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Mercoledì 24 Aprile 2024




Quando la Giustizia divenne pregiudizio

Storia attuale della sentenza che seguì il pogrom di Ponticelli

pogrom"L'adesione agli schemi di vita Rom per comune esperienza determinano nei loro aderenti il mancato rispetto delle regole". Un luogo comune che insieme a tanti altri ha alimentato nei secoli l'odio nei confronti delle comunità nomadi. Nel 2009 fu firmato, nero su bianco con il peso di una sentenza, da un giudice del Tribunale di Napoli. Dopo i fatti di Torino l'avvocato Valle che seguì il caso ripercorre la vicenda.

Angelica ha compiuto 19 anni. Da ottobre è affidata ad una struttura di accoglienza che la ospita gratuitamente, ha studiato, è diventata un'ottima cuoca e spera di lavorare come pasticciera quando sarà libera. Dopo quasi tre anni nel carcere minorile di Nisida pochi mesi ancora e avrà finito di scontare la pena. Alla sua storia è legata una delle vicende più tristi del recente passato di Napoli: Angelica è la ragazzina Rom arrestata per aver rapito una neonata nel maggio del 2008; fu l'accusa che scatenò la feroce reazione popolare e la devastazione del campo Rom di Ponticelli. Una dinamica simile a quanto avvenuto a Torino solo pochi giorni fa.

Nel suo caso però non ci fu nessuno a scagionarla: "L'unica testimonianza di cui si tenne conto fu quella della madre della neonata, che fornì una ricostruzione inverosimile dei fatti", sostiene l'avvocato Cristian Valle che difese Angelica, "rimane la più grande sconfitta della mia carriera professionale, ma soprattutto fu un abominio giudiziario".

Da brividi la sentenza che elevava a fonte giuridica "la comune esperienza" secondo cui i Rom sono incapaci di rispettare le regole. A redigerla fu un giudice del Tribunale del Riesame di Napoli che negava ad Angelica una misura cautelare alternativa al carcere, e attingendo a piene mani dal Codice del pregiudizio aggiungeva: "Emerge che l'appellante è pienamente inserita negli schemi della cultura Rom. Ed è proprio l'essere assolutamente integrata in quegli schemi di vita che rende concreto il pericolo di recidiva". In altri termini essendo Rom se l'avessero lasciata libera avrebbe continuato a rubare bambini.

Avvocato Valle come reagì a quella sentenza?

"Non potevo crederci, fui preso dallo sconforto. Pensai all'inadeguatezza di quel giudice, a quelli che erano stati giudicati da lui in passato e a quelli che avrebbe giudicato in futuro. Oggi è ancora lì al suo posto. All'epoca però c'era solo l'urgenza di provare l'innocenza di Angelica".

Che però è stata condannata.

"La madre raccontò che si era introdotta in casa e aveva rapito la neonata, approfittando del fatto che lei fosse in un'altra stanza. Tutto in pochi secondi e senza far rumore. Poi l'avrebbe raggiunta sul pianerottolo riprendendosi la piccola. Fu l'unica testimonianza dell'accusa. La sua parola contro quella di Angelica che si dichiarava innocente. Sufficiente però a farla condannare. A nulla valse il fatto che la signora avesse precedenti penali e lei fosse una bambina di quindici anni incensurata".

Alla notizia del tentato rapimento seguì la rappresaglia contro il campo Rom. Cosa ha pensato vedendo l'assalto degli ultrà a Torino?

"Nel 2006, due anni prima di Ponticelli, avevo già patrocinato i Rom che si erano visti distruggere le baracche a Ercolano. Un raid notturno di persone armate di molotov, che avevano chiuso qualsiasi via di fuga dal campo. Episodi come quelli di Torino purtroppo sono ciclici. Sembrano riti tribali collettivi e mi colpisce l'uso ricorrente del fuoco: come se dai Rom ci si volesse in qualche modo purificare. E il fatto che biechi pregiudizi razziali diventano sentenza come nel caso di Angelica la dice lunga su quanto siano radicati".

Una volta libera Angelica resterà in Italia?

"Dopo il raid di Ponticelli tutti suoi parenti sono fuggiti, lontano dall'Italia. Lei invece vuole rimanerci. La struttura che l'accoglie la sta avviando verso un percorso di inserimento lavorativo ed è contenta della prospettiva di fare la pasticciera. Prima però tornerà a prendersi il suo bambino che le era nato pochi mesi prima dell'arresto e ora è affidato alla nonna in Romania. Sono tre anni che non lo vede."

Luca Romano

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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