Violenza di genere: la voce delle vittime

hand 1832921 960 720“Sono stata sposata 34 anni, di cui 17 vissuti nel terrore. La paura mi assaliva tutti i giorni perché mio marito mi usava violenza fisica e psicologica. Esercitava controllo su me e i miei figli, ci isolava, ci schiaffeggiava, ci tirava i capelli. Anche io tendevo a giustificarlo per lo stress da lavoro o per il contesto della sua famiglia.

Non potevo fare nulla, nemmeno shopping: mi minacciava e mi picchiava. Lui sapeva come colpirmi e tenermi soggiogata. Ad un certo punto non ce l'ho fatta più: ho contattato un centro antiviolenza e sono stata accompagnata per mano verso la conquista della mia libertà”. A parlare è Vanessa, nome di fantasia, che ieri ha raccontato la sua storia nel corso dell’incontro online “100 passi contro la violenza”, ideato e organizzato da Teresa Sasso, dirigente scolastica dell’Istituto Comprensivo 47 Sarria Monti di Napoli.

L’appuntamento rientra nell’ambito del progetto “Una carezza in un pugno” contro la violenza di genere, realizzato in collaborazione con la Fondazione Famiglia di Maria e in partnership con altre tre scuole ed il dipartimento Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Quella di Vanessa era soltanto una voce, perché parlare delle violenze subite non è semplice e mostrarsi ad un pubblico così ampio come la rete può diventare pericoloso. Una voce a cui si è poi unita anche quella di Laura, altro nome di fantasia. “Aspettavo un figlio da un uomo violento. L'ho scoperto durante i primi mesi di gravidanza. Lui mi picchiava e dava calci sulla pancia perché non voleva il bambino. Dopo 3 mesi ci siamo persi e poi ritrovati dopo un anno e mezzo. Lui sembrava dolce e sembrava che volesse riallacciare un rapporto con il bimbo. Ma dopo poco è tornato ad essere violento: schiaffi, pugni, minacce alle mie amiche. Io lo giustificavo sempre fino al momento in cui non ha cercato di strangolarmi davanti a mio figlio. Io vidi lo sguardo atterrito del bambino e da allora capii che quella storia doveva finire, che dovevo pensare a mio figlio, che dovevo denunciare. Il centro DreamTeam mi ha dato grande supporto. E se oggi sono viva lo devo al fatto di non essere stata sola”.

Nel corso del dibattito, moderato dalla dirigente Teresa Sasso, si è cercato anche di offrire soluzioni al problema della violenza di genere. Tra queste, l’iniziativa lanciata dal presidente dell’associazione Fast, Farmacisti Attivi sul Territorio, Pietro Carraturo, che ha voluto presentare in anteprima l’idea di un metodo originale per chiedere aiuto: “Anche in farmacia può esserci un momento di incontro per chiedere aiuto. In particolare noi lanceremo un'iniziativa tesa ad aiutare chi ha bisogno di un contatto con i centri antiviolenza. Le donne che hanno necessità di una mano in quanto vittime di violenza possono chiedere in farmacia un ‘rossetto numero 21’ e, nel rispetto della privacy, noi attiveremo immediatamente la procedura di assistenza con uno dei presidi antiviolenza. In passato avevamo già distribuito delle mascherine con il numero dei centri antiviolenza e abbiamo voluto proseguire con delle iniziative concrete”.

“Si deve partire dalla scuola e dal territorio per contrastare la violenza di genere - ha spiegato la dirigente Teresa Sasso - È stato doloroso non potersi interfacciare in presenza con i ragazzi e parlare di questi temi, ma la scuola ha un ruolo fondamentale nella prevenzione e nel contrasto agli abusi e alle violenze sulle donne, soprattutto in contesti in cui la subcultura della criminalità spesso prende il sopravvento”.

L’incontro, che è durato 90 minuti, ha visto la partecipazione di centinaia di persone attraverso i canali social, con tanti commenti di incoraggiamento e di ringraziamento. “Siamo in un momento particolare in cui i ragazzi sono stati allontanati dalla scuola e bisogna trovare nuove modalità di stare in relazione”, ha commentato l’assessore alle Pari Opportunità, Libertà civili e alla Salute del Comune di Napoli Francesca Menna. “Il tema è quello dell'accettazione dell'altro e della diversità. Bisognerebbe provare a rafforzare il femminile e il maschile con le loro differenze di linguaggio. Le istituzioni non riescono a stare dietro alle problematiche che emergono. Le risorse sono poche quasi come se l'attenzione per le persone e per le pari opportunità fosse meno importante di altri interventi. Il lavoro nelle scuole va sostenuto di più”, è stato il suo impegno.

Sulla stessa linea anche la presidente della Fondazione Famiglia di Maria, Anna Riccardi, secondo cui “mentre negli Usa si insediava come vicepresidente una donna, noi restiamo bloccati in un mondo patriarcale e maschilista difficile da sconfiggere. Spetta alle donne, anche se non solo a loro, prendere consapevolezza del proprio valore. Le battaglie delle donne hanno bisogno di gambe su cui camminare e chi ci rappresenta, come la neo vicepresidente americana o le parlamentari italiane di qualsiasi schieramento, devono farsi nostra voce. Noi saremo con il fiato sul collo di chi deve erogare risorse e mettere in campo strumenti. Noi le poltrone le vogliamo perché le responsabilità ce le sappiamo prendere. Se la coperta è corta o ce la presentano corta, noi dobbiamo tirarcela dalla nostra parte”.

“L'educazione ai sentimenti è uno dei momenti fondamentali per inserirsi nel percorso di crescita dei ragazzi” ha sottolineato Patrizia Palumbo, presidente di Associazione Dream Team - donne in rete. “Purtroppo la scuola non programma su queste tematiche. Per questo oggi che vedo la scuola, insieme ad altri enti, impegnarsi su questi temi sono speranzosa. La pandemia della violenza sulle donne si sconfigge con la prevenzione. C'è silenzio intorno a questi temi e soprattutto sulla violenza domestica”.

A chiudere l’appuntamento è stata l’europarlamentare Pina Picierno, secondo cui “è stato bello ascoltare la voce di donne che hanno saputo liberarsi grazie ad un tessuto sociale che ha saputo far rete intorno a loro. A livello europeo abbiamo una serie di strumenti come per esempio la Convenzione di Istambul che serve per prevenire la violenza, colpire chi si macchia di questo delitto e assistere le donne. Dobbiamo lavorare sull'emancipazione e sulla rappresentanza delle donne. Dobbiamo avere voce”.

"È importante fare un lavoro di rete, le sinergie sono importanti" - ha commentato la psicologa Silvia Ferrarelli -  Va fatto un lavoro sui giovanissimi per interrompere circuiti e sistemi di violenza che con il tempo potrebbero essere amplificati o reiterati".