“Quaranta penitenziari nuovi, pronti, inaugurati, ma non funzionanti”

Braccialetti elettronici e misure alternative, idee per un carcere possibile

Carcere-PossibileIl neo ministro della Giustizia Paola Severino rilancia come prioritaria l’emergenza carceri: maggiore applicazione delle misure alternative alla detenzione e braccialetto elettronico le misure allo studio. Per l’avvocato Polidoro della onlus Il Carcere possibile “sono impegni importanti, ma la vera riforma sarebbe però abbreviare i processi e depenalizzare”.

“Lo dico contro il mio interesse di avvocato penalista, non è possibile che i giudici monocratici dei tribunali debbano essere sommersi da cause di abusivismo edilizio, mancati pagamenti di ritenute d’acconto o piccoli reati fiscali”, spiega Renato Polidoro, che con l’associazione da lui presieduta, da anni, sviluppa progetti all’interno delle carceri campane. “Sono reati che vanno puniti, ma meglio che se ne occupi la giustizia amministrativa. Con l’opportuna severità ovviamente. Le procure dovrebbero occuparsi di cose più gravi. Si potrebbe così da subito ridurre il numero di detenzioni cautelari che pesano per il 40 percento sul sovraffollamento carcerario”

Cosa pensa del braccialetto elettronico per i domiciliari?

“Sarebbe previsto sulla carta ormai dal 2000, solo che trova rarissime applicazioni. Perché? E’ ritenuto poco affidabile, eppure lo stato versa alla Telecom che li fornisce 11 milioni di euro all’anno. Uno spreco di risorse che abbiamo denunciato alla Corte dei conti. Ora ci chiediamo che vorrà fare il ministro: scoprire finalmente le ragioni della mancata applicazione ? Rinnovare il contratto? Rivolgersi ad altro operatore?

Quindi lo giudica negativamente?

“Assolutamente no. E’ una misura giustissima. Può contribuire in modo importante allo svuotamento delle carceri. Solo in Italia siamo fermi al palo, in tutti i Paesi europei trova larga applicazione. In Inghilterra ad esempio stanno già progettando e sperimentando un sistema di controllo Gps. Una soluzione innovativa che consente un controllo maggiore e più sicuro, con costi minori per le casse pubbliche. Anche i domiciliari infatti impongono dei controlli costosi, che potrebbero essere sostituiti da una semplice centrale operativa”.

Il ministro parla poi di misure alternative alla detenzione?

“E’l’unica vera soluzione. Andrebbe applicata immediatamente. E va convinta l’opinione pubblica dell’opportunità e dei vantaggi per la sicurezza. Chi sconta la pena in carcere torna a delinquere con una percentuale del 70 percento mentre la recidiva è, in caso di misura alternativa, al 20. Le carceri che ci ritroviamo, sovraffollate, dove domina l’irregolarità restano purtroppo delle università del crimine, dove le affiliazioni diventano in molti casi necessarie per sopravvivere”.

Altra proposta annunciata la Carta dei diritti e doveri dei detenuti.

“In Campania abbiamo provveduto a farla noi già lo scorso anno. L’abbiamo distribuita in 10mila copie nelle carceri, tradotta in inglese, francese, arabo, rumeno e albanese. Ci fa piacere che sia promossa a livello nazionale. Si tratta però di una Carta. Se mancano le risorse per garantirli poi quei diritti a che cosa serve? A Poggioreale, ad esempio, carcere che seguiamo da vicino ci sono 2800 detenuti su una capienza prevista di 1300 posti. Lì i detenuti possono uscire dalle celle solo per due ore giorno perché mancano gli agenti di custodia. E in tutta Italia, altro esempio clamoroso, c’è un solo educatore per 900 detenuti”.

L’edilizia carceraria a che punto è? 

“Ci sono in tutto il Paese 40 strutture pronte, inaugurate e non funzionanti. Non sono gli edifici il problema, bensì le risorse. In ogni caso è un falso mito quello dell’edilizia, non risolve il problema. Così come amnistia e indulto. Ora sono necessarie perché la situazione è insostenibile, se non si provvede a una seria riforma però si ritornerebbe al punto di partenza. Lo dimostra il fatto che oggi nelle carceri ci sono più detenuti di quanti ce ne fossero prima dell’indulto del 2006”.

Luca Romano

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