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Giovedì 25 Aprile 2024




“Italiani, anzi italianissimi, eppure clandestini”

Intervista a Fred Kuwornu, regista di 18 Ius Soli

spike-lee-fred-kuwornuFred Kuwornu, è l’autore di 18 IUS SOLI film documentario che racconta 18 storie di ragazze e ragazzi nati e cresciuti in Italia, ma con origini diverse da quella italiana. Vivono o sono nati nel nostro paese eppure non sono riconosciuti cittadini italiani come tutti gli altri. Sarà a Napoli lunedì 20 all’ex Asilo Filangieri per la chiusura della campagna L’Italia sono anch’Io.

Fred, papà straniero e mamma italiana, è già impegnato da anni in campagne di promozione per i diritti dei migranti e degli afro americani. Lavora tra gli Stati Uniti e l’Italia. In seguito all’incontro con Spike Lee e alla partecipazione a Miracolo a Sant’Anna, Fred si dedica alla realizzazione di Inside Buffalo, documentario su un tema mai trattato prima, di un intero reparto dell’esercito formato da afro-americani nella seconda guerra mondiale. Poi il film - documentario simbolo della battaglia per la cittadinanza dei figli di stranieri nati in Italia che sarà proiettato lunedì a Napoli.

Fai anche tu parte della seconda generazione?

“Tecnicamente no perché mio padre è straniero e mia madre è italiana e sono nato già con la cittadinanza ed ho un back ground diverso da chi non ha nonni italiani. I miei diritti non sono violati, ma forse anche per la mia origine mista le diversità mi hanno sempre affascinato.

Inoltre avendo una cultura italiana capisco come può pensare un italiano di 70, 80 anni e per questo voglio trovare un linguaggio per fare arrivare anche a lui certi temi attraverso l’impatto emotivo”.

Come è nata l’idea di 18 Ius soli?

“Nel 2011 ero negli Stati Uniti e ho letto sul giornale che in Italia c’è il problema legislativo per i ragazzi di seconda generazione. La prima sensazione che ho avuto è stata di grande stupore: davo per scontato che chi cresce in Italia avesse diritto alla cittadinanza. I miei amici americani si sono scandalizzati. L’idea è stata quella di realizzare un documentario che avesse un impatto mediatico, che potesse scuotere le coscienze e operare dei cambiamenti. Quando ho realizzato il docu-film in Italia si stava diffondendo la campagna L’Italia sono anch’io”.

Come ha raggiunto i giovani protagonisti del film?

“Mi è stata utilissima la rete di associazioni, in particolare l’Anolf 2g, il coordinamento dei giovani di seconda generazione. Ho incontrato circa 100 ragazzi e ne ho selezionati 18 di cui ho raccontato le storie. Oltre alle storie ho realizzato intervistate anche a sociologi e politici italiani”.

Cosa ti ha più colpito della condizione giuridica dei giovani di seconda generazione?

“Per i ragazzi nati in Italia se entro un anno dal compimento del diciottesimo anno ne fanno richiesta teoricamente dovrebbe essere più facile ottenere la cittadinanza, ma se dimenticano di fare la domanda o non sono nati in Italia la concessione diventa arbitraria.

Devono comunque affrontare un iter burocratico lungo e complesso, che non sempre termina con esiti positivi per il richiedente e tra la richiesta e la concessione trascorrono spesso 3- 4 anni e talvolta i ragazzi si trovano in un limbo e rischiano di diventare clandestini.Coloro fanno richiesta del permesso di soggiorno per motivi di studio o di lavoro sono  costretti alla trafila del rinnovo ogni due anni. I ragazzi sentono che gli si fa una concessione discrezionale non che possono usufruire di un diritto che hanno anche gli altri con conseguenti e inevitabili gravi problemi di inserimento sociale e d' identità”.

E della loro vita di ogni giorno?

“Che si sentono italiani molto più di tanti italiani che ci sputano sopra all’essere italiani. Italiani, ma anche romani, milanesi, napoletani. I ragazzi sentono molto anche l’identità locale.

Tra le tante storie mi ha colpito quella di Anastasio nato a Parma e che per problemi burocratici, ha vissuto qualche mese in clandestinità perché gli era scaduto permesso di soggiorno e non aveva ancora ottenuto la cittadinanza. Un vero scandalo”.

I prossimi progetti?

“Presto lanceremo la campagna “Sono nato qui” dal titolo di una canzone scritta da Valentino, uno dei ragazzi di 18 ius soli. Vogliamo mostrare come è cambiata l’Italia in questi anni.

Inoltre ho iniziato a lavorare ad un documentario sugli immigrati che lavorano nel sistema sanitario italiano ad un livello alto: dirigenti, medici, infermieri.

Sto organizzando la prima edizione italiana di un film festival dedicato film, documentari girati da registi di origine afro o africani residenti in Italia. Sulla scia di “Inside Buffalo”, sto realizzando un nuovo documentario sull’apporto dato dagli italo-americani all’esercito, sempre durante la seconda guerra mondiale, erano oltre un milione, quasi il 10% dei soldati. Anche su di loro non è mai stato fatto nulla prima. Da questo spunto si passa al racconto di come la comunità è cambiata nel corso dei decenni.

Il mio scopo è ancora quello di fare attivismo civile attraverso linguaggi che possano arrivare a tutti: quelli dei film e dei documentari”.

Alessandra del Giudice

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