Dire, fare, baciare. Verso una nuova educazione sentimentale nelle scuole

angelo-palumboCyberbullismo, baby squillo, suicidi in età precocissima, abuso di sostanze alcoliche e stupefacenti. Lo scenario –drammatico- è quello che interessa molti ragazzi in età scolare, di ogni età ed estrazione sociale, ragazzi verso i quali si rende necessaria, quanto prima, un’educazione al saper essere. Un’ipotesi, quella dell’ampliamento e diversificazione dell’offerta didattica- che sembra prendere gradualmente piede, e che potrebbe essere attiva già da settembre 2015.

Ne parliamo con Angelo Palumbo, insegnante, formatore, presidente dell’associazione Panta Rei, che ha formulato, nell’ambito del programma ‘La Buona Scuola’ la proposta di inserire nei programma scolastici un’ora di educazione psico-affettiva.

Cos’è Panta Rei?

Si tratta di un’associazione che è nata aggregando tutti coloro siano risultati idonei al concorso entro il 2012 per confrontarsi sulle problematiche comuni ma anche formulare assieme proposte, immaginare un futuro migliore –possibile- per la nostra scuola. Siamo in tanti, da tutta Italia, anche se il suo cuore è napoletano.

Da cosa nasce l’idea di formulare la proposta di inserire nel programma scolastico un’ora di educazione psico-affettiva?

L’opportunità ci è stata offerta  dallo stesso governo che ha aperto una campagna di ascolto rivolta a studenti, insegnanti, genitori e amministrativi in modo che dicano la propria su quello che la scuola è o dovrebbe essere. Quanto alla necessità di formulare la proposta, mi sembra –purtroppo- evidente che i nostri ragazzi vadano rieducati all’amore, ai sentimenti, alla sessualità. È necessario che i nostri allievi  imparino a ‘sapere essere’, ovvero esistere, in una società come quella di oggi, risulta per tanti ragazzi un’operazione assai più complessa che imparare a memoria una poesia o risolvere un’equazione matematica. È arrivato il momento di correre ai ripari attraverso un’azione concreta ed incisiva.

Una piccola rivoluzione? 

Qui in Italia certamente. Siamo l’unico paese in Europa, oltre alla Grecia, a non avere un’ora del programma settimanale dedicato all’affettività o all’educazione sessuale. Non possiamo continuare a pensare che mente ed anima viaggino su strade parallele: la scuola ha l’obbligo morale e deontologico di curarsi anche del percorso affettivo dei ragazzi. La richiesta di un’educazione sentimentale è un grido disperato che si propaga attraverso i corridoi delle nostre scuole, teatro di inenarrabili storie di dolore e di violenze, laddove dovrebbero regnare invece la solidarietà, il rispetto dell’altro, lo scambio proficuo di idee e di emozioni.

Cosa prevede esattamente la vostra proposta?

L’idea è quella che gli insegnanti che hanno un monte ore maggiore rispetto agli altri, per intenderci, coloro che coi ragazzi trascorrono molto tempo, avendo l’opportunità di conoscerli bene, si occupino anche della loro educazione sentimentale: attraverso corsi di formazione specifici, improntati sulla psicologia dell'età evolutiva, sulla psico-pedagogia applicata e comprensiva della psicologia affettiva, intese anche e soprattutto come analisi e proposte di sviluppo di relazioni interpersonali basate sulla coscienza del sé, sull'amicalità, sull'affettività e sulla sessualità, gli insegnanti saranno messi in condizione di affrontare l’emergenza in questione anche col supporto di esperti delle università italiane, dei policlinici, delle facoltà di psicologia e dei consultori familiari. La nostra proposta prevede inoltre che un’équipe di psicologi sia predisposta in ogni scuola per sostenere anche gli alunni che versano in situazione di disagio, spesso all’insaputa dei genitori.

A cosa mira l’educazione sentimentale? 

A definire un alfabeto comune improntato sull’affettività, atto a sanare la dicotomia devastante che in questi anni ha divaricato l’anima dal corpo, l’essere rispetto all’apparire, scindendoli in categorie nettamente separate che non riescono più a comunicare tra loro, e a scrivere un codice affettivo per relazionarsi con l’altro attraverso il sè, quell’io più profondo che afferisce alla sfera emozionale.

Quale il metodo che proponete per la formazione degli insegnanti? 

Si parte da un metodo osservativo che prevede di esaminare i comportamenti e le interazioni tra alunno e docente, l’impatto emotivo che questi hanno avuto, e, come fase finale, prevede la discussione delle annotazioni in gruppo. Il percorso con i docenti si realizza secondo la modalità di lavoro propria del noto gruppo Balint che consiste nella discussione, all’interno di un gruppo, di casi nei quali lo stesso operatore (l’insegnante) si è trovato in difficoltà in particolare al fine di favorire la comprensione ed il riconoscimento delle risposte emotive.

SHG

Per avere maggiori informazioni e sostenere la proposta dell’associazione:

https://labuonascuola.gov.it/area/m/8061/

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