“Io, Marco Cavallo, scambiato per un ciuccio”

Il simbolo della liberazione dai manicomi per la prima volta in città

marco-cavallo-2Decine di ragazzi in motorino ad accompagnarlo con caroselli. In quasi trent’anni che gira l’Italia mai era stato accolto così. Un equivoco, lo avevano preso per un ciuccio, quello che fa da simbolo al Napoli. Ma Marco Cavallo, per la prima volta in città, non è affatto dispiaciuto: “Sempre bello vedere persone festose e sorridenti. Se non portassi allegria semplicemente non esisterei”.

E’così da quando è nato. Tre metri e mezzo di vetroresina. Era il 1973 e per farlo uscire dal manicomio triestino dove era stato concepito dovettero letteralmente abbattere i muri. In testa alla squadra di demolitori Franco Basaglia che, come il Grande Capo di “Qualcuno volò sul nido del cuculo”, si scagliò contro le pareti armato di una panchina. “Una liberazione. Lì si stava stretti e tristi. Quel giorno fu una grande festa, e dopo di allora, cavalcando lungo lo stivale, ne abbiamo fatte tante altre. A Napoli, però, non c’ero mai stato”. Per l’occasione rilascia a Napolicittasociale un’intervista in esclusiva. A far da interprete ai suoi nitriti Roberto Rosca, un operatore triestino, che da vent’anni gli fa da stalliere e lo accompagna nei suoi viaggi.

Cosa ti porta a Napoli?

“Sapevo che degli amici erano un po’depressi. Mi hanno raccontato che sono in difficoltà perché hanno smesso di aiutarli. Così ho detto a Roberto che era l’ora di andarci a mangiare una pizza. A Trieste non è che la fanno tanto buona”.

E tu cosa puoi fare per loro?

“Risolvo problemi. Mi è sufficiente fare una passeggiata. Quando vedi l’accoglienza che mi riservano, con feste, sorrisi, baldoria si capisce immediatamente che se stanno bene le persone a cui tengo di più sono tutti più felici. E se c’è una cosa che non sopporto è la tristezza”. 

Sei molto sicuro di te?

“Amico, tu non mi conosci bene. Quando ho cominciato sì che è stata dura. Tenevano le persone legate nei manicomi e moltissimi che pensavano fosse bene così. Che vuoi che sia per me risolvere i problemi di oggi. Pensa a luglio sono stato a Caserta per aiutare altre persone in difficoltà, mi ha chiamato un ragazzo Peppe Pagano che aiuta dei mattarelli. Non volevano più sostenerlo. Sono andato alla Reggia e ho risolto il problema”.

Guarda che Peppe e i suoi amici non hanno risolto nulla

“Eh no. Mi avevano fatto delle promesse, dei signori in cravatta avevano garantito che se ne sarebbero occupati loro. Roberto, ho sbagliato a credergli? Ok, allora devo tornare a vedere che succede”.

E che ne pensi dei tagli alla spesa sociale?

“Amico ma mi vuoi fare arrabbiare? A Trieste qualche problema ce lo abbiamo. C’è qualche difficoltà nell’organizzazione. Ma ti assicuro che le cose funzionano. Nulla a che vedere con trent’anni fa. Quisquiglie”. 

Sì. ma siamo a Napoli?

“Allora mi vuoi proprio scocciare. Ok Roberto, allora, vediamo di impegnarci di più. Cerchiamo di tornare qua più spesso. In fondo abbiamo tanti amici e la pizza è buona. E la prossima volta vedi di portarmi buone notizie”.

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