Litografi Vesuviani a rischio chiusura

"Si può fare, non deve essere  solo un film” dice la presidente Annunziata D'Aiello

10570423Si definiscono “pazienti psichiatrici gravi” e sono la maggioranza dei lavoratori della cooperativa di tipo B Litografi Vesuviani grazie alla quale hanno riacquistato serenità e sorrisi. Non è il film “Si può fare”, è realtà. Eppure il Comune di San Giorgio a Cremano sta mettendo a rischio chiusura il progetto d'avanguardia. Parla per “chi non ha voce” la presidente, la psicologa e psicoterapeuta, Annunziata D'Aiello.

Come nasce e perché rischia di morire l'esperienza dei Litografi Vesuviani?

Il progetto dei Litografi Vesuviani nasce 15 anni fa grazie ad un bando europeo realizzato in collaborazione con il Comune di San Giorgio a Cremano, che mise a disposizione la sede, e il dipartimento di Salute Mentale dell'ex Asl na5, l'attuale Asl Na 3 Sud. L'obiettivo era formare utenti per realizzare una cooperativa sociale di tipo B e l’abbiamo raggiunto a pieno. Ma oggi le persone rischiano di trovarsi per strada proprio per mano del Comune che inizialmente collaborava con la cooperativa attraverso convenzioni per la stampa di materiale tipo-litografico, che negli anni, con il subentro della nuova giunta non sono state più rinnovate. Ma la cosa più grave è che un anno fa il Comune ha comunicato alla cooperativa di liberare i locali comunali senza inviarla ad altra destinazione e il prossimo 28 febbraio ci sarà lo sfratto esecutivo. Per ciò che guadagniamo non ce la facciamo a sostenere costi di fitto e spese dei dipendenti di tipo B e saremo costretti a chiudere. E' assurdo terminare un'esperienza che ha riabilitato attraverso percorsi psicologici, tirocini, borse lavoro ed inserimenti lavorativi circa 230 persone con disagio psichico grave di cui 130 ora hanno un lavoro fisso o in cooperativa, o nei vari negozi e nelle aziende di grafica del territorio.

Come state agendo?

Ci stiamo recando quasi ogni giorno al Comune. Ci sono stati 3 incontri istituzionali, con l'assessore Luciana Cautela, con il segretario generale Pasquale Incarnato, il vicesindaco Giorgio Zinno e la Asl Na3 rappresentata dal direttore del dipartimento di Salute Mentale, Manlio Grimaldi che ci ha sempre sostenuto entusiasta del progetto di inclusione insieme al direttore generale Salvatore Panaro. Tutte le parti hanno espresso la volontà di trovare una nuova sede di proprietà del Comune, la soluzione migliore sembra essere quella di alcuni locali a Villa Vannucchi. Il sindaco ha scritto il protocollo d'intesa con i Litografi, ma ancora non è stato fatto affidamento. Ciò che ci preoccupa è che il sindaco ha ritirato la delega ad occuparsi di noi affidata a Marino e Zinno e venerdì scorso si è dimesso.  Crediamo che si vogliano solo tenere calmi gli animi in attesa delle elezioni, ma la volontà politica di sostenere i Litografi non c'è perché le persone con disabilità non votano.

Chi sono i Litografi Vesuviani?

C’è la cooperativa che si occupa di stampa su magliette e ogetti oltre che di stampa su carta: nel laboratorio di serigrafia sono impiegate 14 persone con problemi psichiatrici gravi, inoltre chi è stato assunto è diventato tutor di chi viene a seguire i corsi grazie alle borse lavoro. Fondamentale è il progetto di riabilitazione attraverso tirocini lavorativi e percorsi psicologici individualizzati realizzati in collaborazione con la Asl. Tra referenti, responsabili, dipendenti, tirocinanti, tutor, assistenti sociali sono coinvolte circa 50 persone.  L’80% delle persone che lavorano da noi soffrono un disagio psichico che li accompagna fin dall'infanzia o l'adolescenza o che talvolta si presenta in età più adulta e che spesso pregiudica una vita sociale serena. Spesso il loro disagio è invisibile a chi non lo conosce, ma produce in loro una grande sofferenza.

Come è cambiata la loro vita con il lavoro?

Ci sono persone che prima non uscivano di casa, spesso perché le famiglie hanno il pregiudizio di non voler far sapere che il figlio ha un problema o perché essi stessi si sentono inadeguati, e che grazie all'inserimento lavorativo hanno implementato la propria autostima e viste potenziate le proprie risorse: si sentono realizzati e stimati. Noi infatti cerchiamo di formare le persone nel settore per il quale sono più portate così da valorizzarle. Farli ritornare a casa sarebbe una sofferenza incredibile e una sconfitta per tutti.

Qual è il vostro sogno?

In 15 anni abbiamo solo pensato a far stare bene pazienti, è per loro che stiamo facendo questa battaglia, coloro che non sono pazienti, come me, prestano la loro opera gratuitamente, il nostro sogno è che la cooperativa abbia una sede definitiva e sia completamente formata e diretta da pazienti psichiatrici come nel film “Si può fare”.

AdG

© RIPRODUZIONE RISERVATA