necessaria una presa di posizione istituzionale sui problemi sociali della città.
AdG