Parigi: dalla paura alla normalità del Paris San Gennar

Intervista a Stefano Bory sociologo partenopeo che vive a Parigi

stefano-boryParigi accoglie tantissimi italiani, che qui trovano lavoro e sostegno. All'indomani della strage che ha sconvolto il mondo, vogliamo raccontare la normalità degli italiani nella capitale culturale d'Europa, insieme al sociologo napoletano Stefano Bory.

Vogliamo pensarli così i napoletani a Parigi, riuniti al cafè Bambolina riuniti in nome del "Napoli Club Paris San Gennar" a guardare le partite di calcio. Stefano Bory, docente di Comunicazione e Sociologia dei processi culturali nella facoltà di Sociologia dell'Università Federico II e associato dell'École des hautes études en sciences sociales, vive a Parigi con la sua compagna francese e due bambini. Il suo sguardo sulla città è dunque quello duplice del sociologo e del migrante. Ci racconta una Parigi sconvolta all'indomani della strage commessa dall'Isis, ma anche una città che si rialza sempre, forte dell'integrazione ormai storica tra tante culture e di uno Stato che sostiene la persona senza discriminazioni. Forse è per questo che tantissimi italiani e tanti napoletani che scelgono di stabilirvisi.

Come si vive a Parigi in questi giorni?

L'aria che si respira è paradossale. La cosa principale degli ultimi giorni è stato un enorme silenzio, la città era più vuota del solito, come se ci fosse meno circolazione e si fosse fermato tutto, si notava solo tantissima polizia che girava. La mia sensazione è stata la paura, ero costantemente in ansia che potesse succedere qualcos'altro. Ora si è tornati alla normalità.

La comunità musulmana a Parigi come si è espressa in merito alla strage?

L'imam della moschea di Parigi ha condannato immediatamente ciò che è accaduto e si è schierato in modo chiaro contro gli attentati. La popolazione della comunità mussulmana si è guardata da fare gesti particolari, ma è sconvolta. Mio cognato marocchino, che vive in Francia da 20 anni è profondamente rattristato.

D'altro canto l'accaduto in Italia ha portato all'estremizzazione delle posizioni della Lega e di altri gruppi di destra contro i mussulmani. A Parigi c'è un rischio razzismo?

C'è una tale coabitazione da diverse generazioni che è difficile pensare ad un inasprimento dei rapporti interculturali. Almeno a Parigi. Nelle altre province della Francia dove domina l'elettorato di estrema destra ci potrebbe essere qualche rischio. Nei giorni scorsi ci sono stati due episodi di aggressioni con colpi sparati moschee, ma in altre città della Francia.

Qual' è invece la "normalità" dei migranti italiani a Parigi?

Gli italiani in Francia sono circa 300.000 e tantissimi vivono a Parigi. Ormai ci sono le terze generazioni formate dai nipoti di italiani trasferitisi in Francia dalla metà del '900, la cosa divertente è che i figli di italiani della mia età non parlano italiano poiché le famiglie li hanno cresciuti esclusivamente nel contesto culturale francese. Ma c'è chi, come mio figlio, è bilingue; dipende dall'approccio che si ha con l'emigrazione.

I giovani italiani continuano a scegliere Parigi per emigrare?

A Parigi si avverte la crisi, ma non in modo così drammatico come in Italia e il mercato del lavoro è funzionante. Gli italiani trovano un inserimento professionale variegato, una buona parte sono impiegati nella ristorazione, ma ci sono anche professionisti, chiaramente più si sale di posizione più è complicato trovare un'occupazione all'altezza dei propri studi.

Il welfare francese è sempre molto operativo?

Il welfare funziona a prescindere e senza discriminazioni se hai un lavoro: dal sussidio alla disoccupazione cui si ha diritto con un minimo di 6 mesi di lavoro full time, al sostegno all'affitto c'è una tutela concreta delle persone in difficoltà. Sul piano sanitario, se risiedi in Francia, anche se non lavori, hai accesso alla cassa universale con i servizi sanitari di base, mentre chi versa i contributi ha diritto ad una serie di agevolazioni su tutte le prestazioni sanitarie. Il sistema di reddito minimo di inserimento è stato ristrutturato sulla base del modello anglosassone:  prima era fornito a tutti coloro non avevano un'occupazione, oggi è elargito solo se si dimostra di essere in cerca lavoro. Attraverso l'agenzia del lavoro francese si riesce a trovare un inserimento per posizioni lavorative che necessitano bassi requisiti, meno per ruoli più elevati.

E i napoletani a Parigi?

C'è una grossa comunità variegata ed eterogenea, ma anche unita, tanti sono i trentenni. In generale i partenopei si trovano bene e riescono ad inserirsi facilmente grazie al fatto di essere adattabili e flessibili. Spesso si ritrovano insieme nel nome del calcio: ci sono posti dove si riuniscono anche 40-50 napoletani, ad esempio quelli del gruppo "Napoli Club Paris San Gennar", presente anche su facebook, che si incontrano ogni domenica al caffè italiano Bambolina per vedere insieme le partite.

Alessandra del Giudice

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